DAGOREPORT - TONY EFFE VIA DAL CONCERTO DI CAPODANNO A ROMA PER I TESTI “VIOLENTI E MISOGINI”? MA…
Estratto dell’articolo di Alessandro Vinci per www.corriere.it
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Una mezza dozzina di anni prima della nascita di MasterChef e del successivo boom dei programmi a tema culinario — per non parlare di quello di food blogger e influencer vari —, un solo cuoco dominava incontrastato la televisione italiana. Paradossalmente non cucinava: tagliava. E nemmeno parlava italiano, sebbene provenisse da una famiglia di origini siciliane: Anthony Joseph Notaro, (assai) meglio noto come Chef Tony.
Impossibile, per chiunque negli anni Duemila fosse solito avventurarsi oltre i primi nove canali del telecomando, non essersi mai imbattuto in una sua televendita. Anche se più che di una televendita si trattava in tutta evidenza di un severissimo stress test del prodotto reclamizzato: un set di coltelli — tuttora in vendita — da lui definito nello spot «la serie perfetta».
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A certificarlo, la capacità di ciascun suo componente di mantenere l’affilatura dopo essere stato messo alla prova su uno scarpone di gomma o una lastra di pietra, una scatola di cibo surgelato o la testa di un martello, un tubo di acciaio o una lattina di alluminio, fino ad ananas volanti a mo’ di Fruit Ninja ante litteram o allo stesso tavolo di legno usato nella dimostrazione. Il tutto con il superbo doppiaggio di Nicola Marcucci — voce anche del dottor Hartman ne I Griffin —, essenziale per la permanenza della pubblicità nell’immaginario collettivo nostrano.
«Quello spot è stato trasmesso in una settantina di Paesi diversi — racconta al Corriere Notaro, nato a New York nel 1954, dalla casa di una delle sue figlie nel Nord Carolina —, ma che io sia così famoso in Italia in realtà l’ho scoperto appena quattro anni fa, quando un manager di QVC fece il mio nome durante un incontro nella sede italiana dell’emittente e, con sua grande sorpresa, vide le persone esaltarsi improvvisamente.
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A quel punto prese un autobus e chiese ai passeggeri se sapevano chi fossi: si alzarono così tante mani che sembrava fosse in corso una rapina! Quando vidi il video di quel momento piansi dalla commozione accanto a mia moglie, perché vado davvero fiero delle mie radici».
Baffo sottile, rotondo phisique du rôle, gestualità mediterranea e bianca tenuta d’ordinanza con immancabile foulard al collo: effettivamente, alla base del successo dello Chef Tony c’è anche il suo incarnare l’immagine (stereotipata) del tipico cuoco italoamericano. Svariati, non a caso, i riconoscimenti che gli sono stati assegnati nel corso del tempo: su tutti la conquista, nel 2002, del titolo di Miglior presentatore maschile dell’anno da parte della Electronic Retailing Association proprio grazie allo spot che lo avrebbe reso celebre anche nel nostro Paese.
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Promuovere utensili da cucina davanti alle telecamere d’altronde gli veniva naturale, ma non avrebbe comunque potuto essere altrimenti. Aveva infatti iniziato a svolgere la stessa attività dal vivo ancora adolescente, forte dell’esempio dei genitori — papà Francesco, venditore ambulante di prodotti freschi, e mamma Virginia, titolare di un’attività di catering— e dell’esperienza accumulata fin da piccolo nel ristorante della nonna: il Pop’s Place di Brooklyn. [...]
Stando così le cose, non stupisce apprendere come Chef Tony abbia attivamente collaborato alla progettazione del set a cui deve la sua fama. In particolare, alla realizzazione dei manici: «A mio modo di vedere è proprio l’impugnatura, e non la lama, la parte più importante di un coltello — afferma —.
Perché se un utensile non sta bene nella tua mano, finirai per non usarlo. Dopotutto la lama non è altro che un’estensione del manico: senza un buon controllo non può funzionare bene. Da questo punto di vista mi tornò molto utile conoscere le spade tradizionali giapponesi, da buon cultore delle arti marziali quale sono dal 1969.
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Ecco, dai primi prototipi al lancio sul mercato trascorsero ben quattro anni: dal 1996 al 2000. Ne ricavammo un set di cinque esemplari che era perfettamente in grado di sostituirne altri grandi e costosi il triplo, e fu un successo assoluto. Solo per restare negli Stati Uniti, quello spot venne trasmesso quasi 80 mila volte e ogni acquirente finì per comprare in media quattro set: il primo per sé, gli altri per regalarli ad amici e parenti da tanto ne restava soddisfatto.
Potete dunque immaginare la mia di soddisfazione, perché nemmeno uno di quei coltelli veniva presentato in tv senza il mio via libera. D’altra parte la gente li chiamava “i coltelli di Tony”: più che all’azienda, li associava a me. Ne andava del mio nome e della mia reputazione. E sì: mettermi a tagliare martelli, tubi e lattine fece la differenza, anche perché nessuno lo aveva mai fatto prima. A ripensarci, fu una bella rivincita nei confronti di chi in precedenza non aveva voluto lavorare con me.
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Da un lato infatti gli italiani erano stati a lungo bistrattati dalla televisione al pari di tutte le altre minoranze etniche del Paese, dall’altro ricordo ancora che nel 1991 un produttore mi disse che suonavo viceversa “troppo newyorkese” e che pertanto non avrei “mai fatto strada” nel settore. Un discorso che aveva ben poco senso, dal momento che New York è la capitale del cibo negli Stati Uniti».
Proprio il cibo continua a rappresentare il presente di Chef Tony, che pur essendo formalmente in pensione – compirà 70 anni a brevissimo, nell’election day del 5 novembre – sta approntando un business per commercializzare prodotti italiani come spezie e olio d’oliva in Corea del Sud, dove ha conservato preziosi contatti. [...]
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