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«Nessuno sapeva che mi dopavo. Ho preso questa decisione da solo ed io ho deciso di non dirlo a nessuno, nemmeno alla mia fidanzata, semplicemente perche' non volevo mettere nei guai nessuno». Alex Schwazer scuote la testa e scoppia in lacrime, a tratti singhiozzando, di fronte alla platea di giornalisti giunti a Bolzano per assistere alla prima conferenza stampa dell'ormai ex marciatore azzurro dopo l'esclusione dai Giochi olimpici di Londra.
«Ho fatto un grande errore - dice l'atleta -. E l'ho fatto tutto da solo: sono andato in Turchia, ad Anatolia, dove con 1.500 euro in farmacia si può comprare l'Epo senza troppi problemi. Non chiedo riduzioni di pena, il doping per me merita la squalifica a vita».
«Quest'anno io volevo a tutti i costi vincere a tutte e due le distanze. Sulla 50 km - prosegue - sono convinto che avrei vinto anche senza doping, ma volevo conquistare anche la 20 km, dove però nel finale sono necessarie caretteristiche fisiche, come la velocita', che a me mancano. Per questo mi sono dopato».
Le parole più sentite sono rivolte alla fidanzata Carolina Kostner: «La cosa più difficile è stato mentirle. Lei non sapeva niente. Aspettavo che andasse all'allenamento per chiudermi in bagno e farmi l'iniezione. E' stato terribile. Io le avevo detto che le medicine nel frigo erano vitamina B12. Aspettavo che Carolina andasse all'allenamento per farmi l'iniezione in vena. E vi assicuro che non ce la facevo più». «Devo dire che queste tre settimane sono state quelle più difficili della mia vita, perché si dice sempre che con il doping si va più forte, ma per me è stata una mazzata, perché ho dovuto dire bugie. Alzandomi alle 2, alle 3, perché sapevo che dalle 6 in poi sarebbe potuto arrivare un controllo antidoping».
Il marciatore ha raccontato di aver «iniziato con l'Epo subito dopo il controllo doping del 13 di luglio. Il 29 luglio ho fatto l'ultima iniezione lo ricordo anche perché era il compleanno di mia madre. Sono tornato a casa per prendere un documento necessario per le Olimpiadi». Ma poi, a sorpresa, è arrivato il controllo: «Il 30 hanno suonato alla porta e io ero certo che fosse il controllo antidoping. Potevo dire a mia madre di non rispondere o di dire che io non ero in casa. Sarebbe stato un controllo mancato e non sarebbe successo niente visto che se ne possono saltare due all'anno - ha spiegato -. Ma non avevo più la forza di mentire. E volevo solo che tutto questo finisse».
Riguardo al dottor Michele Ferrari, Alex ha inoltre precisato di averlo «contatto nel 2009 per avere da lui consigli tecnici, nient'altro. L'ho incontrato in tutta la mia vita 5 o 6 volte. Mi ha dato dei consigli e mi ha fatto delle tabelle di allenamento. Non ho mai preso niente da Ferrari. Io ero pulito e le medaglie sono tutte pulite. I test lo dimostrano perché i valori non mentono: quando ho vinto l'oro avevo valori ematici di un anemico. Ferrari non l'ho sentito più dal 2011 da quando ho scoperto il casino con i ciclisti», ha chiarito infine l'atleta.
Che ha anche ammesso senza indugi di non amare il proprio sport: «Non mi è mai piaciuto essere osannato per una singola prestazione. Io ho parlato molte volte con Carolina (Kostner, ndr) e lei ama il suo sport, lei pattina perché le piace. Io invece marcio perché sono bravo ma non ho piacere ad allenarmi 35 ore a settimana. Quando pensavo che dovevo solo faticare per ore mi veniva la nausea». «Domani - ha poi concluso Schwazer - vado a Bologna a ridare la pistola e il tesserino. La mia carriera é stata questa anche grazie ai gruppi sportivi. Io mi allenavo tranquillamente. Facevo il mio lavoro. Ma lo stress é stato troppo. Quello che posso dire ai giovani: non vi dopate. Non ha alcun senso, la vita é tutt'altro».
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