SE ATENE PIANGE, MYKONOS SE LA SPASSA (AS USUAL) TRA SESSO E DROGA - VIAGGIO NELL’ISOLA CHE NON CONOSCE CRISI: LA CHIAVE SONO I CONTANTI - GLI ESERCENTI: “I TEDESCHI CHE ROMPONO LE PALLE CON IL RIGORE, POI VENGONO QUI E GODONO DELLA NOSTRA LIBERTÀ”

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Alessandro Ferrucci per il “Fatto Quotidiano”

 

 

Il nome Benny Benassi non vi dice nulla? E neanche Paul Van Dick, Nicky Romero o Marco Carola? Male, malissimo. Nella bolgia di Mykonos, sono più importanti e conosciuti di Tsipras, Varoufakis, Renzi e Lagarde messi insieme; sono dei totem del suono, dei profeti dello sballo, degli ammaliatori di giovani, non più giovani o giovanissimi. Sono dei deejay internazionali e in questo “atollo” greco del Mediterraneo dettano il ritmo di libertà e piacere, sesso e alcol, alla faccia della crisi, del rimpasto di governo, del rischio Grexit, delle passate lacrime davanti ai bancomat di Atene o delle file fuori le farmacie.

 

No, quelle cartoline dall’inferno non sono in vendita a Mykonos, tutto quello non esiste, “perché qui l’economia gira in altro modo”, racconta Milena, albergatrice, cinque lingue nel proprio bagaglio culturale, e la certezza di una stagione sold out.

 

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“Qui l’economia è turismo, è basata sui contanti, ed è sempre stato così, oggi ancora di più, per fortuna”. Traduzione: con la scusa della crisi, gli esercenti locali sono giustificati nel chiedere, o pretendere, il cash, “altrimenti non possiamo pagare i fornitori”; “mi dispiace ma le banche sono bloccate”; “purtroppo il sistema informatico non garantisce”, frasi e scuse di chi offre servizi.

 

Così ottenere una ricevuta non è impossibile, ma neanche scontato, il nero domina, in un luogo dove già l’iva è iper agevolata rispetto al continente: dal 5 al 16 per cento a seconda dei casi, meglio del 23 di Atene.

 

“Ma ora pareggeranno, sicuro toglieranno questo privilegio... (attimo di silenzio) Che poi non è un privilegio, far arrivare sull’isola i prodotti ha un aggravio maggiore, e poi noi smuoviamo l’economia, noi aiutiamo anche molti amici”, spiega Costantino, ristoratore greco specializzato in pizza napoletana. E come li aiutate? “O mandiamo dei soldi a chi ne ha bisogno, o diamo lavoro. Ma lo sa che quest’anno c’è una sorta di immigrazione interna? Dalla terraferma a noi... Ah, ci vediamo dopo, dei clienti mi chiedono il conto ”.

 

 

Costantino si gira e scrive su un foglietto di carta qualche cifra in fila, poi la somma, in mano solo contante, ci mancherebbe. Mykonos vista da fuori è un gioiello bianco, con le sue casette basse, le vie strette, le pietre a terra, una perfetta sintesi per ogni immaginario collettivo e cinematografico; vista da dentro, lo stesso gioiello, esce dalla metafora e si concretizza, si materializza con vetrine e vetrine di Rolex, Philippe Patek o Vacheron Constantin, orologi da decine di migliaia di euro; anelli con diamanti grossi come olive, colliers, braccialetti e orecchini talmente costosi da non volerne esibire il prezzo. Non basta.

 

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Nel centro del paesino c’è un numero così alto di gallerie d’arte da ridicolizzare la fu via Margutta a Roma, mentre i negozi di vestiti sfoderano tutti i marchi da pagine patinate, una camicia in saldo di Kiton a 660 euro, il costume a 240. “Il nostro è un turismo di qualità”, spiega Alexandros, titolare del negozio.

 

Tra luglio e agosto l’isola registra 600 mila presenze, mentre sono oltre il milione in tutto il periodo (maggio-settembre) “e tra questi ci sono molti ragazzi e ragazzini, ma soprattutto un livello medio-alto che può permettersi certe cifre – continua – Se vuole le posso tracciare gli spostamenti della ricchezza mondiale, se vuole le posso indicare come va l’economia a seconda dei miei clienti”. E ne è in grado.

 

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Lui, come tutti coloro che puntano sul turismo, hanno la realizzazione pratica delle teorie di Borsa: “La flessione di presenze è stata minima, e più legata all’assenza di russi per la crisi del rublo – spiega Giorgio, italiano, responsabile di un rent di macchine e motorini – mentre sono esplosi gli arrivi di australiani e sudamericani, sono loro i nuovi colonizzatori. Gli italiani? Costanti, qualcuno manda e-mail per capire se ci sono conseguenze rispetto a quanto avviene ad Atene, ma niente più.

 

Comunque qui si viene per lo sballo, e chi è presente se ne fotte di tutto il resto. Vada allo zoo del Tropicana per capire...”. Ore 16.30, lo “zoo” apre in una delle più famose spiagge dell’isola, quella del Paradise. Qui, ogni santo giorno estivo, e da anni, il Re incontrastato di musica, alcol e sesso è tal Sasa, ex poliziotto nostrano, buttato fuori dall’arma, protagonista di un servizio delle Iene con Enrico Lucci, vestito solo di un filo interdentale tra le natiche e un copri-pene a forma di proboscite.

 

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Urla, incita, provoca, con le mani unite mima il triangolo femminile, i ragazzi lo adorano, le ragazze ridono a ogni provocazione, l’unica religione professata, l’unico interesse manifestato è quello di rimorchiare e “scopare ” entro mezz’ora dall’arrivo. La politica? La crisi? Grexit? Le risposte sembrano concordate, su venti fermati non c’è uno che conosca l’argomento, la risata in faccia a mo’ di sberleffo è una certezza, fino a quando uno dei proprietari del locale, nome e cognome incomprensibili, ci ferma e ci offre la sua chiave di lettura, e con tono di rivincita.

 

“Lavoriamo molto con gli italiani, ma anche con i tedeschi, gli stessi che rompono le palle con le regole, l’austerità, il rigore, poi vengono qui e godono della nostra libertà. Bevono, si ubriacano, si ubriacano così tanto da non riuscire neanche ad andare con una donna. A un certo punto li vedi buttati ovunque e vomitano. Girano senza casco, tanto qui la polizia non ferma nessuno. Fumano erba. Si drogano. Godono. E poi tornano a casa. Sa cosa le dico? Li detesto, li strozzerei, così come la Merkel fa con noi. Ma sono e restano dei clienti”.

 

 

Clienti con rotoli di contante. Ore 22 e passa, la festa del pomeriggio è verso la fine. Si ricomincia dalle 24, fino a orari improbabili, albeggiare fa parte del rito. La televisione greca trasmette in diretta il dibattito in Parlamento, dagli scranni visi distrutti, camicie senza più la cravatta, qualche applauso dai colleghi, i soldi del Fondo forse arrivano, forse non bastano.

 

Ma a Mykonos anche questo non conta. Tra le vie si ascolta e si vive il vento, il Meltemi, onnipresente, è lui ad accompagnare il vociare dei ragazzi, a disperdere la musica da discoteca in sottofondo; solo un negoziante di chincaglieria ha il televisore acceso, anche se non si definisce preoccupato “seguo solo per coscienza politica, ma tanto da questo buco raccimolo i soldi che mi servono. Quanto? Circa 40mila a stagione. Qui campiamo tutti, e siamo pochi, circa novemila indigeni bravi a dividerci i soldi degli stranieri”. Così bravi da riuscire a sorridere, festeggiare e far ballare anche quando Atene è in fiamme. Atene è lontana.

 

 

 

 

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