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Giovanna Grassi per il “Corriere della Sera”
Vite da divi, ma maledetti. Con immagini, registrazioni inedite, testimonianze e perfino disegni animati. Il Sundance Film Fest celebra Marlon Brando e Kurt Cobain con due documentari in prima mondiale dal sapore forte come i suoi protagonisti.
In una edizione ricca di documentari (si spazia da Scientology, alla politica e all’ambiente), quelli dedicati al colonnello Kurtz di Apocalypse now e al leader dei Nirvana, morto suicida con un colpo di fucile a 27 anni, si impongono per originalità e profondità di contenuti . Perché Brando e Cobain continuano a incarnare due miti che la morte e il tempo contribuisce solo ad alimentare.
Vendute in tutto il mondo, le due opere si intitolano Listen to me Marlon e Kurt Cobain: montage of Heck . Sono i primi lavori autorizzati dalle famiglie e dalle Fondazioni che conservano la memoria degli artisti, delle loro vite, del lavoro creativo e delle carriere così ricche di talento e di personalità.
Davvero imponente la mole di materiale, testimonianze e confessioni che i due registi si sono trovati per le mani: un autentico tesoro che ha permesso di sviluppare, approfondire, e per alcuni versi scoprire, le vite di Brando (1924-2004) e Kurt (1967-1994), tra verità e leggenda, successi e segreti, esplorando le inquietudini più profonde che ne hanno fatto dei «maledetti» per il lato oscuro delle loro vite.
Listen to me Marlon è interamente raccontato dalla voce di Brando sulla base delle migliaia di nastri che l’attore ha registrato sin dalle prime esperienze teatrali, poi sui set e infine nella sua casa di Hollywood. Diretto, scritto e montato dal regista inglese Stevan Riley, il documentario fa proprie le parole pronunciate dal divo: «Ascoltami Marlon. Questa è una parte di te stesso che parla a un’altra parte, dammi fiducia». Nei prossimi giorni Rebecca Brando, la figlia nata dal secondo matrimonio dell’attore con la collega messicana Movita, racconterà perché la famiglia ha deciso di concedere a Riley questo materiale che fino ad ora aveva custodito nella massima segretezza.
Il film, una sorta di recital personale in cui Marlon si confessa senza riserve, narra i suoi incontri, le sue passioni, il suo impegno a favore delle minoranze, il profondo rapporto con la natura spiritualizzato e riconciliato, sebbene si confessi ateo, con una superiore armonia. La pellicola comprende spezzoni di tanti suoi film (da Un tram che si chiama desiderio a Gli ammutinati del Bounty e La contessa di Hong Kong , c’è anche una sequenza inedita dietro le quinte con la Loren).
E poi le lacrime disperate per la morte della figlia Cheyenne, suicida nel 1995, a 25 anni; la confessione per la fatica di mettere a nudo la sua anima in Ultimo tango a Parigi . Le musiche dei suoi film accompagnano il racconto, ma il regista ha scelto le note di Ludovico Einaudi per sottolineare l’amore, e la ricerca di pace interiore che Brando ha sempre cercato. Kurt Cobain non è meno segreto: nel documentario ci sono le confessioni sulle sue dipendenze, le verità sulle sue conquiste e anche l’ammissione dei fallimenti.
Brett Morgen nella prima parte, assieme alle immagini di Kurt bambino, ha creato un mondo d’animazione per spiegare l’ascesa del musicista e dei Nirvana, servendosi spesso anche dei disegni e degli schizzi di Cobain. I familiari, la moglie Courtney Love, il padre, la madre, la matrigna di Kurt parlano senza reticenze, mettendo anche loro stessi sul banco d’accusa.
KURT COBAIN CON COURTNEY LOVE E FRANCIS BEAN
Racconta il regista: «Otto anni sono stati necessari per realizzare questo lavoro. Il nostro lavoro è sintetizzato al meglio da una breve nota che Kurt ha lasciato, ripresa in un brano da Neil Young: “Better to burn out than to fade away” (meglio bruciare che svanire)».
Parole che valgono anche per la creatività e la complessità delle tante vite vissute da Marlon Brando.
ULTIMO TANGO A PARIGI MARLON BRANDO MARIA SCHNEIDER
marlon brando 12
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