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Stefano Priarone per “la Stampa”
JOHN LASSETER ABBRACCIA STEVE JOBS
John Lasseter è stato il Walt Disney di fine millennio e inizio XXI secolo. E Toy Story il suo Biancaneve e i sette nani : esce nel 1995, scritto e diretto da lui, è il primo film d' animazione realizzato totalmente in computer grafica dalla Pixar, società d' animazione di cui Lasseter è uno dei fondatori, in collaborazione con la stessa Disney. Il film è un capolavoro: usando tecniche per l' epoca avanzatissime racconta una storia senza tempo, il mondo dei giocattoli (action figures, bambole, bambolotti di pezza), che sono vivi e il cui scopo è quello di divertire i bambini i quali a loro volta li ricoprono d' amore (del resto per i bimbi i giocattoli sono esseri reali).
Cosa succede quando lo sceriffo Woody, da sempre il giocattolo preferito del bimbo Andy e leader dei giocattoli della sua cameretta, viene scalzato dal nuovo acquisto, il ranger dello spazio Buzz Lightyear? Grazie al successo di Toy Story la Pixar diventa un colosso dell' animazione e nel 2006 viene acquistata dalla Disney con Lasseter direttore creativo dello studio di animazione Pixar e anche di quello Disney. Il terzo film, una storia elegiaca sulla fine dell' infanzia, esce nel 2010 (il secondo è del 1999) e sembra aver detto tutto sui personaggi. Andy va al college, i suoi giocattoli vengono regalati a un asilo, maltrattati dai bambini più piccoli, ma alla fine vengono regalati da Andy a un' altra bambina, Bonnie.
Invece ecco Toy Story 4 , diretto da Josh Cooley, un po' diverso dai precedenti. È il primo dalla defenestrazione di Lasseter (che inizialmente avrebbe dovuto dirigerlo), obbligato a dimettersi lo scorso anno a seguito di accuse di molestie sessuali sull' onda del #metoo. Woody non si trova molto bene con Bonnie. Non è il giocattolo preferito della bambina, che se ne costruisce uno da sola, con una forchetta, chiamandolo Forky. Lo sceriffo fa quasi da mentore a Forky che all' inizio non è consapevole di essere un giocattolo (pensa di essere «spazzatura»). Ma durante una gita con Bonnie e i genitori a un parco giochi Woody ritrova un' amica scomparsa da tempo, la pastorella Bo Peep. E il suo amore cambierà la vita dello sceriffo.
La lavorazione del film è stata lunga e laboriosa, ma è difficile non fare un parallelo fra Woody e Lasseter, entrambi a una svolta della propria esistenza. Bo Peep, già apparsa nei primi due film, ritorna in versione più eroica che mai, vera figlia del tempo: bambola emancipata che può fare a meno dei bambini. Se è il primo Toy Story dall' addio di Lasseter, la versione italiana è la prima senza Fabrizio Frizzi, scomparso lo scorso anno, a doppiare Woody (sostituito da Angelo Maggi), il che ne acuisce il lato malinconico.
Fra i nuovi personaggi spicca lo stuntman canadese Duke Caboom: simpatico ma anche un' accozzaglia di stereotipi sul Paese del Grande Nord, a partire dal look con tanto di bandiera canadese; inoltre il suo bambino lo ha rifiutato quando ha scoperto che non poteva fare i numeri acrobatici visti nello spot pubblicitario, da bravo canadese ottuso. I canadesi sono uno dei popoli più politicamente corretti del mondo: proprio per questo probabilmente è possibile sfotterli senza che se la prendano troppo.
Forse la saga avrebbe fatto meglio a terminare con il bellissimo terzo capitolo, ma la vecchia magia scatta ancora: Forky, sorta di spaurito giocattolo-bambino, è tenerissimo e, del resto, il tema tocca una delle corde profonde del nostro immaginario. Abbiamo tutti dei giocattoli che abbiamo amato nell' infanzia e probabilmente amiamo ancora.
Possiamo anche non giocarci più da anni, da decenni, ma li ameremo per sempre.
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