prima scala 2025

SCALA MINORE! MATTIOLI SULLA PRIMA DELLA SCALA CON LA LADY MACBETH DI SHOSTAKOVICH: "E’ STATA UN PO’ DIMESSA. NIENTE MATTARELLA NÉ MELONI, MA ALL'ULTIMO È SPARITO PURE IGNAZIO LA RUSSA. COSÌ A RAPPRESENTARE LA POLITICA È RIMASTO SOLO IL MINISTRO GIULI IN GIULIVO SMOKING, MENTRE L'APPLAUSO DELLA PLATEA SE L'È PRESO LA SENATRICE LILIANA SEGRE. FINITI ANCHE I TEMPI DEI PREMI NOBEL E DELLE STAR DI HOLLYWOOD: SI RIPIEGA SUI CANTANTI, EX RIBELLI TIPO MAHMOOD O ACHILLE LAURO. NELLA TONNARA DEL FOYER C'ERA A PORTATA DI FLASH AL MASSIMO ENZO MICCIO - UNDICI MINUTI DI OVAZIONI, RECORD DELL'APPLAUSOMETRO PER RICCARDO CHAILLY E L'ORCHESTRA. DAL PUNTO DI VISTA ARTISTICO, SCALA PROMOSSA: LO STUPRO DELLA SERVA CON UN MATTARELLO È RISOLTO CON UN VEDO NON VEDO, ANZI PIÙ NON VEDO CHE VEDO. ALMENO È SPARITO IL RIDICOLO AVVERTIMENTO APPARSO SUI LEDWALL ALLA PRIMINA" - VIDEO

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Alberto Mattioli per “La Stampa” - Estratti

 

liliana segre

Undici minuti di ovazioni, molte in generale e moltissime per uno Sostakovic non esattamente popolare, record dell'applausometro per Riccardo Chailly e l'Orchestra.

 

Dal punto di vista artistico, Scala promossa. Quanto a Milano, se la Prima è il certificato medico dello stato di salute della città, non c'è da stare troppo allegri: un Sant'Ambroeus un po' mesto.

 

Certo, quest'anno si iniziava con Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk, classicone nel resto del mondo civilizzato ma, per le sciure milanesi, oggetto misterioso. Segnalo la coppia seduta a babordo del soprascritto che dopo la prima battuta dell'opera si è guardata fra l'allarmato e lo sconsolato. Poi lei, come al solito più sveglia di lui, ha constatato: «Ma è in russo!». Eh, già. E anche «moderna» perché, altra scoperta sconvolgente, pensa, l'opera lirica non è finita con Puccini.

 

alessandro giuli

(...) Però è stata una Prima un po' dimessa anche come presenze istituzionali: niente Mattarella né Meloni, e lo si sapeva, ma all'ultimo è sparito pure Ignazio La Russa. Così a rappresentare la politica è rimasto solo il ministro Giuli in giulivo smoking, mentre l'applauso della platea se l'è preso la senatrice Liliana Segre, che peraltro alla Scala va sempre e non solo alle prime di parata. Finiti anche i tempi dei premi Nobel e delle star di Hollywood: si ripiega sui cantanti, però autoctoni ed ex ribelli tipo Mahmood o Achille Lauro.

 

Sta di fatto che nella tonnara del foyer, perfino meno soffocante del solito, a mezz'ora dall'inizio c'era a portata di flash al massimo Enzo Miccio, figuriamoci. Ma dentro la circonvalla è stato un anno un po' così, fra maxi inchieste poi sgonfiatesi peggio di un soufflé tenuto troppo nel forno, politica in crisi, lutti a ripetizione di milanesi illustri e illustrissimi. Non c'è granché da festeggiare, a parte l'incasso della serata: 2 milioni, 679 mila e rotti euro, nuovo record per un 7 Dicembre.

 

alessandro giuli, giovanni amoroso, gian marco centinaio, liliana segre, beppe sala foto lapresse

Anche la Scala è in una fase di transizione. Questo Sostakovic è l'ultimo titolo di Riccardo Chailly come direttore musicale e il primo di Fortunato Ortombina come sovrintendente, ma in effetti è stato programmato dal suo predecessore, Dominque Meyer. La prima Prima di Lucky sarà la prossima, tradizionalmente verdiana: Otello (a seguire, nel '27, un altro sempreVerdi: Un ballo in maschera).

 

Intanto ci sarebbe, appunto, anche l'opera, capolavorissimo ampiamente riconosciuto, il che rende anche un po' curiosi i titoli della vigilia sulla scelta della versione «originale», prima delle censure staliniane e autocensure dell'autore, che peraltro alla Scala batteva già due (1992 e 2007) a uno (nel remoto '64) quella revisionata, e che in effetti si ascolta ovunque.

 

barbara berlusconi foto lapresse

E qui, davvero, prestazioni «da Scala» di Chailly e della sua magnifica Orchestra (la magnificenza del Coro la diamo per scontata), tanto che verrebbe voglia di dire: e fatela, ‘sta nota brutta. Anche lo spettacolo di Vasily Barkhatov è bellissimo e un po' piacione. E finisce per anestetizzare la bellezza grottesca e sconvolgente di un'opera che ti «cattura» come poche. Per dire: la celebre notte d'amore, il sesso forse più clamoroso dell'intero teatro d'opera, quella con i glissando orgasmici dei tromboni che tanto scandalizzarono quell'ex seminarista di Stalin, si risolve in un casto abbracciamento fra soprano e tenore, per di più abbastanza vestiti.

 

E la memoria corre a un remoto spettacolo di Lev Dodin al Maggio fiorentino dove comparivano su un maxischermo dei filmati di propaganda bolscevichi, tutto un su e giù di presse e pistoni stakanovisti, e locomotive in marcia verso il sol dell'avvenire: di certo più ficcante (e, appunto, grottesco). Oppure, quando l'orrido suocero bavoso di lei ricorda le imprese erotiche di gioventù, lo fa impugnando un bastone da hockey, vabbé la metafora sportiva, ma così la scena diventa un po' come tutto lo spettacolo: se non prude, prudente.

 

enzo miccio

Anche lo stupro della serva Aksin'ja con un mattarello è risolto con un vedo non vedo, anzi più non vedo che vedo, anche se la tecnica di Barkhatov, dopo la Norma di Vienna, si conferma eccellente. Almeno è sparito il ridicolo avvertimento apparso sui ledwall alla primina: «Lo spettacolo include scene che potrebbero turbare la sensibilità degli spettatori», figuriamoci se gli under 30 di oggi si turbano per così poco. Resta il desiderio di qualcosa di più forte, o almeno di più esplicito.

 

Come se alla messa cantata di Sant'Ambroeus non si potesse rischiare, men che meno esagerare. In un'opera che è così geniale anche perché esagerata, eccessiva, clamorosa fino al grottesco. «Una tragedia ironica», secondo Dimitri Dmitrievic. La tragedia l'abbiamo avuta; l'ironia, un po' meno

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