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Elena Stancanelli per "La Repubblica"
Sembra che le malattie siano diventate uno degli argomenti preferiti dagli adolescenti. E il cinico mercato editoriale fiuta l’affare. “Never Eighteen” di Megan Bostic, “So much to live for” di Lurlene Mc Daniel, “Red Tears” di Joanna Kenrick, “The probability of miracles” di Wendy Wunder “Voglio vivere prima di morire”, di Jenny Downham (pubblicato in Italia da Bompiani)... per citare solo alcuni best seller.
colpa delle stelle sedia a rotelle
Bastano i titoli per capire di cosa si tratta: ragazzini pallidi, che imbastiscono amori e amicizie tra corsie di reparti oncologici e gruppi di appoggio, mentre nei loro corpi variamente mutilati scorre il veleno della chiemioterapia, entra ed esce l’ossigeno pompato dalle bombole.
Gli ultimi mesi, spesi tra desideri da realizzare e lunghe chiacchierate per sviscerare il mistero dell’esistenza. Gli americani, tassomisti indefessi e geni della titolazione del mondo, hanno battezzato Sick-lit questo sottoinsieme della letteratura YA (young adult). Dopo zombi e vampiri the next big thing sarebbe dunque il cancro. Ma vanno forte anche l’anoressia, (tra questi “Zoe letting Go” di Nora Price e “Wintergirls” di Laurie Halse Anderson, pubblicato in Italia nella collana Y, di Giunti, l’unica vera collana di narrativa young adult che sia stata tentata da noi) la depressione, l’autolesionismo.
colpa delle stelle panchina con ossigeno
Persino “Quel che ora sappiamo” - l’ultimo libro di Catherine Dunne, l’autrice del tristemente noto “La metà di niente” - ha per protagonista un ragazzino che si uccide, dopo aver cercato di arginare l’angoscia ferendosi braccia e gambe. Dell’ossessione adolescenziale per il suicidio racconta anche Julie Anne Peters in “By the time you read this I’ll be dead”.
Il fascino per i corpi manomessi, le menti mangiate dal rovello, la consunzione della carne che sveglia il desiderio sessuale: vecchie storie, nostri eterni topoi letterari. Ma la questione, quella che ha posto il Daily Mail qualche giorno fa, è che questa letteratura in particolare, è immaginata esplicitamente per degli adolescenti.
Quanto è pericoloso - si chiede Amanda Craig, tra le massime esperte di letteratura per ragazzi, intervistata dal Daily Mail - consegnare a ragazzi molto giovani storie nelle quali la malattia e la mortificazione del corpo, sono presentati come luoghi della conoscenza, addirittura condizioni di privilegio emotivo? La letteratura per ragazzi pretende una enorme responsabilità sociale e morale.
Scrittori, ma soprattutto editori, hanno il dovere di tener conto che in quella fase della vita siamo particolarmente fragili, oltre che incredibilmente portati all’imitazione, dice. E cita un precedente molto noto, un libro destinato agli adulti ma diventato, quasi suo malgrado, un cult per gli adolescenti.
“Mi chiamo Salmon, come il pesce. Avevo quattordici anni quando fui uccisa, il 6 dicembre del 1973”. “Amabili resti”, di Alice Sebold. Una storia terribile narrata dalla voce leggera della ragazzina morta. L’impatto del lutto sulla sua famiglia, le indagini che portano all’arresto del serial killer, il mondo di chi resta, visto attraverso gli occhi di chi non c’è più. “Amabili resti” non è certo un libro malizioso, non indulge e non specula. Ma sveglia un appetito, crea un desiderio, secondo Craig.
“voglio vivere prima di morire”, di jenny downham 1184 jennydownham 1206176453
Mette a punto quella dinamica tra tema tragico e tono brillante, sceglie la morte, la sua seduzione/repulsione, come motore della storia. Manca solo l’amore, ma a questo penseranno i vampiri. Saranno le creature esangui, celebrate dalla saga di Twilight, a portare nella YA il pathos sentimentale e il sesso. La formula è completa, il successo matematico.
“red tears” di joanna kenrick redtears
Curioso come sia stata proprio Kristen Stewart, eroina cinematografica della saga di Stephenie Meyer, a impersonare la protagonista di “Speak”, una ragazzina che subisce uno stupro durante un party e viene perseguitata dai compagni quando si decide a denunciarlo, scritta dalla già citata Laurie Halse Anderson, tra gli autori considerati da salvare, in una perfetta e moralmente sostenibile biblioteca Sick-lit. Tout se tien....
megan bostic never eighteen banner
Ma il vero caso letterario che ha dato origine alla polemica è il romanzo di John Green, “Colpa delle Stelle”, pubblicato qualche mese fa anche in Italia da Rizzoli. Che la giornalista Michelle Pauli, rispondendo dal Guardian all’articolo del Daily Mail, difende invece con tenacia. E’ un libro che consiglio, che offre spunti, di riflessione su amore, amicizia, famiglia, scrive la giornalista.
“never eighteen” di megan bosti 8419647
Non capisco per quale motivo dovremmo bandire dalla letteratura per ragazzi proprio i temi attraverso i quali si svolge la loro crescita, compresa la depressione, la sessualità, e in certi casi la malattia. La protagonista del romanzo di Green, Hazel Grace, ha sedici anni, è vergine, “diagnosi di cancro alla tiroide in fase IV a tredici anni... tre mesi dopo la prima mestruazione. Tipo: congratulazioni! Sei una donna. Adesso muori.”
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Augustus Waters invece è reduce da un osteosarcoma che gli ha mangiato una gamba, ma adesso sta bene. E’ bello, atletico, intelligente, sexy. E si innamora di Hazel durante un incontro al gruppo di appoggio. Hazel e Augustus non piangono mai, quasi mai..., leggono ossessivamente il romanzo di uno scrittore olandese che parla di una ragazzina che muore di cancro e si intitola “Un’imperiale afflizione”, e perdono insieme la verginità in Olanda.
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Ma dal momento che “il mondo non è un ufficio esaudimento desideri” non ci sarà un lieto fine, anche se sarà comunque una fine diversa da quella che ci si aspetta. “Colpa delle stelle” è un libro ben scritto, mai patetico, forte e non retorico. I nostri ragazzi, scrive Michelle Pauli sul Guardian, hanno bisogno di leggere libri che parlino della vita, non solo di gnomi, maghi, vampiri, libri che esplorino esperienze che li riguardano o potrebbero riguardarli.
E la sofferenza è certamente tra queste, come sapeva anche la mia generazione che è cresciuta guardando Heidi e piangendo calde lacrime sulle sue disgrazie. E io mi fido degli scrittori che si rivolgono agli YA, perchè sono tra i più seri, scrive la giornalista, e consapevoli della loro grandissima responsabilità.
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John Green è certamente tra questi. Dunque la questione della Sick-lit, secondo il Guardian e secondo molti blog e siti americani che si occupano di YA, non riguarderebbe gli scrittori ma editori senza scrupoli, che cavalcano il fenomeno buttando in pasto agli adolescenti robaccia arrabattata, morbosa e volgare. La morte sì, ma con stile.
“so much to live for” di lurlene mc daniel, 51+sz+wl1il
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