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“VOGLIAMO UN GRANDE FLIPPER DOVE I RAGAZZI SONO LE PALLINE”. IL PIPER FA 60 E RIVIVE IN UN LIBRO DI CORRADO RIZZA CHE RACCONTA I PRIMI 5 ANNI DI VITA DELLA MITOLOGICA DISCOTECA DI VIA TAGLIAMENTO – “È STATO PER I GIOVANI IL POSTO DELLA MODERNITÀ. QUELLO DOVE DAL BALLO DELLA MATTONELLA SONO PASSATI ALLO SHAKE” – ANDREOTTI SEDUTO SU UNA POLTRONA SUL PALCO A SPIEGARE LA POLITICA AI RAGAZZI, MISTER FRANZ CHE PROVO' A PORTARE IN DISCOTECA ANCHE PAPA GIOVANNI PAOLO II, DAVID BOWIE E I SEMISCONOSCIUTI NIRVANA, CON KURT COBAIN CHE DISTRUSSE LA CHITARRA, MINACCIÒ DI BUTTARSI DA UNA TRAVE E… - VIDEO

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Estratto dell'articolo di Alba Solaro per "Il Venerdì – La Repubblica"

 

piper club copertina corrado rizza

Il Piper era al centro del mondo quando «i capelli si allungavano e le gonne si accorciavano» ricorda Corrado Rizza, «le ragazze uscivano di casa con le gonne lunghe il consueto, e prima di entrare nel locale le arrotolavano su». Del resto il twist reclamava gambe libere per ballare. 

 

Anche Patty Pravo, allora ancora Nicoletta Strambelli, si era fatta notare in pista per come sapeva muoversi; Alberigo Crocetta, uno dei fondatori del club, le aveva chiesto se sapeva cantare altrettanto bene; lei spavalda aveva detto di sì, e così il club di via Tagliamento aveva trovato la sua diva. 

 

Il 17 febbraio il locale romano che ha ispirato mitologie pop, culti beat, film vanziniani e serie tv, compie 60 anni, un bel traguardo. È tra i più longevi in Europa, «in Italia è il secondo» precisa al telefono Giancarlo Bornigia jr, figlio dell'altro mitico fondatore, 

(…) E comunque non è solo una questione di anzianità se il 17 il Piper si autocelebra con una grande festa a inviti piena di dj e protagonisti della sua lunga e pirotecnica storia. 

 

patty pravo foto marcello geppetti:mgmc

Collegato da Miami dove ora vive, Corrado Rizza, dj e regista, si presenta come «cintura nera del Piper» (è suo anche il docu Piper Generation, ora su RaiPlay). Ha scelto di riassumerne i primi cinque anni in Il Piper Club. Tempio del beat dal 1965 (VoloLibero edizioni), libro pieno di interviste, racconti e una pioggia di foto – oltre 200, spesso inedite, molte prese dall'archivio di Marcello Geppetti che sta al Piper come Tazio Secchiaroli sta alla Dolce Vita.

 

Perché proprio i primi cinque anni? «Perché sono stati il Big Bang, quelli in cui in Italia esplose una vera rivoluzione culturale, una rivoluzione pacifica, fatta di cambiamenti, musica, sesso. E il Piper è stato per i giovani il posto della modernità. Quello dove dal ballo della mattonella sono passati allo shake. Non a caso il 1965 è stato anche l'anno dell'unico tour italiano dei Beatles, peccato che qui ancora li descrivessero come dei capelloni drogati, tanto che la Rai manco mandò una troupe all'Adriano per riprenderli».

 

 

 

 

chiusura del piper perche i giovani non studiavano

Giancarlo Bornigia, Alberigo Crocetta e Piergaetano detto Pucci Tornielli erano tre giovani amici della Roma bene, avevano girato il mondo, si erano detti: perché non aprire anche qui un locale come quelli della Swingin'London? «Si rivolsero all'architetto Capolei: lo vogliamo come un grande flipper dove i ragazzi sono le palline», continua Rizza. Un flipper da museo d'arte contemporanea. Un intero capitolo del libro è dedicato alla storica scenografia realizzata da Claudio Cintoli, «grande artista purtroppo scomparso, che la allestì con arte povera, per esempio dei copertoni incastrati nella parete, e un grande murale chiamato Il giardino di Ursula. 

 

Purtroppo di quella scenografia non c'è più niente, se non i bozzetti. Ma nel locale giravano tantissimi artisti. New York aveva Warhol, il Piper aveva Mario Schifano. Che nel 1967 organizzò un concerto del suo gruppo chiamato Le Stelle, nato un po' sulla falsariga dei Velvet Underground di Lou Reed. 

 

Era l'epoca delle sperimentazioni psichedeliche, la serata si intitolava Grande angolo, sogni stelle, ne nacque un disco che credo sia il più raro del prog rock italiano, ne avranno stampate non più di cinquecento copie. Non so quanto valgono oggi, di sicuro ne ha una Giampiero Mughini». 

brian jones foto marcello geppetti:mgmc

 

Al Piper, dove il piccolo Bornigia («darmi il suo stesso nome è stato il più grande regalo di mio padre») arrivava di corsa dopo scuola «non per la musica, ero ancora piccolo, ma per i videogame; c'erano Pac-Man, Space Invaders, e Kick-Off, il gioco di calcio più bello al mondo. Ecco, quando chiudo gli occhi e penso al mio ricordo preferito del Piper è la finale Italia-Germania nel 1982, in cui vincemmo 3-1, vista sul mega schermo del club con mille persone». 

 

Ma il culto del locale si è nutrito di ben altro, a partire dalla tribù dei "piperini", i giovanissimi habituè che oggi chiameremmo influencer. «Al Piper i giovani andavano per farsi vedere e per vedere gli altri, lontano dai matusa: Loredana Bertè, Renato Zero, Renzo Arbore, Stefania Rotolo, Luigi Tenco. E Mita Medici, che faceva girare la testa a tutti; le Orme le dedicarono anche una canzone. Oppure Marina Marfoglia, oggi scomparsa. Era la fidanzata di Mal dei Primitives, ed ebbe la fortuna di seguire i Beatles la sera che Gianni Minà li portò al Piper ma rinunciarono ad entrare e andarono al Club 84 a mangiare spaghetti; lei si fece fare l'autografo e poi tornò a casa perché la madre l'aspettava alla finestra».

piper patty pravo foto marcello geppetti:mgmc

 

gli effetti speciali Tra i divanetti del Piper si incrociavano Luchino Visconti, Elsa Martinelli, Alberto Sordi, Fellini. Totò ci girò un episodio di Tutto Totò (1967) intitolato Totò Ye Ye. Ma il mito lo ha fatto la musica. Difficile oggi immaginare un locale dove negli anni hanno suonato i Pink Floyd e Duke Ellington, l'Equipe 84 ma anche i Babyshambles di Pete Doherty. La stagione più leggendaria rimane la prima, ci sono passati gli Who, Sly & the Family Stone, Van Der Graaf Generator, i Genesis: «A Miami ho avuto la fortuna di andare a casa di Phil Collins per un lavoro», riprende Corrado Rizza, «e lui mi ha detto: lo sai che eravamo più famosi in Italia che in Inghilterra? Le sonorità un po' barocche che avevamo erano molto più apprezzate da voi».

 

mal foto guglielmo coluzzi

«Qui è transitata anche tanta politica», rivanga Bornigia jr., oggi alla direzione di AssoIntrattenimento, «Mister Franz (alias Francesco Giavatto, ndr), che fu il direttore artistico negli anni Ottanta, era molto attento alle relazioni istituzionali. Ricordo un venerdì sera Andreotti seduto su una poltrona sul palco del Piper che spiegava a centinaia di ragazzi il funzionamento della politica. Così lontano da questi tempi di totale scollamento; oggi chi opera in questo settore si sente davvero abbandonato». 

 

Mister Franz aveva cercato di portare in discoteca anche Papa Giovanni Paolo II. La sua stagione fu quella delle finte nevicate nel locale, i pattini a rotelle, ma anche ospiti leggendari: David Bowie suonò nel 1987, nell'89 salirono sul palco gli allora semisconosciuti Nirvana, freschi dell'album Bleach, uno show psicodrammatico al termine del quale Kurt Cobain distrusse la chitarra, minacciò di buttarsi da una trave e fu a un passo dallo sciogliere la band. La ciliegina sulla torta del libro di Rizza sono le playlist, quelle vere dell'epoca. 

articolo chiusura piper

 

Hanno persino il QR code per ascoltarle in streaming: James Browne, Wilson Pickett, Kinks, Moody Blues, Bob Dylan. «Giuseppe Farnetti ha fatto un lavoro pazzesco», racconta Rizza. «Ha ritrovato tutti i borderò Siae dell'epoca. Lui è stato il primo tecnico del suono, e anche il primo dj, quando Bornigia gli chiese di mettere qualche 45 giri nei tempi morti tra una band e l'altra».Nel '67 arrivò la prima dj professionista, Janice Munro, direttamente da Londra, capelli lunghi e fascino da fatina hippie.

 

Farnetti è ancora oggi ricordato «perché fece impazzire i Pink Floyd. Per sbaglio lavando i vetrini di un proiettore lasciò attaccato un po' di sapone», conclude Rizza, «e ne vennero fuori degli effetti psichedelici che la band inglese invece otteneva in modo più costoso, squagliando delle gelatine. Per scoprire come aveva fatto mandarono un tecnico in cabina; ma l'assistente di Farnetti spaccò una bottiglia, sparse i frammenti, e l'inglese, a piedi nudi da vero hippie, rimase fregato».

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