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Marco Giusti per Dagospia
giulio base tiziana rocca foto di bacco
Come vi sembra il programma del 42° Torino Film Festival (22-30 novembre), il festival che venne fondato come Festival Internazionale Cinema Giovani nel 1982 dalla generazione di critici, tutti torinesi, più forte mai espressa in Italia nella seconda metà del secolo scorso? Gianni Rondolino, Alberto Barbera, Steve Della Casa, Roberto Turigliatto, Sergio Toffetti, Giulia D’Agnolo. Amici/nemici poi di nuovo amici. Certo, un gruppo di personalità diverse che hanno ancora potere nel cinema italiano, con Barbera al Festival di Venezia, Della Casa conservatore al Centro Sperimentale, Turigliatto a Fuori Orario, D’Agnolo che lavora sui film americani a Venezia.
Insomma, Torino è stato un vero e proprio fortino della cultura di sinistra, come avrebbero detto i Sangiuliano&Co., quest’anno, per la prima volta, passato nelle mani di un regista non certo di sinistra come Giulio Base, si è definito un anarchico (mah...), con un pubblico trinariciuto e snobbone come pochi che in questi quarant’anni è stato educato a un cinema totalmente da festival che non credo abbia mai visto o gradito un film diretto dal neo-direttore. Ci vuole un bel coraggio a entrare nella fossa dei leoni.
Complimenti! Quanto al programma… come mi sembra? Intanto più corto, con meno titoli, senza tre sale (quelle del Greenwich), con un occhio alle star, un po' fanée, verranno Ron Howard, Billy Zane, Sharon Stone, Julia Ormond, Rosario Dawson, Vince Vaughn, Alec Baldwin, Emmanuelle Béart, e non certo ai registi internazionali di culto o ai film. Che diventano quasi un orpello. Quando il cinema, i film, almeno a Torino, contavano. Come contavano le mitiche rassegne sulle nouvelle vague francesi, polacche, inglesi (io curai una mitica rassegna sul Cinema Novo brasiliano) o sul grande cinema di Hollywood. Quelle su Budd Boetticher, su Anthony Mann, su Robert Altman, su John Landis.
Rassegne che ora si traducono in una rassegnona un po’ precotta su una ventina di film di Marlon Brando introdotti ognuno, e questa devo dire è una cosa curiosa, da un critico italiano. Da Enrico Magrelli a Sergio Toffetti, da Maurizio Di Rienzo a Luca Beatrice. Confesso però che mi vedrei “Kids” di Larry Clark introdotto da Rosario Dawson, o “Swingers” introdotto da Vince Vaughn, anche “Romanzo popolare” di Mario Monicelli con l’incontro tra Ornella Muti e Michele Placido o Sharon Stone che presenta il capolavoro di Sam Raimi “The Quick and the Dead”.
Non sarà sicuramente male il film di apertura, un’anteprima, “Eden” di Ron Howard con Jude Law, Ana De Armas, Vanessa Kirby, Sidney Sweeney e Daniel Bruhl, accompagnato però dal solo regista, mentre ho qualche dubbio su “Waltzing with Brando” di Bill Fishman con Billy Zane ricostruito come Brando. Un bel po’ più ovvi “Pasqualino Settebellezze” di Lina Wertmuller presentato da Giancarlo Giannini, mentre mi sembra doveroso il ricordo di Daniele Segre, documentarista torinese da poco scomparso, col suo “Ragazzi di stadio”, vecchio ormai quanto il festival.
In generale mi sembra che Giulio Base abbia cercato di mantenere un equilibrio tra figure considerate di destra (Avati, Giannini, Mazzantini, la madrina Cristiana Capotondi) e qualche concessione al vecchio cinema torinese legato al Festival. I film del concorso, francamente, mi sono del tutto sconosciuti. Verranno giudicati da una giuria presieduta da Margareth Mazzantini. Ecco. Sono tutte donne le presidenti di giuria, Mazzantini, Roberta Torre e Michela Cescon. Bei nomi, in effetti. Vedo che tra i giurati spunta pure il professor Giovanni Spagnoletti.
Tra i documentari brillano la freschissima ultima opera dell’infaticabile Pupi Avati, “Un Natale in casa Croce”, “Il mestiere di vivere”, ritratto di Cesare Pavese della decana del cinema italiano Giovanna Gagliardo, ma anche “Paradise Paris” di Marjane Satrapi con Monica Bellucci. Tra i film in anteprima l’opera prima di Giovanni Esposito, frenetico attore napoletano, “Nero”, l’opera terza, se non sbaglio, di Giorgia Farina, “Ho visto un re”, scritta da Valter Lupo e Franco Bernini con Edoardo Pesce, Sara Serraiocco, Lino Musella, Gaetano Bruno. Ora il successo o meno di questa 42° edizione è tutta nelle mani del pubblico.
Devo dire che il festival è in crisi già da qualche anno, massacrato da dissapori interni, la vicinanza con Roma, che quest’anno mi sembra si sia accaparrato tutto o quasi, dalla competizione coi film sulle piattaforme. Non so se la cura Giulio Base sia quella giusta per tirare su un festival che aveva una così forte identità, sub-morettiana, sub-d’essai. Magari qualche star aiuterà. Staremo a vedere. Intanto Giulio Base ha già diretto due nuovi film.
GIULIO BASE sharon stone pronti a morire. alec baldwinGIULIO BASE
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