DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Valerio Cappelli per il Corriere della Sera
«È meraviglioso, è stata una battaglia, negli ultimi giorni non ci credevo più. Ho portato Lampedusa a Hollywood». Gianfranco Rosi è felice come un bambino che gioca sulla sabbia, e nell' incontro via skype da Tokyo, dove Fuocoammare sta uscendo, chiede ai media: «Mi volete bene?». E poi: «Ho promesso alla distributrice giapponese che se fossi entrato nella cinquina degli Oscar avrei fatto l' uomo sandwich davanti al cinema per portare il pubblico in sala».
Gli sbarchi dei migranti tra le star del cinema. Fuocoammare entra fra i migliori documentari. Ha sentito Meryl Streep, la sua prima sponsor che, come presidente della giuria, le consegnò l' Orso d' oro alla Berlinale? «Non ancora. La vedrò alla cerimonia, è candidata anche lei. Ci ha sostenuto molto, ci ha creduto, si è esposta. È stata fondamentale».
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Pietro Bartolo, il medico di Lampedusa dal cuore grande che è il simbolo del suo film, volerà con lui a Los Angeles: «È un' opportunità ancora più grande per far conoscere a tutto il mondo l' arte di Rosi e la difficile situazione del Mediterraneo». Il regista dedica la nomination a Lampedusa.
Inizialmente era stato candidato dall' Italia come miglior film straniero. E sparigliando le carte dice che «sarebbe stato più facile entrare nella short list di quella categoria. Qui invece a votare sono molti documentaristi americani, ed entrano solo le prime scelte.
Vuol dire che hanno creduto subito nella nostra storia».
Rosi era il «marziano, l' outsider. La considera una rivincita? «Non lo so. Ma so che ero sconosciuto in America, e il mio film altrettanto. La doppia candidatura ci ha aiutato. L' importante era che si facesse una breccia». Ha visto gli altri documentari: «Tre sono sui problemi degli afro-americani. Beh, c' è tanta Africa anche nel mio film».
Quando cominciò a girarlo, «non mi ero reso conto della sua natura politica. Negli Stati Uniti è diventato un film politico sull' immigrazione. Non era la mia intenzione iniziale.
Ho sperato che il grido d' aiuto potesse essere colto e capito. Non è solo Lampedusa. È una metafora che si allarga, diventa spazio mentale. È venuta fuori la trasversalità, perché l' immigrazione è trasversale. I deserti californiani sono come il Mediterraneo: cimiteri».
Ma che significato ha, Fuocoammare , nell' America di Trump?
«E' un segnale forte che i membri dell' Academy hanno lanciato, è la risposta ai muri e alle paure che sta mettendo Trump».
Hollywood sarà il suo Giorno della memoria. Arrivano le congratulazioni del ministro Franceschini, dei vertici Rai, di Rutelli neopresidente dell' Anica. La produttrice Donatella Palermo: «È stato un piccolo miracolo avvicinare chi non sentiva e non voleva sapere a quelli che lottano per vivere». Il viaggio di Fuocoammare cominciò quasi un anno fa a Berlino, con l' Orso d' oro. Poi l' Oscar europeo. Ha collezionato nove premi.
È uscito in 64 paesi. «In Giappone c' è un' attenzione enorme. Ma è demoralizzante pensare che lì hanno avuto 5.000 richieste da parte di rifugiati politici e ne hanno accolte cinque. Sono rigidissimi, la rimandano indietro la gente che arriva per mare». La cosa più bella, del suo anno straordinario, è quando uno spettatore, ignaro di chi scappa dalla guerra e dalla fame, dopo aver visto quelle immagini gli chiede: «Cosa posso fare?».
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