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Marco Travaglio per il “Fatto Quotidiano”
Quando esce dalle quinte di profilo, mostrando il codino sulla nuca e il nasone sempre più ossuto, sulle note de L' era del cinghiale bianco, Franco Battiato precipita i suoi fans nella magia di 35 anni fa.
Era il 1981, l' anno de La Voce del Padrone che lo lanciò per mesi e mesi in vetta alle classifiche (il primo a superare il milione di copie vendute), ma anche di Per Elisa, il brano da lui scritto e composto con Giusto Pio che portò Carla Bissi da Forlì, in arte Alice, a vincere Sanremo. Anche allora Battiato sfoggiava il codino e, in più, portava occhiali neri e brandiva il megafono per la cover dell' album, Bandiera bianca.
In questa tournèe-revival, che passa di sold out in sold out in tutta Italia, il cantautore catanese riporta con sè la sua amica e musa, insieme alla sontuosa Ensemble Symphony Orchestra.
E ripropone tutto l' album che lo rese celebre, anche le canzoni che ha sempre snobbato come bagatelle riempitive, come Sentimiento nuevo e Centro di gravità permanente, oltre ai due inediti appena usciti nel cofanetto antologico di Natale (Lo spirito degli abissi e Le nostre anime, dove senza false modestie intravede "qualcosa di soprannaturale") e ad altri successi del passato remoto e recente.
Molte cose sono cambiate, in questi 35 anni, che sono anche l' esatta metà della sua vita. Franco si è sempre più spogliato della giocosità commerciale per salire le vette dell' ascetismo, del misticismo, della spiritualità sincretista che considera "la mia vera professione, mentre la musica è un hobby". Studia, legge, ricerca e medita molto, s' è prestato per qualche mese alla politica nella sua regione che l' ha prontamente restituito, gira il mondo (è appena stato in tour negli Usa e in Sudamerica) e parla pochissimo. A monosillabi.
Ma non ha mai perso la voglia di divertirsi, la naiveté di chi vive in mondi lontanissimi per non sporcarsi con questo e l' adorabile sprezzatura che lo porta a non prendersi mai totalmente sul serio. L' idea della reunion con Alice gli è venuta cantando con lei due anni fa all' Arena di Verona nel concerto con Anthony and the Johnson: l' ultima volta era stata all' Eurofestival del 1984, quando cantarono I treni di Tozeur.
Dalla scenografia, più scarna che mai, sono scomparsi i tappeti orientali e sono rimaste due sedie, una per lui una per Alice. Già, perché Battiato si ostina a cantare da seduto. E lo fa con una nonchalance quasi disarmante, persino accavallando le gambe (chissà il diaframma, intanto, dove se ne va), come se stesse sorseggiando il tè delle cinque. Al Caffè de la Paix, naturalmente.
MARCO TRAVAGLIO E FRANCO BATTIATO
La voce non ne risente, anche se è cambiata: sempre più vellutata ed essenziale, ma ancora perfetta per l' alchimia con i toni bassi e i timbri forti del vocione di Alice ("A 13 anni persi completamente la voce per uno choc, poi la riconquistai nota per nota: ecco perché canto così"). Una voce ridotta all' osso, come il fisico del cantante-asceta.
Alice arriva a metà concerto, prima da sola con i suoi pezzi forti (oltre a Per Elisa, ci sono Il vento caldo dell' estate e altri titoli meno noti). Poi duetta con l' amico ne I treni di Tozeur, Prospettiva Nevsky, La realtà non esiste e, a sorpresa (anche per lei, dal primo concerto di Torino), L' animale.
Poi torna Battiato per il gran finale, con i brani più ritmati che richiamano il pubblico sotto il palco a ballare. In tutto 28 titoli in scaletta, due ore di concerto che si vorrebbe non finisse mai, rubando al maestro nell' ultimo bis fuori programma anche l' ultimo fil di voce.
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