CHI L’HA VISTO? ERA DIVENTATO IL NOSTRO ANGOLO DEL BUONUMORE, NE SPARAVA UNA AL GIORNO: “QUANTE…
Marco Giusti per Dagospia
tre tocchi marco giallini luca argentero foto dal film 2 mid
Festival di Roma. Anche se il Corriere della Sera snobba il festival e lo relega nelle pagine delle cronache, le cose qua funzionano piuttosto bene. A parte la balzana idea del direttore scelto col bando di concorso. Cosa di per sé lodevole, ma che in Italia porta sempre a non grandi risultati. Pienone per gli Spandau Ballet e per il bellissimo "Gone Girl" di David Fincher.
E’ una bella sorpresa anche questo sentito, divertente, particolarissimo “Tre tocchi”, diretto da Marco Risi, che lo ha pure prodotto assieme a Andrea Iervolino e Monika Bacardi, e scritto assieme a Riccardo De Torrebruna e Francesco Frangipane, interamente dedicato al mestiere dell’attore, al complicato intreccio di ossessioni, paranoie, follie, desideri che creature spesso fragili si trovano a affrontare giorno dopo giorno in attesa di una scrittura o di una piccola improvvisa maggiore visibilità.
“Come hai detto che ti chiami?”. Ecco. In questa frase di Paolo Sorrentino, rivolta all’attore che sta provinando per chissà quale ruolo, c’è un po’ tutto il dramma della professione dell’attore. Anni spesi per costruirsi un’identità, un volto, un nome, in mezzo a centinaia di altri volti e di altri nomi che vengono distrutti da una semplice battuta di un regista famoso che potrebbe cambiare il corso della tua carriera e della tua vita.
“Tre tocchi” è poi la massima calcistica, che si adatta alla vita, che ripete come una litania il vecchio Giacomino Losi, grande calciatore della Roma di un tempo che oggi allena la squadra degli attori calciatori, fondata più di trenta anni fa da Pier Paolo Pasolini. Ecco, in un mondo sospeso fra Losi e Pasolini, si muovono i corpi dei nostri eroi, protagonisti in gran parte ignoti che si incontrano sui campi di calcio e negli spogliatoi per poi affrontare la vita e i problemi di tutti i giorni.
tre tocchi argentero santamaria giallini
C’è la star delle fiction, Gilles Rocca, che pensa di poter aspirare a qualcosa di più alto, magari al teatro. C’è l’attore di teatro impegnato, Leandro Amato, che torna a Napoli per interpretare una pièce di Annibale Ruccello, “Le cinque rose di Jennifer”, ma soprattutto per affrontare gli errori di un passato politico che non ha mai digerito. C’è l’attore giovane, Antonio Folletto, che vive con una star ben più vecchia di lui, una Ida Di Benedetto favolosa che arriva a placcarlo per i piedi per non farlo scappare per sempre di casa.
C’è quello che si divide tra una donna ignorante a casa e un padre morente all’ospedale e sfoga nel sesso violento i suoi tormenti. Quello che si ritrova a fare un provino a casa di un regista gay che si traveste da donna. Marco Risi e i suoi sceneggiatori mettono in scena decine e decine di situazioni in parte divertenti in parte frustanti, ma quasi sempre vere o verosimili, che i suoi protagonisti si ritrovano a vivere normalmente. Con apparizioni fulminanti di star in ruoli amichevoli.
Maurizio Mattioli è l’unico avventore di un ristorante dove uno degli attori fa un concerto sfigatissimo. “Se passasse un gatto nero da queste parti si gratterebbe i coglioni”, commenta amaramente. Un altro, Vincenzo De Michele, che lavora in un grande albergo come cameriere, sogna prima di trombarsi Valentina Lodovini, poi, dopo aver ceduto al regista gay, si ritrova in bagno un trio formato da Marco Giallini, Claudio Santamaria e Luca Argentero travestiti da drag queen e Argentero che lo bacia in bocca.
Il pusher di Gilles, ad esempio, è Paco Reconti, che si esibisce in un incredibile numero da ballerino che racconta la sua vocazione di piccolo Nureyev etero. Rispetto al cinema che vediamo di solito, “Tre tocchi” è un film a basso costo, 450 mila euro, ma liberissimo e molto aperto, come se il budget non avesse nulla a che fare, e infatti è così, con la messa in scena di un film. Girato benissimo, il film ha una struttura assolutamente non tradizionale, apparentemente molto frammentaria, e libera nello sviluppare storie e situazioni non previste, come se potesse permettersi il lusso di esplorare zone che nel cinema tradizionale italiano non si esplorano mai.
marco risi con il cast di tre tocchi
Passando da battute pesanti e fulminanti, “Vuoi cazzo?”, a un geniale dibattito su Berlusconi visto da destra nel ristorante “Al Biondo Tevere”, dove mangiò per l’ultima volta Pasolini prima di dirigersi con Pino Pelosi verso Ostia e trovare la morte. E’ forse questo uno dei momenti più belli del nostro cinema di questi ultimi anni che ci potrebbe aprire gli occhi su un autore, Marco Risi, non sempre fortunato e risolto, ma sempre attento a rinnovarsi, a capire gli umori del tempo, sempre pronto a mettersi totalmente in gioco. Al punto che penso che la sua opera andrebbe rivista e riletta con attenzione.
Certo, non tutto è riuscito in questo “Tre tocchi”, ma trasmette una grande energia, non è mai banale, fa da ponte tra la commedia risiana paterna più classica e i nuovi modelli di cinema italiano con grande finezza e intelligenza. E ha un cast spettacolare di volti nuovi e volti noti, da Max Benvenuto, Vincenzo De Michele, Fabrizio Nevola a Jonis Bascir, autore anche delle musiche, Emiliano Ragno a Francesca Inaudi, Ottaviano Dell’Acqua, Marcello Mignelli, Marco Guadagno. Tutti ugualmente bravissimi.
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