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Elisabetta Ambrosi per il "Fatto quotidiano"
Altro che copertine e royalties. La vita dello scrittore che decide di autopubblicarsi è un vero tour de force. Basta dare un'occhiata ai consigli dei nuovi guru, spesso autori di successo, su come diventare «e-book super-star» (tema che è già diventato un genere a sé) per capire l'amara verità : «Un "selfpublisher"è in realtà un "online-marketer», ricorda lo scrittore Steven Lewis.
Oltre a crearsi una piattaforma di acquirenti attraverso i social media - Facebook, Twitter più un blog e un sito - bisogna spendere un'enorme quantità di tempo online. «A dialogare sul serio, niente spam», tuona Kerry Wilkinson, l'autore di ebook più venduti nel Regno Unito. Ci mette il carico da novanta lo scrittore Ben Arogundade, che ricorda sull'Huffington: «Per partire un libro non basta, ne servono molti e bisogna continuare a scrivere almeno quattro libri all'anno, preparandosi di conseguenza a non avere più alcuna vita sociale».
A farne le spese, per la verità , sono anche parenti e amici dello zelante cyber-scrittore. «Uno su cinque dei tweet che ricevo è di autori indipendenti che mi chiedono di ritwittarli», ha dichiarato lo scrittore inglese Ewan Morrison, che da tempo polemizza con il fenomeno: «Se calcoliamo che il guadagno annuo medio è di 500 dollari, è più facile guadagnare scendendo in strada a vendere il libro. E poi se l'ottanta per cento del tempo è dedicato alla promozione, quanto resta per scrivere?».
Eppure il fascino dell'ebook è in crescita. Non solo evita il fastidioso inconveniente di lasciare il 90% dei ricavi nelle tasche degli editori, ma basta tradurlo in inglese per venderlo in tutto il mondo, per di più senza ansie fiscali visto che, come rivela uno dei pionieri italiani a pubblicare in inglese su Smashword, Guido Mattioni, «è direttamente Mr. Smashwords, premuroso, a pagare per me le tasse allo zio Sam». Soprattutto, sa di libertà e indipendenza.
«L'e-book è mio e lo gestisco io!», ricorda una provocazione della comunità di autori del sito SelfPublishing, uno dei quali, Sergio Covelli, si è immortalato sul sito nudo, anzi coperto solo da un ebook: «My ebook is my own business». Attraverso l'operazione di "guerrilla marketing" "Top of the Tops", proprio Covelli ha mostrato come arrivare in Italia in cima alle classifiche con un libro autopubblicato sia relativamente facile: ha messo in vendita un suo libro al prezzo minimo di 0,99, ne ha acquistate cento copie, facendolo salire in classifica, ha poi rialzato il prezzo, mentre comunicava ai suoi contatti di essere in testa alla classifica. Può funzionare o no, ma certo una sua ebbrezza la dà .
Da noi i numeri sono ancora bassi (circa 6500 ebook autopubblicati), ma crescono di giorno in giorno grazie alle tante piattaforme a disposizione (Narcissisus, Kindle Direct Publishing, Lulu, Youcanprint, Ilmiolibro.it , Mnamon, Compraebook, EEE book, Photocity), collegate a decine di store online, anche internazionali (Narcissus ha di recente integrato Kobo e Nook, la risposta di Barnes&Noble al Kindle di Amazon).
Negli Stati Uniti, invece, i titoli auto-pubblicati sono circa 212.000 (41% digitale). Le piattaforme più utilizzate? Kindle Direct Publishing e CreateSpace (Amazon), Authorsolutions' (comprata da Penguin per 116 milioni di dollari), Lulu, la recente Smashword, che comincia a portare i suoi autori nella classifica e-book del New York Times.
Sono soprattutto le storie di successo milionarie, ancora tutte oltreoceano, ad animare gli sforzi dei "self-published". In un'inchiesta dedicata al fenomeno, l'Associazione Italiana Editori ha stilato un elenco degli autori che hanno superato i 500.000 di download (copie vendute). Dopo la James - dieci milioni di copie vendute - c'è la scrittrice rosa Barbara Freethy (due milioni), Hamanda Hocking (genere: paranormale, un milione e mezzo di copie), poi lo scrittore di thriller John Locke, Gemma Halliday e Michael Prescott. Quanto ai generi: impazza il thriller (44,7) seguito dalla romantic fiction (23,8), paranormale (16,2) e fantasy (9,5).
Sui loro siti/blog questi autori (molti dei quali ormai membri del Kindle Million Sales Club) annunciano cinguettando i nuovi libri in arrivo (in genere due o tre almeno), discutono dei problemi del self-publishing, come le false recensioni scritte sotto pseudonimo (è il caso dello scrittore colto in flagrante RJ Ellory)
Oppure confidano i loro incubi, come quello di essere clonati (è successo a Michale Prescott, quando un Michael J. Prescott ha venduto libri a suo nome), soprattutto si autopromuovono senza ritegno. Maestro assoluto in questo senso è John Locke, che nella sua bio «ricorda di aver scritto e pubblicato sei besteller-in tre generi diversi-in sei mesi-part-time». C'è persino chi, come la scrittrice Barbara Freethy, consiglia ai self-autori di rivolgersi all'agenzia messa in piedi dalla figlia.
Il fenomeno del self-publishing sta infatti creando tutto un suo indotto esterno alle case editrici. Ã quello dei nuovi editori in rete, che traducono a prezzi stracciati i libri di scrittori liberi che poi li possono vendere ovunque. Ma soprattutto, delle compagnie di marketing on line, che ti insegnano come twittare da cinque account diversi, come innescare gli algoritmi di Amazon per avere recensioni a tutto spiano.
Forse il riscatto degli editori, che ancora non si sono ripresi dalla batosta ebook e ora affrontano quella del self-publishing, magari venduti direttamente dal sito degli autori (è il caso della saga Harry Potter in ebook, acquistabile solo sul sito), potrebbe partire da qui: in fondo se per pubblicare e promuoversi bisogna pagare degli esperti, tanto vale tornare nel recinto degli editori, magari attraverso una delle piattaforme di pubblicazione messe a disposizione dai più furbi (come Mondadori), o attraverso i nuovi concorsi letterari (come IoScrittore di Gems o IlgiovaneHolden). Ma è soprattutto sulla stanchezza dei cyber scrittori che gli editori possono giocare. Come dice il proverbio cinese: «Siediti sulla sponda del fiume, e prima o poi vedrai passare il cadavere del tuo nemico».
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