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LO STREAMING DEI GIUSTI - CHE VEDIAMO STASERA? PROPONGO DI VEDERCI LE SERIE CHE HANNO VINTO GLI EMMY IERI NOTTE. PRIMA DI TUTTE “THE STUDIO” SU APPLE TV+. POI ANDREBBE VISTO, MA SO CHE L’AVETE FATTO, LA CUPISSIMA MA IMPORTANTE “ADOLESCENCE” DI E CON STEPHEN GRAHAM SU NETFLIX, LA RETE MENO INDICATA DOVE TROVARE UNA SERIE DI QUEL TIPO -  POI C’È “THE PENGUIN” CON COLIN FARRELL, SU SKY, SCONFITTA SULLE CATEGORIE PIÙ IMPORTANTI, A PARTE LA MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA ALLA SVALVOLATA CRISTIN MILIOTI… VIDEO

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Marco Giusti per Dagospia

 

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Che vediamo stasera? Propongo di vederci le serie che hanno vinto gli Emmy ieri notte. Prima di tutte “The Studio” di Seth Rogen e Evan Goldberg su Apple tv+, premiato con ben 13 Emmys, che è anche la più divertente. Ho incrociato a Venezia Seth Rogen (chissà che ci faceva…), ma non ho avuto il coraggio di fermarlo.

 

Poi andrebbe visto, ma so che l’avete vista, la cupissima ma importante e profonda “Adolescence” di e con Stephen Graham su Netflix, la rete meno indicata dove trovare una serie di quel tipo.

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E, ovviamente, va vista “The Penguin” con Colin Farrell, su Sky, sconfitta sulle categorie più importanti, a parte la miglior attrice protagonista della svalvolata Cristin Milioti, ma comunque serie degna di 9 Emmys.

 

Andrebbe recuperata la fantascientifica “Andor” su Disney +, che tutti i giornali americani segnalano come la miglior serie dell’anno. “Severance” con Adam Scott e John Turturro, la serie più sperimentale, che trovate su Apple tv +, andrebbe vista. Io ci ho provato un paio di volte. Ma non vado avanti.

 

the pitt

Non la capisco. Non capisco il meccanismo. Giuro che ci riproverò. Di “Slow Horses” aspettiamo tra un paio di settimane la nuova stagione. L’attesissima “The Pitt”, una sorta di “E.R.” più realistica, tutta costruita sui casi urgenti di un ospedale di Pittsburgh, interpretata da Noah Wyle, che ha battuta campioni come Pedro Pascal, Colin Farrell, Gary Oldman, è in arrivo il 24 settembre su Sky.

 

Credo invece che non si riesca a vedere da nessuna parte “Hacks”, la serie comedy con Jean Smart e Hannah Einbinder, l’attrice che ha sbottato contro l’ICE e ha urlato Free Palestine dal palco. La nuova stagione di “The White Lotus” non ha vinto assolutamente nulla.

 

 

il coltello sulla carta da parati nella camera di jamie owen cooper adolescence

Magari è già vecchia. Ieri sera ho fatto come il vecchio Dago e mi sono rivisto un film di John Huston, “La saggezza nel sangue”, girato nel 1979, con Brad Dourif, attore feticcio di David Lynch, per la prima e forse unica volta protagonista, Harry Dean Stanton, Amy Wright, tratto da un romanzo di Flannery O’Connor ambientato nel primo Dopoguerra nella provincia americana più chiusa.

 

Un film duro, sgradevole, ma bellissimo, adorato da Werner Herzog, che spiega tanto della follia tutta americana per i predicatori e per l’uso della violenza. Film poverissimo, costruito a piccoli sketch, con personaggi che si muovono costantemente tra la commedia e il dramma, il falso e il vero.

hacks

 

C’è anche un finto scimmione, Konga in giro per i teatri. Alex North toppa completamente la colonna sonora, costruisce una sorte di commento scherzoso country a un film in realtà molto moderno, sperimentale, già lynchiano. Brad Dourif, che ottenne la parte solo perché Tommy Lee Jones venne chiamato a fare un altro film, non cessa mai di avere gli occhi del pazzo, di professare una nuova religione di Cristo senza Cristo. Contraddizione nella contraddizione continua. I piccoli film di John Huston erano molto avanti già alla fine degli anni ’70.

 

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Su Amazon trovate anche “Fat City – Città amara” con Stacy Keach, che all’epoca, con film come “L’urlo del silenzio” di Robert Ellis Miller, “I nuovi centurioni” di Richard Fleischer, “Doc” di Frank Perry, era diventato il mio idolo. Per anni ho cercato di vedere il rarissimo “The Gravy Train” diretto nel 1974 da Jack Starrett, scritto da Terrence Malick, dove assieme a Frederic Forrest, altro attore amatissimo, fanno una coppia di fratelli violenti che girano per l’America armati e pericolosi.

 

Severance

Da poco l’ho ritrovato, vecchio e grasso, sia in “Nebraska” di Alexander Payne che nel recente film di Noah Baumbach passato a Venezia, “Jay Kelly”. In mezzo ha fatto di tutto. 220 film come attore. Ma anche un arresto di nove mesi per uso di cocaina nel 1983 in Inghilterra.

 

Una serie di film italiani un po’ alimentari, diciamo, “Gli esecutori” di Maurizio Lucidi, “La montagna del dio cannibale” di Sergio Martino, “Il grande attacco” di Umberto Lenzi. Perse di un soffio il ruolo di Padre Karras in “L’esorcista” di William Friedkin.

 

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Pochi attori come Stacy Keach avevano quest’aria dolente, di anima ferita, forse Robert Mitchum in certi film. Il suo Doc Holliday era un personaggio favoloso.

 

Mi dice Dago che John Huston chiamò Stacy Keach per “Fat City” quando Marlon Brando incominciò a prendersi troppo tempo per pensare se fare il film o no. Brando nel frattempo girò “Il padrino”.

 

Entrambi finirono rivali al New York Film Critics Circle, che non premiò nessuno di loro due, ma Laurence Olivier per “Sleuth” di Joseph L. Mankiewicz. Cassius Clay, quando vide il film, chiamò Huston e gli disse “Questo è reale. Questo film parla di me”

Severance

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