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D.C. per “la Repubblica”
Dopo cinque mesi Francesco Merlo lascia la Rai. Collaboratore della direzione editoriale per l'offerta informativa, l'editorialista di "Repubblica" era stato chiamato a giugno da Carlo Verdelli e dal direttore generale Antonio Campo Dall' Orto. «Speravo - dice - di aiutare il giornalismo della Rai a liberarsi dalla soffocante dipendenza della politica. Vado via perché questa missione è impossibile».
Troppe polemiche e non solo. «Il clima si è fatto irrespirabile e il progetto di Verdelli, ricchissimo e innovativo nella progettazione del futuro, è stato sporcato e sabotato nei sottoscala dei poteri della Rai. Me ne vado perché con tenacia viene ingiuriato e calunniato il nostro lavoro, senza repliche, senza creare attorno a noi una minima solidarietà di squadra, con il silenzio dei vertici aziendali che dovrebbero invece rivendicare con orgoglio il nostro lavoro di questi mesi e quel progetto bandiera che è stato pensato al servizio della crescita culturale del paese».
Merlo rinuncia all'incarico biennale per il quale era stato concordato un compenso di 240mila euro l'anno. La sua lettera di dimissioni è partita ieri mattina. «Non posso stare in un posto nel quale non ci sono più le condizioni per portare a termine il lavoro che mi era stato offerto. Dico di più: ora temo che quelle condizioni non ci siano mai state e che il mio nome sia stato utilizzato per coprire una operazione gattopardesca, una foglia di fico sulla Rai delle clientele politiche contro la quale tanto avevo scritto».
Nella lettera di dimissioni Francesco Merlo ripercorre i mesi trascorsi e ricorda gli attacchi che ha subìto. «Non solo quelli scontati dei politici che stanno in Commissione di vigilanza, forse risentiti per gli articoli che in passato ho loro dedicato, ma soprattutto quelli pregiudiziali e sistematici, incredibili in un'azienda normale, di alcuni membri del consiglio di amministrazione, sia di maggioranza come Siddi, sia di opposizione come Diaconale».
Merlo sottolinea di avere inutilmente atteso una difesa aziendale e di non avere replicato neppure quando al team di Verdelli è stata attribuita la responsabilità di scelte piegate alle peggiori ragioni della politica: «Come avremmo potuto, proprio noi che siamo stati chiamati per liberare la Rai dalla politica, prendere decisioni al servizio della politica?».
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