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Francesco Borgonovo per ''La Verità''
Ieri, su Twitter, Laura Boldrini era un fiume in piena.
Facile capire il perché: oggi si celebra la «Giornata internazionale per l' eliminazione della violenza contro le donne», una di quelle ricorrenze in cui il presidente della Camera può offrire il meglio di sé. Sono occasioni straordinarie, infatti, per spargere retorica in abbondanza e per proferire banalità inutili (e pure un po' dannose). Ecco un distillato del pensiero boldriniano delle ultime ore: «La violenza contro le donne è un problema degli uomini».
Beh, può darsi che sia vero. E può essere vero pure ciò che ha dichiarato il presidente del Senato, Pietro Grasso, secondo cui «la violenza contro le donne è un problema culturale». Un problema degli uomini e un problema culturale, dunque. A quanto pare, però, ci sono uomini e culture che non vanno mai chiamati in causa.
LA VIGNETTA DI CHARLIE HEBDO SU TARIQ RAMADAN
Ultimamente, ogni attrice, modella o soubrette che dichiari di aver subito molestie (vere o presunte) ottiene paginate sui giornali e interviste televisive, corredate da fiumi di sdegno per l' orrendo comportamento dei maschi violenti. Risulta curioso, dunque, che ottenga così poca visibilità la vicenda di Henda Ayari.
Questa donna, quarantenne, è stata la prima, lo scorso ottobre, a denunciare Tariq Ramadan - cioè il pensatore islamico più celebre e celebrato del globo - e ne sta pagando le conseguenze.
Docente a Oxford, consulente di Tony Blair, autore di libri tradotti ovunque, editorialista del quotidiano progressista The Guardian, Ramadan è una star, anche se ha scritto simpatici pamphlet in cui difende i terroristi e incita alla guerra santa. Nelle ultime settimane, varie donne le hanno accusato di molestie e violenze anche molto pesanti.
henda ayari sfuggita al salafismo
Christelle, una francese di 45 anni convertita all' islam, ha raccontato che il caro Tariq la invitò nella sua stanza d' albergo, poi la prese a calci e pugni, la stuprò e le orinò addosso. A Ginevra le autorità hanno raccolto le testimonianze di quattro donne, ex studentesse di Ramadan: sostengono che approfittò del suo incarico per portarsele a letto, anche se erano giovanissime. Altre accusatrici si sono fatte sentire in Francia, Svizzera e Belgio.
Secondo Majda Bernoussi, donna marocchina che sta raccontando il suo rapporto travagliato con Tariq sul settimanale francese Le Point, le «vittime» del pensatore islamico potrebbero essere nell' ordine delle centinaia. Certo, il diretto interessato respinge le accuse con decisione e ha annunciato azioni legali. Resta innocente fino a prova contraria, ovviamente.
Viene da chiedersi, però, come mai gli sia risparmiata la gogna mediatica feroce a cui sono sottoposti, da settimane, altri presunti molestatori. Non solo: viene pure da domandarsi come mai le anime belle che fanno la fila per esprimersi contro la violenza sulle donne non citino mai, nemmeno di sfuggita, il mondo islamico.
Si dice che la violenza è un problema culturale degli uomini italiani (e occidentali in genere). Ma sui musulmani silenzio di tomba.
Anche se, forse, qualche problemino a gestire i rapporti con le donne ce l' hanno pure loro, e non si tratta di una questione irrilevante, anzi.
Henda Ayari ha raccontato di essere stata violentata da Ramadan nel 2012. All' epoca, la donna si stava faticosamente allontanando dal salafismo, versione estrema della fede islamica. Seguiva Tariq come un profeta e lui, racconta, sfruttò la situazione a suo vantaggio, abusando di lei.
Negli anni successivi, Henda ha completato il suo percorso di «deradicalizzazione». Ha abbandonato il velo integrale e il salafismo, è diventata un' attivista per i diritti delle donne, ha scritto un libro sulla sua esperienza. E, tra le altre cose, ha trovato il coraggio di denunciare Ramadan.
Non solo sui media, ma anche alla procura di Rouen. Ed ecco il risultato: ha ottenuto una montagna di insulti e numerose minacce di morte.
Jonas Haddad, avvocato dell' Ayari, ha presentato alla polizia di Rouen un plico di 21 pagine contenente tutti i messaggi ricevuti in queste settimane dalla sua assistita, per lo più scritti da sostenitori (islamici) di Ramadan. I più gentili l' accusano di essere una «puttana», altri sostengono che sia «pagata dagli ebrei» o «dai sionisti», altri ancora dicono che stia «facendo soldi sull' onda dell' islamofobia». Agli insulti si sono aggiunte le telefonate anonime.
C' è stato poi chi si è presentato sotto casa sua, suonando alla porta, chi le ha promesso di ammazzarla e chi le ha augurato di finire nelle mani dell' Isis. Alla fine, la procura di Rouen ha deciso di metterla sotto protezione.
Vi risulta che a qualcuna delle accusatrici di Harvey Weinstein o di Fausto Brizzi sia accaduta la stessa cosa? Tuttavia, di questa donna che ha osato denunciare lo stupratore e ne ha ricavato minacce di morte, gli impegnati di casa nostra non parlano. Non vogliono fare la figura degli «islamofobi», non vogliono passare per razzisti. La violenza è un problema culturale, dicono. Ma alcune culture, chissà perché, la fanno sempre franca. Sulla pelle delle donne.
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