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ARTISTI INDEBITATI, STADI VUOTI E DISCHI INVENDUTI: LA MUSICA È FINITA – SELVAGGIA LUCARELLI: “L’INDUSTRIA MUSICALE È STATA TRASFORMATA PRIMA DALLO STREAMING E POI DAL COVID, CON NUOVE DINAMICHE E NUOVI RAPPORTI DI POTERE” – “LO STREAMING MUSICALE HA RIDIMENSIONATO LE ECONOMIE DELLE CASE DISCOGRAFICHE E IL SUCCESSO DI UNA CANZONE NON HA PIÙ NESSUNA RICADUTA ECONOMICA. I GUADAGNI DELL’ARTISTA, SONO SOPRATTUTTO QUELLI CHE PROVENGONO DAI CONCERTI. DUNQUE, IL CANTANTE FIRMA UN CONTRATTO CON L’AGENZIA DI ORGANIZZAZIONE DI CONCERTI. ALLA FIRMA, ALL’ARTISTA VIENE CORRISPOSTO UN ANTICIPO IN DENARO GENERALMENTE MOLTO CORPOSO, MA..."

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Estratto dell’articolo di Selvaggia Lucarelli per https://selvaggialucarelli.substack.com

 

selvaggia lucarelli

Dopo la pubblicazione dell’articolo sui biglietti per i grandi concerti estivi negli stadi ‘svenduti’ a dieci euro sono stata contattata da diversi professionisti che lavorano nell’ambito della discografia, del management di artisti e dell’organizzazione di concerti. Ciascuno di loro mi ha voluto spiegare un pezzetto di quel puzzle che, oggi, raffigura il nuovo volto della discografia, spiegandomi come si sia arrivati a ‘regalare’ biglietti per i live di artisti anche molto famosi, e il motivo è un po’ più complesso che ‘vogliamo fare sold out’.

 

Nessuno ha voluto essere citato, ma quello che è uscito da queste testimonianze è il ritratto dell’industria musicale e di come sia stata completamente trasformata prima dallo streaming e poi dal covid, con nuove dinamiche e nuovi rapporti di potere.

 

LA NUOVA INDUSTRIA DISCOGRAFICA, TRA STREAMING E CONSULENTI/MANAGER

 

SERVIZI STREAMING MUSICALI

Intanto, l’esplosione di Spotify e degli altri servizi di streaming musicale ha pesantemente ridimensionato le economie delle case discografiche, dal momento che i guadagni che una volta derivavano dalle vendite dei dischi non sono nemmeno paragonabili ai proventi dello streaming.

 

Oggi cento milioni di ascolti online […] fruttano alla casa discografica di turno circa 350.000 euro lordi, dei quali tra gli 80 e i 90 mila andranno poi all’artista. Significa che il successo di una canzone, anche il più cristallino, dal punto di vista discografico non ha più nessuna ricaduta economica.

 

STREAMING MUSICA

Il mercato ha raggiunto il suo punto più basso una decina di anni fa, quando di fatto in Italia sono rimaste solamente tre delle grandi case discografiche preesistenti (chiamate comunemente major): Sony, Warner e Universal. Negli ultimi anni il fatturato dell’industria discografica si è pian piano risollevato, ma nel frattempo sono cambiate molte cose.

 

Ad esempio, fino a qualche anno fa Sony, Warner e Universal gestivano, più o meno, una cinquantina di artisti ciascuna, mentre ora ogni major ha circa 200 artisti sotto contratto. […] In generale un contratto discografico prevede che la casa discografica produca a sue spese uno o più dischi per l’artista, e che investa inoltre nel marketing e nella promozione dell’album.

MUSICA IN STREAMING

 

Ora, con questa grande mole di cantanti sotto contratto, le case discografiche non riescono più a seguirli tutti direttamente, […] e quindi il denaro che avrebbero dovuto investire in quel progetto lo danno all’artista stesso, perché lo spenda al posto loro. Con quella somma, il cantante di turno paga un consulente esterno, una specie di manager, perché svolga per lui il lavoro che avrebbe dovuto fare la casa discografica: ad esempio la produzione del disco, la promozione, la realizzazione dei videoclip, e più in generale il management a 360 gradi. […]

MUSICA IN STREAMING

 

Questi consulenti/manager […] non guadagnano dall’eventuale rimanenza del budget, ma hanno una percentuale sui guadagni dell’artista.

 

E i guadagni dell’artista, dopo l’avvento dello streaming, sono soprattutto quelli che provengono da una cosa sola: i concerti. Nell’ancien regime della discografia il rapporto economico tra incassi dei dischi e proventi dei concerti era più o meno di uno a tre (i concerti fruttavano tre volte tanto, insomma), mi spiega uno di questi consulenti, mentre ora può arrivare anche a un rapporto di uno a dieci. In pratica, il cantante guadagna dai concerti dieci volte di più di quanto incassi dai diritti delle sue canzoni. […]

 

concerti

I PROMOTER: l’equilibrio precario dei contratti per le tournèe

 

[…] La strada delle tournée è complicata, perché la struttura di un contratto ‘standard’ per una tournée è molto precisa e soprattutto asimmetrica. Qui la casa discografica in un certo senso esce di scena, perché la casa discografica guadagna appunto dalla vendita dei dischi. Dunque, il cantante firma un contratto, in esclusiva, con una nuova figura rispetto a quelle raccontate fin qui: l’agenzia di organizzazione di concerti (in gergo, promoter).

 

Alla firma, all’artista viene corrisposto un anticipo in denaro generalmente molto corposo: diciamo, cifra a caso per l’artista Tizio: 1 milione di euro. A quel punto il manager/consulente prende la sua percentuale, mentre l’artista deve ‘recuperare’ questo milione attraverso gli incassi dei concerti.

concerti

 

Il contratto prevede in genere che il 70% degli incassi, al netto del costo di produzione, vada all’artista, e il restante 30% vada al promoter. È più o meno lo standard di settore. Tramite le vendite dei biglietti, però, l’artista non deve arrivare a ‘coprire’ solo il proprio anticipo, cioè un milione di euro, ma anche il valore corrispondente alla quota del 30 percento spettante al promoter, che in proporzione ammonta a 428.000 €.

 

Quindi l’artista che prende un milione di anticipo è obbligato a generare incassi per quasi un milione e mezzo per ‘andare a pari’. A volte questi contratti prevedono anche che se il tour registra una perdita, […] pure quella perdita venga suddivisa: 70 l'artista e 30 l’agenzia. Il cantante si troverebbe a dover coprire altri 700.000 euro. E finché non riesce a recuperare l'anticipo e a coprire le perdite, l'artista non può svincolarsi dal contratto, nemmeno se nel frattempo è scaduto.

 

[…] Quindi, in questo senso, l’agenzia di concerti non perde mai. Ma del resto, i patti sono chiari: ti do un milione di euro e ti faccio fare quello che vuoi tu. Vuoi fare gli stadi? Facciamo gli stadi. Vuoi fare Marte? Ti faccio suonare su Marte. Prima o poi rientrerò della mia percentuale, è garantito.

concerto 1

 

Anche perché il promoter, a parte per alcuni tour con allestimenti faraonici, riesce spesso a contenere i costi di produzione. Ad esempio, Vivo Concerti, Friends & Partner e Magellano- tre dei promoter più grandi- fanno parte della stessa società. Quindi cosa vuol dire? Che magari, mi spiega una fonte, il palco che usano per il concerto al Forum di martedì, organizzato, mettiamo caso, da Vivo, è lo stesso palco del giorno dopo, quando c'è un concerto organizzato da Friends & Partner. Un modo piuttosto efficiente per assorbire i costi di produzione.

 

concerto 2

Riassumendo, l'artista prende un anticipo molto ricco, il promoter gli mette a disposizione le location che desidera, e se il concerto o la tournèe va male l'artista deve recuperare ancora più soldi, per coprire le perdite, quindi cambiano le location, dagli stadi si passa ai palazzetti, dai palazzetti ai club, dai club alle feste di piazza. Pare che Elodie, che avrebbe registrato un’importante perdita economica dal concerto al Forum di due anni fa, abbia cantato ad alcune convention aziendali perché deve recuperare le grosse somme che le hanno anticipato.

 

Perché l’artista non può svincolarsi, a meno che, ovviamente, non voglia restituire l’anticipo. E al momento non c’è notizia di nessuno che l’abbia fatto. Anche perché in molti casi ad aver firmato questi contratti sono ragazzi giovani che non hanno un grande controllo del denaro, quindi magari si comprano la macchina, si comprano gioielli, e alla fine non hanno più nulla da restituire.

 

concerto 1

DALLA PANDEMIA AL MONOPOLIO: LA NUOVA VITA DEI PROMOTER

Il sistema dei concerti, però, prima della pandemia era abbastanza sano, le cifre erano ancora ragionevoli e allineate con le reali possibilità di vendita. Ma con il Covid è cambiato tutto. […] La pandemia è esplosa a febbraio 2020, quando i biglietti per i concerti dell’estate che stava per arrivare erano in vendita da sei mesi o anche da un anno.

 

Quindi, improvvisamente, i principali organizzatori di concerti - soprattutto il maxi-gruppo costituito Vivo Concerti, Friends & Partner e Magellano- si sono trovati seduti su milioni e milioni di euro, frutto dell’incasso dei biglietti venduti. La fonte che mi ha raccontato questa storia ha stimato una cifra di circa ottanta milioni di euro, anche perché molti concerti estivi a febbraio erano già sold out.

 

concerto 3

Avevano quindi a disposizione una cifra enorme e, qui vi do una notizia incredibile, che per la maggior parte non hanno dovuto rimborsare e sapete perché? Perché in media solo il 20% degli spettatori chiede il rimborso, figuriamoci poi durante una pandemia in cui tutti avevano altre priorità. E non dovevano nemmeno spendere in produzioni di show, perché ovviamente i concerti erano stati rimandati per la pandemia. E quindi, con quei soldi, hanno provato a mettere sotto contratto quanti più artisti possibile.

 

[…] Ormai le grandi agenzie di live hanno tutte al loro interno una sezione che si occupa di collaborazioni con i brand. Avendo a disposizione molti artisti, quando il brand X chiama per una pubblicità, una convention, una promozione sui social, l’agenzia ha una lunga lista di nomi da proporgli.

 

concerto 2

Quindi, mi spiega la mia fonte, alle agenzie non conviene che l'artista se ne vada, anzi conviene avere tutti dentro. Tanto prima o poi, magari anche con lentezza, recupereranno l’anticipo, e nel frattempo hanno un cast da poter vendere ai brand. E questo è anche il motivo per cui questi promoter ora stanno prendendo in agenzia anche nomi fuori dalla musica (per esempio Andrea Delogu o Bianca Guaccero): perché non si occupano solo di vendere concerti.

 

Ovviamente, tornando ai cantanti, non obbligano l’artista a fare cose contro la sua volontà, ma l’artista è consapevole di avere, magari, accumulato un grosso debito con il promoter. E molti artisti hanno un animo particolare, una sensibilità differente, quindi a volte vanno in crisi.

 

concerto 5

Molti dei burnout tra cantanti di cui oggi si parla spesso, secondo la mia fonte, non sono dovuti solo a crisi di creatività, ma anche a dinamiche di questo tipo. E anche dall’ansia generata dagli streaming. Ora i dischi non si vendono più, si ascoltano su Spotify, e quando si dice che un singolo è diventato ‘disco di platino’ non vuol dire che ha davvero venduto duecentomila copie, ma semplicemente fatto qualche milione di ascolti in streaming.

 

concerto 4

Invece dicono ‘ha venduto’, e questo droga la percezione che l’artista ha di sé, perché non è detto che gli ascolti in streaming poi si traducano in biglietti venduti. Questo tentativo di accelerare sempre al massimo, nella promozione, negli ‘streaming’, nelle location dei concerti, ha spesso profonde ripercussioni sull’artista. Psicologiche, mentali, banalmente di autostima.

 

I BIGLIETTI SCONTATI: RIEMPIRE A OGNI COSTO

elodie

E qui arriviamo alla questione dei biglietti a dieci euro. Un addetto ai lavori mi racconta la sua versione della questione di Elodie e dei concerti negli stadi di questi giorni. (citiamo Elodie perché è l’esempio più interessante e recente, ma ovviamente esistono molti precedenti)

 

Pare che lei questi mega-concerti non volesse farli, ma sia stata convinta dal management, in questo caso la Double Trouble, perché un concerto in uno stadio è una grande promozione per il resto del tour (nel suo caso, quello nei palazzetti di questo autunno). […] Che decida o no l’artista, comunque, la prima cosa che chiedono i cantanti alle agenzie di live per qualsiasi location, dai Magazzini Generali al Forum, è sempre la stessa: lo riempiamo?

 

E la risposta dell’organizzatore è sempre la stessa, sempre: ma certo che lo riempiamo! Poi partono le prevendite e si rendono conto che non funzionano, ormai con gli algoritmi si capisce nei primi due giorni se riusciranno a riempire o no.

tony effe

 

A quel punto vanno dall'artista e gli dicono che forse è meglio cambiare la data, o la location. In alcuni casi riescono a cavarsela, come con Tony Effe, che doveva cantare al Festival Fiera Milano LIVE, in un’area che può ospitare diverse decine di migliaia di persone, e poi invece lo spostano al Carroponte, che ne tiene al massimo diecimila, e per giunta non da artista principale ma di spalla a J Balvin. Ma Elodie, in questo momento, è molto più rilevante ed esposta di Tony Effe, quindi il concerto a San Siro non si può certo spostare. E uno stadio pieno a metà sarebbe un duro colpo per la reputazione e il morale dell’artista, e a seguire del management e dell’organizzatore di concerti.

 

E allora entrano in gioco i biglietti scontati. I principali destinatari, di solito, sono le associazioni: i Cral, i ferrovieri, i pensionati delle Poste, i circoli dopo lavoro, le assicurazioni, le banche, tutte queste associazioni o aziende che hanno accordi proprio con le agenzie di live che a un certo punto gli danno i biglietti. C'è una sorta di referente generale che telefona per esempio ai circoli e chiede: “Ti interessano i biglietti di Elodie al Maradona? Chiedi un po', manda una mail a tutti gli associati”.

 

elodie

[…] E in questo modo riescono a vendere migliaia di biglietti per volta, a prezzi stracciati, certo, ma comunque utili per coprire i costi di produzione e per dimostrare all’artista che, come promesso, la location è stata riempita. Anche perché l’artista spesso non sa di queste vendite sottocosto, e altre volte non vuole sapere. Ma soprattutto per non far scrivere ai giornalisti, con tanto di documentazione fotografica, che lo stadio è stato un flop.

 

Il giornalista musicale Michele Monina si è occupato a lungo della questione concerti-flop:

 

“La triste verità è che molti promoter propongono date sovradimensionate e quando poi i biglietti non si vendono, sono problemi, anche perché di biglietti se ne può regalare un numero limitato. O annulli il tour per “problemi organizzativi" o “laringite”, lo riprogrammi poi, ma presto o tardi devi fermarti e capire cosa fare con l’anticipo, perchè sei indebitato fino al collo. Quindi fai convention, il giudice in tv, serate… […]

max pezzali circo max

 

Oggi ci sono artisti così indebitati che sono diventati “schiavi”, dipendenti dei loro promoter. Se passi dall’Arena di Verona allo stadio di Bienno vuol dire che devi recuperare soldi… Qualche fenomeno recente che non fa fatica a vendere c’è, come i Pinguini tattici nucleari e alcune certezze come Ultimo e Max Pezzali, ma sono pochi. […]

 

LE STORIE INSTAGRAM DI MADAME

Insomma, per stringere: un cantante può anche ricevere 1 milione di anticipo da una casa discografica e sembra moltissimo. Magari si compra una casa. Una macchina. Non gli resta neppure la metà. Poi succede che però magari per 5 anni non abbia sufficienti stream: la casa discografica non rientra dell’investimento e il cantante non può ricominciare a guadagnare dai dischi. Il che vuol dire che la sua speranza sono i concerti, ma se non vendi dischi, è difficile che i concerti riempiano.

bresh

 

E quindi è un circolo vizioso che da una parte porta l’artista a non potersi fermare, dall’altra lo spreme quando c’è poco da spremere. Ovviamente non tutti i cantanti hanno questo genere di contratti, altri ne hanno di più vantaggiosi e qualcuno ha accordi meno vincolanti, ma il succo- per la maggior parte di loro- è questo.

 

[…] Una fonte mi racconta che tutte le cancellazioni di tour a cui stiamo assistendo quest’estate, a parte a suo dire quelle di Bresh (che non sarebbe stato pronto con la produzione del tour) sono legate alle scarse vendite. Ma non sono vere cancellazioni, direte voi: un tour estivo diventa un tour invernale, un concerto nel palazzetto diventa un live in teatro. Il sistema resta in piedi così.

 

ECONOMIA DI GUERRA

E il sistema va bene quasi a tutti. Va bene ai management che guadagnano in anticipo, agli organizzatori dei live che, alla fine, non vanno mai davvero in perdita. Ma va bene anche ai fan, che possono postare su Twitter le piantine degli stadi piene, esultando per il sold out del proprio artista preferito. Va bene ai giornalisti che non scrivono niente, perché poi il giornale magari vuole intervistare un artista, ma se prima ha scritto che l’artista ha ‘bucato’ il concerto, difficilmente l’intervista la rilascerà a loro.

 

MUSICA SOLDI

E quasi sempre va bene anche all’artista, che incassa anticipi molto superiori del suo vero valore sul mercato. Forse un giorno rimpiangerà di non avere detto un no, di non avere avuto al suo fianco qualcuno che, più che al suo fatturato, pensasse alla sua carriera, alle sue reali potenzialità, perfino alla sua salute mentale.

MUSICA SOLDI

 

Ma è evidente che quella della discografia, ora che l’euforia post-pandemica si è esaurita e l’inflazione tiene le persone lontane dai concerti, è tornata ad essere un’economia di guerra. E le economie di guerra non hanno come priorità e obiettivo la prosperità a lungo termine, ma semplicemente la possibilità di sopravvivere soltanto un giorno in più. Un biglietto in più. Anche scontato.