DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
Silvia Bizio per la Repubblica
Eclettico, trasformista, pronto a cambiare il proprio corpo se il ruolo lo richiede. Per il film che lo portato all’Oscar, Dallas Buyers Club, Matthew McConaughey aveva perso 20 chili: stavolta, per il suo nuovo lavoro, Gold, in uscita negli Stati Uniti il 25 dicembre, ne ha presi 22. Il film, diretto da Stephen Gaghan ( Syriana), è basato su una storia vera accaduta negli anni 80, quando un prospettore assetato di denaro, Kenny Wells, coinvolse Wall Street in uno scandalo per lo sfruttamento di una miniera d’oro.
«Kenny Wells già mi manca », dice l’attore. «A casa mi chiamavano Captain Fun (Capitan divertimento, ndr) perché la mia dieta prevedeva pizza o cheeseburger tutte le sere e non dicevo mai no a una birra! I ragazzini erano entusiasti! E devo dire che mia moglie Camilla amava un po’ di quella pancia».
McConaughey, ritiene che questo film sul cinismo finanziario e sul mercato azionario sia importante oggi?
«È la tipologia di film che più amo. Kenny Wells è un uomo qualunque, un sognatore, un “underdog”, nel senso di quello dato per perdente che alla fine vince. L’ho visto da ragazzino, crescendo: mio padre era così. Con quello spirito insaziabile. Ed è quello che spesso vogliamo vedere al cinema».
Il film sembra quasi una fenomenologia dell’avidità.
«Certo, c’è anche l’avidità, ed è qui che Wells si discosta da mio padre... Wells vuole l’oro, non solo la ricchezza. Dice che l’oro è diverso dai soldi, che è la realizzazione dei sogni. Ed esagera: i sogni non hanno valore monetario».
Lei sente di averli realizzati?
«Le racconto una storia: nel 1990, prima di girare La vita è un sogno e Il momento di uccidere, i film che mi hanno lanciato come attore, mi ero preposto 10 obiettivi: li ho scritti in un diario e me li sono scordati! Due anni fa, per caso, quel diario mi è capitato tra le mani: l’ho aperto e mi sono reso conto di aver raggiunto tutti e dieci gli obiettivi. Compreso il sogno di andare in Africa a inseguire una persona che mi avrebbe detto qualcosa importante nella mia vita».
Ce ne parla?
«È l’avventura che mi è più cara, un viaggio che ho fatto in incognito, fingendo di essere un lottatore. Sono finito in un villaggio a 100 chilometri dalla fonte di elettricità più vicina e un gruppetto di ragazzi mi ha sfidato a un match. All’improvviso sono scappati perché si è presentato il vero campione di lotta della zona che mi ha invitato a un match nel ring... mi è venuta una gran paura, ma ho combattuto.
Così abbiamo lottato e lui si deve esser reso conto della mia inadeguatezza, e il giorno dopo in segno di rispetto mi ha accompagnato mano nella mano per 20 chilometri fino al villaggio accanto. Cinque anni dopo sono tornato: aveva 5 figli e non lottava più, ma mi ha accompagnato di nuovo mano nella mano per 20 chilometri al villaggio accanto. Sogno di tornarci con i miei figli: non dirò mai il nome del villaggio né della nazione, perché è l’unico posto dove posso andare senza timore di essere riconosciuto».
L’abbiamo vista in televisione in “True Detective” e in film assai diversi uno dall’altro. Ha anche partecipato al doppiaggio del film di animazione “Sing”. Cosa cerca in particolare nel suo lavoro?
«Tutto quello che mi eccita. Ho capito che nella vita ciò che accade non è mai quello che hai stabilito di fare. Non seguo mai un copione prestabilito. Per True Detective mi è piaciuta l’idea e ho detto di sì, punto. Ho fatto la voce per Sing per i miei figli, che sono ancora piccoli. Insomma, voglio dire che non ho una strategia precisa».
Ricorda il primo film che l’ha commossa?
«Il King Kong di Dino de Laurentiis, quello che ha lanciato Jessica Lange. Ho pianto per quel film, pensavo davvero che lei e King Kong ce l’avrebbero fatta!».
Il suo personaggio in “Gold” è fedele solo alla moglie... e lei?
«Mia moglie Camilla è il migliore banco di prova e cassa di risonanza per me. Quando preparo un personaggio è a lei che lo descrivo per primo, per pochi minuti, e ascolto attentamente quello che ha da dire, che poi risulta sempre prezioso. Camilla mi fa tutte le domande giuste. E le sue domande mi chiariscono le idee sul mio personaggio. Una compagna splendida, e una mamma fantastica. Sono un uomo e un marito fortunato. Certo che le sono fedele».
Le manca la vita da pazzo che faceva prima del matrimonio?
«Un po’ sì perché non posso fare una delle cose che più amo: mettermi un sacco sulle spalle e partire da un momento all’altro. Non posso più prendere un biglietto di sola andata per qualche parte del mondo dove non c’è telefono. Non posso più andarmene per 21 giorni di seguito.
Quando i miei figli saranno più grandi andrò con loro dalla mia tribù in Africa. Ora i miei figli sono parte della mia avventura, continuerò ad avere avventure anche con la mia famiglia. Ciò detto, ho ancora bisogno di ritagliarmi spazi solo per me: vado via per una settimana e mia moglie è brava a dirmi “vai”, e a dirmi, “rimani se ne hai ancora bisogno”. Ma non sto più via per intere settimane».
MATTHEW MCCOUNAGHEYMATTHEW MCCONAUGHEY
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