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IL CINEMA DEI GIUSTI – SE IN QUESTO “THE HOUSE OF DYNAMITE”, COSTRUITO ATTORNO ALLA AHIMÉ NON COSÌ REMOTA POSSIBILITÀ DI UNA GUERRA NUCLEARE, METTESSIMO DONALD TRUMP AL POSTO DEL PRESIDENTE NERO DI IDRIS ELBA, IL FILM SAREBBE DIVENTATO UNA SORTA DI DARK COMEDY TRA “DOTTOR STRANAMORE” E “MARS ATTACK” - È UN FILM DI PURA AZIONE CHE CI MOSTRA CHE LA GUERRA FREDDA È FINITA DA TEMPO E PER QUESTO NON CI SONO PIÙ OSTACOLI A UN POSSIBILE SCAMBIO DI BOMBE TRA SUPERPOTENZE… - VIDEO
idris elba a house of dynamite
Marco Giusti per Dagospia
Boom! Certo, se nel bel film Netflix “A House of Dynamite” di Kathryn Bigelow, in questi giorni in sala in gran segreto e dal 24 ottobre in streaming, costruito attorno alla ahimé non così remota possibilità di una guerra nucleare, mettessimo al posto del presidente nero di Idris Elba un po’ simil-OBama, il vero presidente americano attuale, Donald Trump, quello che voleva il Nobel per la pace, da prezioso thriller sulla paura della fine del mondo alla “Fail Safe” di Sidney Lumet, il film sarebbe diventato una sorta di dark comedy tra lo “Stranamore” di Stanley Kubrick e “Mars Attack” di Tim Burton.
Dark humour, è vero, ma mai così dark come quella che ci trasmettono il vero presidente in carica e i suoi segretari. Scritto da Noah Oppenheim (“Jackie”), e non dal suo fedelissimo sceneggiatore Mark Boal (“The Hurt Locker”, “Zero Dark Thirty”), diretto con una complessità tecnica e creativa incredibile da Kathryn Bigelow, che ancora ricordiamo come la prima regista donna che ha vinto l’Oscar, “A House of Dynamite”, pur osteggiato dai puristi del cinema anti-Netflix che hanno dominato la Mostra del Cinema di Venezia, ci racconta i 19 minuti esatti che intercorrono da quando un missile atomico partito chissà da dove, Nord Corea sembrerebbe, sta per far saltare in aria una città come Chicago e la risposta del Presidente americano alla guerra atomica.
Pallottola contro pallottola. Guerra contro guerra. Come nella Battaglia di Gettysburg, che costò 50 mila morti in tre giorni, che vediamo citata nel film. Solo che qui parliamo di 10 milioni di morti possibili nella sola Chicago. La città dove Trump ha deciso di inviare i federali anti-antifa. Nel film, ideato durante la presidenza Biden, seguiamo i 19 minuti di tensione raccontati da tre diversi punti di vista, che seguono tre diverse stanze della intelligenza tattica, militare e politica americana.
Le battute che sentiamo nel primo racconto, il più teso, le ritroviamo negli altri due, in un complesso gioco di incastri di ruoli e di decisioni di militari di diverso livello. Quello di una storia raccontata da tanti punti di vista che ce la fanno rileggere svelando ogni volta aspetti inediti è una tecnica narrativa adesso molto sfruttata, soprattutto dalle serie (“Il mostro” di Sollima).
Ma qui non si tratta di allungare il brodo, ma di arrivare alla verità di quel gesto finale. La Bigelow ha attori magistrali in ognuno dei tre racconti, Rebecca Ferguson che riuscirà a chiamare il marito chiedendogli di scappare col figlioletto di tre anni il più lontano possibile da tutti i centri urbani, Jared Harris che non potrà che salutare la figlia a Chicago temendo il peggio, Idris Elba, che è appunto il presidente e dovrà dare l’ordine, o non darlo, di una contro-offensiva militare atomica.
Teso, spettacolare, è un film di pura azione che ci mostra che la Guerra Fredda è finita da tempo, lo abbiamo capito proprio in questi primi mesi di presidenza Trump, e per questo non ci sono più ostacoli a un possibile scambio di bombe tra superpotenze. “Io faccio il mio mestiere”, dice freddamente un bombardiere. L’umanità dei personaggi sta nelle pieghe delle loro battute, negli sguardi.
C’è un grande cast, Tracy Letts, Jason Clarke, Greta Lee, oltre agli attori citati prima, una grande messa in scena. Per nulla rassicurante, “A House of Dynamite” è un film che soffre un po’ (purtroppo…) del marchio Netflix, che potrebbe farcelo confondere, nel magazzino degli action cialtroni americani, con film di scarso valore. Non lo è.
E anche se perde un po’ di tensione nella terza parte, quando cioè abbiamo capito il gioco e pensiamo a un finale possibile, è comunque una grande prova di regia da parte di Kathryn Bigelow che ci lascia sempre a occhi aperti. In sala.
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