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Alessandro Bocci per il "Corriere della Sera"
L'ultima spiaggia ha gli occhi vivaci e un po' rugosi di un nostro amico. L'Italia si gioca l'Europeo e la faccia contro Giovanni Trapattoni in una notte ad alta tensione in cui sarà difficile gestire ansia ed emozioni perché non basterà battere l'Irlanda, ma bisognerà sperare che la Spagna liquidi la Croazia.
Gli incroci si sprecano, uno però è maledetto. Il 2-2 tra spagnoli e croati, cioè il famigerato biscotto di cui si fa un gran parlare, ci spedirebbe a casa e all'inferno. E il piccolo squarcio di azzurro che ci aveva allargato il cuore dopo il disastroso Mondiale sudafricano grazie a Cesare Prandelli, verrebbe coperto da nuovi nuvoloni neri e minacciosi.
Se stasera l'Italia sarà eliminata tutto tornerà in discussione, anche il destino del c.t.. Non perché la Federazione abbia in animo di mandarlo via, quanto perché lui potrebbe scegliere di andarsene con due anni di anticipo sulla scadenza del contratto. Alla domanda sul futuro, Prandelli è volutamente vago: «Pensiamo alla partita. Se poi dovesse andare male, ciascuno di noi si prenderà le proprie responsabilità . E magari si faranno delle riflessioni».
Non ora, però, che tutte le energie sono concentrate sulla sfida al Trap. L'ambiente azzurro è teso, forse anche troppo. Lo stesso allenatore contesta qualche domanda, facendoci tornare alla memoria le conferenze del vecchio Lippi, prima di ammettere «che è la partita più importante della mia carriera». In ballo i quarti dell'Europeo e un progetto al quale è facile affezionarsi.
L'Italia, sinora, ha sopperito alla mancanza di campioni cercando di imporsi con il gioco. Ma uscire al primo turno sarebbe difficile da accettare e forse è anche per questo motivo che Prandelli ha provato a bleffare: venerdì aveva annunciato la difesa a tre con De Rossi, sabato ha provato quella a quattro con Barzagli, riportando il romanista a centrocampo.
«Pensavano di poter avere un certo vantaggio, come era successo alla Spagna contro di noi (aveva giocato a sorpresa senza punte ndr). Ma non eravamo neppure usciti dal campo di allenamento che già tutti sapevano cosa avevamo provato». Abate e Balzaretti saranno gli esterni della difesa a quattro, davanti a Buffon giocheranno Barzagli e Chiellini, De Rossi completerà con Pirlo e Marchisio il terzetto di centrocampo che agirà dietro Thiago Motta, finto trequartista. Balotelli ha recuperato dal risentimento al ginocchio destro, ma andrà in panchina. In attacco sarà la volta di Cassano e Di Natale, piccoli, agili, tecnici.
Quest'ultimo non è solo il giocatore più prolifico del gruppo (11 reti in 39 partite), ma anche quello che ha convinto l'allenatore a tornare all'antico. La nuova Italia in realtà è molto simile alla vecchia, quella che nel girone si era qualificata con due partite di anticipo e che in amichevole aveva fermato la Germania e battuto la Spagna.
«Perché se gioca Totò dobbiamo strutturare il centrocampo in modo da dare profondità all'azione». Insomma non ci sarebbe niente di romantico in questo cambio di rotta, ma soltanto la necessità di esaltare le qualità di Di Natale. E non parlate a Prandelli di rivoluzione «perché una squadra come la nostra può cambiare di partita in partita. Quanto al modulo, sono solo numeri. Conta il cuore».
Stasera l'Italia ce ne dovrà mettere tanto per sfatare un paio di tabù: non vince da 5 partite in cui ha segnato solo due gol. E da quando il Trap è alla guida dell'Irlanda è sempre rimasta all'asciutto: due pareggi con Lippi e una sconfitta (in amichevole) con Prandelli. à arrivato il momento di ribaltare tutto: «Non penso al biscotto, sono convinto che la Spagna vincerà con la Croazia. Noi però dobbiamo battere gli irlandesi e non sarà facile. Ma sono convinto che ce la possiamo fare».
Torna l'ottimismo e anche il sorriso quando Prandelli parla del suo rivale-maestro, che ha avuto per sei anni come allenatore alla Juventus: «Per me Trap è semplicemente il mister. Sono cresciuto con lui, mi ha trasmesso i suoi valori». Allo stadio di Poznan si sono abbracciati e salutati: «Mi ha detto che è stufo di difendermi», ride Cesare prima di imboccare il tunnel per l'ultimo allenamento. Si chiude la porta della press conference. Basta parole. Servono i fatti. Ora o mai più.
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