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        “SPREMIMI PICCOLA, FINO A QUANDO IL SUCCO NON MI COLERÀ GIÙ LUNGO LA GAMBA” - ARRIVA IN ITALIA IL LIBRO "THANK YOU. I LED ZEPPELIN CANZONE PER CANZONE" - BARBARA COSTA: “PRENDETE IL BRANO " WHOLE LOTTA LOVE”. IL MIO DOLCE CLITORIDE SI GONFIA E SI CONTORCE FELICE. CON QUEL ‘DOWN INSIDE/ WOMAN/ YOU NEED/ LOVE’. IO STO QUI, ARRENDEVOLE, E ME NE GODO LINGUA SULLE LABBRA. CERTO NON SONO COME TANTE CHE STANNO A PIGOLARE PARITÀ. SAI CHE ME NE FOTTE. IO CREDO A ALTRI FOTTII. TIPO QUELLO CHE MI STA INZUPPANDO SLIP - DO ASCOLTO A ROBERT PLANT CHE DICE…”
Barbara Costa per Dagospia
Io sarei anche disposta ad andarci, da uno bravo. A farmi vedere. Esaminare. Nel cervello e tra le gambe. E come no. Non che non ci abbia pensato. Il fatto è che non voglio guarire. Nossignore. Io nella mia perdizione ci sto da dio, e non ci penso proprio, a farmelo calmare, il mio clitoride, e a farlo tornare (o iniziare?) insieme al mio intelletto, alla ragione. Non serve. È dall’adolescenza che, alle prime note di "Whole Lotta Love", il mio dolce clitoride si gonfia e si contorce felice. Ogni volta. Raggiante. E non è che io non gli dia “tutto l’amore di cui hai bisogno”.
No, no, no, è lui, e io con lui, che della schiavitù dei Led Zeppelin, non vogliamo liberarcene. Ma poi come fai a uscirne se è Jimmy Page, la divinità, che lo dice, “Whole Lotta Love, io l’ho creata perché creasse dipendenza”, e tu, dimmi come si fa a smettere coi pusher lì, pronti, in agguato, con le loro dosi nuove, e che sono i libri, che sui Led Zeppelin si continuano a scrivere? Come quest’ultimo, di Matteo Palombi, luccicante fin dal titolo, "Thank You. I Led Zeppelin canzone per canzone" (Tsunami ed., dal 15/12). Eeeeeh… Mica male. Prende tutte le canzoni degli Zep – tutte!!! – e te le passa pelle a pelle. E sono lusinghe, e palpiti.
 thank you i led zeppelin canzone per canzone cover
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Come resistere? "Down Inside/ Woman/ You Need/ Love". Sicuro, io sto qui, arrendevole, e me ne godo lingua sulle labbra. Certo non sono come tante che stanno a pigolare parità. Sai che me ne f*tte. Io credo a altri fotti. Altri fottii. Tipo quello che mi sta inzuppando slip e quasi sedia ora che scrivo. Mi succede perché io do ascolto a Robert Plant: “Spremimi piccola/ fino a quando il succo non mi colerà giù lungo la gamba”. Che è pure tra le mie sevizie sessuali preferite.
E fa niente che Plant a quanto canta non vuole che ingoi, io alla sua “spada dorata” una “sgrullata” (per i non iniziati, lo sto citando verso per verso) non la avrei lesinata, dacché è Plant che strilla orgasmico “Babe!” per 31 volte e sta a dire che te lo spinge dentro, e per 31 volte, sia chiaro. Io Plant lo tradisco e non posso farne a meno col suo (ex) migliore amico, e cioè chi sul palco e nella scrittura gli stava accanto: lui, il padre padrone degli Zep, Jimmy Page.
Page è la maestosità di chi comanda. È Page che gli Zeppelin li ha ideati plasmandoli di sound diabolico. È Page che “ha portato sulla scena qualcosa che doveva ancora venire”. È Page ad essere “imponente, e provocante, e rivoluzionario, e confronto inevitabile, e punto di non ritorno”. È Page parte della “sacra triade britannica delle sei corde, con Jeff Beck, e Eric Clapton”.
Col dirigibile sempre più in alto, Plant e Page litigano. Perché? Si azzardano ipotesi. La più mefistofelica: per l’esoterismo di Page. Plant ha paura delle fascinazioni di Page, ma Page non c’entra con la maledizione spaventosa che piega gli Zep: Page si fa male alla mano sinistra, Plant si frattura le gambe, Jones si esaurisce di mente, e Bonzo… lasciamo perdere. Stoni di coca, e alcool. Ero. Il dirigibile non sale più. 1977.
Muore il figlioletto di Plant. E Jones e Page non vanno al funerale. Plant li attacca negli ultimi brani Zep: “Ho degli amici/ che non mi daranno un caz*o”. E a Page: “Dov’erano le tue parole? / dov’eri andato? / dov’era il tuo aiuto? / dov’era il tuo arco…”. Poi Bonzo muore a casa di Page. Il dirigibile si schianta al suolo. Era stato più in alto, più di chiunque altro.
Io a chi ostinato mi rompe a musicalmente mettermi appresso a non so chi trapper coi mutandoni sgraziato e al mio clito molesto, il mio vaffa stavolta lo metto per iscritto: io non cambio, non mollo, e ognuno ascolti chi gli pare. Plant non si sarebbe mai lagnato a che una fan gli avesse toccato il pacco!!! Arrivarci… Si ambisca ciò che per gli Zep è la forza ipnotica del Rock “devastante, carnale, oscena”.
Allacciata “al potere rovinante del femminile sull’uomo”. Non è la misoginia Zep, no, è la donna che, nel Rock degli Zep, è “wanton song”, è un’auto, “è caramella e miele”, è “una torta alla crema”: è la donna che morde, che annienta, che ha il dominio. Di distruzione. Totale. Chi è che spreme il limone? Si prenda nota: “Nel letto degli Zep, gli squali non ci sono mai entrati, i limoni sì”.
“Noi Siamo i Vostri Signori”. Out on the tiles. Il martello degli Dei. A cui mi inchino in riverenza incondizionata. È da ineducate non ringraziare chi ti fa ribollire il sangue. Ma qualcuno lo ha visto il bridge? E, in ogni caso, “se c’è qualche plagio, accusate Robert!”.
MATTEO PALOMBI, "THANK YOU. I LED ZEPPELIN CANZONE PER CANZONE", TSUNAMI ED., DAL 15/12!!! (PRENOTABILE DAL 01/12 SU TSUNAMIEDIZIONI.COM).
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