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Giuseppina Manin per il "Corriere della Sera"
La prima volta si materializzò nel più comune dei modi: un signore dall'aria sbrigativa, con una bella barba riccia e nera, che girava scortato da una coppia di golden retriver. «Piacere, sono Stanley Kubrick» annunciò tendendo la mano. «E io sono Emilio D'Alessandro» rispose l'omino dai capelli scuri e gli occhi vispi da uomo del Sud. Cominciò così, con un incontro da pari a pari. Da un lato il regista più famoso del mondo, dall'altro un anonimo autista assunto per le più disparate commissioni. Che non ha idea di chi sia quel suo barbuto datore di lavoro, che non ha mai visto un suo film e tanto meno sospetta l'aura di mistero e terrore che lo avvolge.
Per D'Alessandro il regista Kubrick è e resterà un enigma. Con chi invece fa subito amicizia è Stanley, un tipo alla mano, molto esigente, un po' maniacale ma capace anche di farsi voler bene.
Tanto da passarci insieme trent'anni, così fitti, così affollati di esperienze ed emozioni, da valere almeno il doppio. Ora ripercorsi con l'aiuto di Filippo Ulivieri in Stanley Kubrick e me (il Saggiatore, pp. 354, 17), biografia fuori dai canoni e dalla leggenda. Se nessun re è tale per il suo maggiordomo, nessun genio regge l'occhiata spiccia del suo autista. Ma Emilio diventa in breve ben di più per Stanley. Sedotto dalla sua abilità al volante (era stato pilota in Formula Ford) e dalla risolutezza con cui sbriga qualsiasi faccenda, Kubrick gli affida via via l'arduo compito di sbrigare l'intero lato «pratico» della sua vita. In casa e sul set.
Un lavoro a tempo strapieno, senza se e senza ma. D'Alessandro non si tira indietro. Senza batter ciglio carica in macchina l'enorme fallo di porcellana che servirà per Arancia meccanica, va a prendere all'aeroporto Marisa Berenson prescelta per Barry Lyndon e, visto che ha fame, la porta a mangiare in una trattoriaccia dove i camionisti le fischiano dietro. Ed è lui che deve sorbirsi le battute volgari di Jack Nicholson che sul set di Shining «flirtava con chiunque avesse una gonna», mentre con Tom Cruise, protagonista di Eyes Wide Shut, la simpatia scatta immediata.
Tra i vari incarichi, quello delicatissimo di gestire gli adorati animali di Stanley, un numero imprecisato di cani e gatti bizzosi. Difficili da accudire quanto il loro padrone, oggi sepolto in giardino accanto a loro. Perfezionista e disordinato, ossessionato dal bisogno di controllare ogni cosa, Kubrick è conquistato dalla professionalità del suo discreto e prezioso factotum.
Tanto da affidargli alla fine le chiavi di casa e anche del cuore. Quando Emilio stremato da quell'infinito tour de force gli annuncia di voler tornarsene a Cassino, il suo paese, per Stanley sarà un brutto colpo. Per cercare di fargli cambiare idea le tenterà tutte, ma quando arriverà il giorno dell'addio Kubrick il grande, Kubrick il terribile, non riuscirà a trattenere le lacrime.
COPERTINA DEL LIBRO DI EMILIO D'ALESSANDRO "STANLEY KUBRICK E ME"Stanley Kubrick
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