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Paolo Conti per "Corriere.it"
Tristissimo addio di Vauro a Il Manifesto che approda al Fatto. Niente polemiche. E nemmeno recriminazioni. Ma un filo di angoscia, sì. Basta leggere le righe di ieri in prima pagina: «La decisione di Vauro di lasciarci ci sorprende. E ci amareggia. Perché riguarda una persona che ha contribuito a scrivere la storia del nostro giornale. Comprendiamo la sua scelta. Il manifesto sta attraversano il momento più difficile della sua esistenza quarantennale.
La direzione, la redazione, i tecnici, tutte e tutti sanno di avere un futuro incerto perché siamo «"in liquidazione" e del doman non v'è certezza», Spiega Norma Rangeri, direttore responsabile: «Capisco la scelta di Vauro, siamo in pesantissima difficoltà . Ma non la condivido. Siamo sul fronte di una battaglia finale e in certe situazioni si compiono scelte di vita oltre che professionali. Come Vauro scrive nel commiato, non ci sono certo motivi politici o legati ai contenuti».
Infatti Vauro se ne va con un saluto oggettivo, affettuoso soprattutto verso Valentino Parlato: «Ho il debito di una libertà mai "concessa" ma sempre scaturita dal confronto, dalla discussione anche aspra sulle idee e sul modo di scriverle o disegnarle. Un debito che sento in maniera particolare nei confronti di Valentino. Vecchio compagno che in questi tempi di rampanti "giovani" rottamatori continua a spendere tutto se stesso con passione, dolore e ostinazione...».
Nelle righe di addio a Vauro, c'è solo un punto che va oltre l'amarezza: «Ci siamo illusi che il confronto anche aspro, ma sempre franco, la passione per la battaglia politica fossero una garanzia per poter continuare a combattere. Forse ci siamo in parte illusi. L'uscita di Vauro lo conferma». Vauro, forse, a sua volta capisce: «Dire addio è sempre un po' penoso, lo è ancora di più dopo aver vissuto insieme per trent'anni la splendida e tormentata avventura de il manifesto , tanto penoso che sarei stato tentato di andarmene zitto zitto, quatto quatto. Ma non me lo sarei mai perdonato...».
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