DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
ariela piattelli per la Stampa
Nacque esattamente 100 anni fa a Roma, in un agglomerato di case popolari nel cuore di Trastevere, Alberto Sordi. Lì un evento gli cambiò la vita: a 3 anni finì sotto ad un'automobile, ne uscì salvo, e il popolo di Trastevere assieme alla famiglia gridò al miracolo. Quel giorno si tenne il suo primo vero spettacolo da protagonista:
«Questo aneddoto me lo raccontò la sorella Aurelia», ricorda Luca Verdone, regista, che adesso sta lavorando per la Fondazione Alberto Sordi, di cui è curatore e consulente, ad una riedizione prodotta in collaborazione con Rai Cinema del programma televisivo Storia di un italiano, che Sordi fece nel '79.
«Il giorno dell'incidente Alberto sfuggì dalle mani di sua madre, la signora Maria, e della sorella, e finì sotto ad una macchina. Davanti agli occhi e la disperazione di tutti ne uscì incolume camminando "a quattro zampe".
Così le popolane in una specie di processione portarono il piccolo miracolato nella chiesa di Santa Maria in Trastevere, lo misero su un tronetto e iniziarono a cantare per ringraziare la Madonna». In quella chiesa Sordi fece poi da chierichetto, e la sua "carriera ecclesiastica" continuò quando fu scelto per il coro delle voci bianche alla Cappella Sistina. «Da bambino Alberto in realtà era un vero discolo» continua Luca Verdone che, come suo fratello Carlo, Sordi lo conosceva bene, sin da quando era bambino: «Eravamo vicini di casa, tiravamo i sassolini sulle finestre di Alberto, e lo chiamavamo a gran voce, Aurelia aveva paura che lo svegliassimo e andava su tutte le furie.
Negli anni '80 divenne una frequentazione più assidua: Alberto veniva spesso da noi, mia madre gli preparava le sue amatissime fettuccine». La fede, il cattolicesimo, continuarono ad avere un posto di primo piano nella vita dell'Albertone nazionale. Nel Museo Alberto Sordi allestito nella sua casa, che aprirà ufficialmente il 16 settembre, ci sono tante fotografie con i Papi: «Li ha conosciuti tutti. Aveva un rapporto particolare con Giovanni Paolo II, ci sono moltissime foto con dediche.
Alberto era un credente, devoto, osservante della teologia cattolica. Proprio come la sua famiglia. Lui non parlava mai delle sue opere pie, invece aiutava molte persone, anche economicamente. Faceva beneficenza, e l'ha fatta fino all'ultimo».
Nei suoi oltre 150 personaggi ci sono anche i preti e i monsignori, ruoli che Sordi interpreta spesso per mettere a nudo una realtà, l'ipocrisia dei costumi, della società. «Il suo cinema è un mélange di vari elementi: era un grande osservatore della realtà, prendeva i personaggi veri dalla vita, li osservava e li riproponeva sul grande schermo. Faceva un lavoro di imitazione, soprattutto dei tic e delle manie. Nel bene e nel male. Ha interpretato dal barbiere al netturbino, dal mercante di armi al dirigente d'azienda. Li ha fatti tutti.
Sordi è un campionario della tipologia sociale italiana. E' stato anche criticato per questo - dice Verdone, mentre indica un vecchio articolo di Pier Paolo Pasolini - qui Pasolini critica apertamente Sordi perché secondo lui rappresentava il peggio degli italiani e per questo non piaceva all'estero. Mentre Sordi rappresentava la piccola borghesia in tutti i suoi aspetti, Pasolini la disprezzava.
Sordi invece voleva far riflettere, il suo cinema era uno specchio. Pasolini vedeva forse solo lo specchio, che indica i mali senza i rimedi». Anche sulla religione lo sguardo del cinema di Sordi è molto disilluso: «Credo che il rapporto con la religione nel suo cinema sia una boutade ironica su se stesso - conclude Verdone -. Di lui diceva che sarebbe andato in Paradiso, e che lì avrebbe avuto una suite». L'ironia, forse, di chi ci crede sul serio.
OGGI SARÀ RICORDATO IN CAMPIDOGLIO NEL CENTENARIO DELLA NASCITA
vittorio de sica alberto sordi
Fulvia Caprara per la Stampa
Nessuno era mai stato così diretto, così intollerante, così irresistibile. Nella sequenza celeberrima di Ecce bombo, capelli lunghi, camicia bianca svolazzante fuori dai pantaloni, Nanni Moretti, esasperato, aggrediva l'avventore di un bar che discettava di italianità in un trionfo di qualunquismi.
professor kranz paolo villaggio 3
Sulla battuta «rossi e neri sono tutti uguali», il suo alter-ego Michele Apicella sbottava urlando: «Ma che siamo in un film di Alberto Sordi? Te lo meriti Alberto Sordi, te lo meriti». Il caso di lesa maestà divenne subito leggendario e lo stesso Moretti, molti anni dopo, in un video in cui parlava del suo cinema durante una lezione di Pilates, raccontava:
Andreotti con Alberto Sordi a Roma nel 1978 (Radogna)
«Il pubblico delle proiezioni di Ecce bombo era sempre generoso, disponibile, ridanciano... ma quando arrivava la battuta su Sordi calava in sala un gelo, come se avessi bestemmiato in chiesa». Eppure, del mito Alberto Sordi (che oggi sarà ricordato in Campidoglio nel centenario della nascita) fanno parte ricordi e testimonianze di quelli che non lo amarono affatto, ma che, anzi, leggendo nella sua opera l'esaltazione della cattiva coscienza italiana, gli imputarono i difetti che rappresentava.
Dalla critica francese, ma anche di molti altri Paesi, che bacchettò l'abitudine sordiana di irridere il male fino alle sue più estreme conseguenze a quella radical-chic che gli imputava la matrice democristiana, furono in tanti, a suo tempo, prima che l'agiografia mettesse tutto a tacere, quelli che su Albertone ebbero da dire e ridire: «Alla comicità di Sordi - diceva Pier Paolo Pasolini - ridiamo solo noi italiani, ridiamo, e usciamo dal cinema vergognandoci di aver riso, perché abbiamo riso sulla nostra viltà, sul nostro qualunquismo, sul nostro infantilismo».
Quel modo di far ridere, proseguiva l'autore, «quella comicità piccolo borghese e cattolica, fondamentalmente senza nessuna fede, senza nessun ideale, non urta e non urterà mai la censura italiana. Urta e urterà sempre chi possiede una sensibilità civica e morale, cioè la media dei pubblici francesi e anglosassoni».
Attacchi e distinguo arrivavano anche dal suo mondo, dai compagni di strada che avvertivano diversità di comportamenti: «Tognazzi - racconta Goffredo Fofi nel suo libro Alberto Sordi L'Italia in bianco e nero (Mondadori) - diceva "non sono l'attore carismatico che ha fatto di tutto per esserlo, Sordi ha lavorato tutta la vita per essere quello che è oggi per il pubblico, l'Albertone nazionale. Io, invece, sono un Ughetto nazionale, modestamente, non ho fatto niente per essere un Ugone nazionale».
E ancora: «Ho visto in tv l'ingresso di Sordi a Sanremo - commentava Tognazzi -, somigliava molto al Papa, mentre io continuo a somigliare solo a me stesso». Proprio sul piccolo schermo, nel novembre del '91, Sordi pronunciò una battuta che fece scalpore: «Oggi libertà e disordine vanno sottobraccio», mentre in passato, aggiunse in varie interviste, «portavamo tutti la divisa ed eravamo tutti uguali». Nel fiume di reazioni che seguì, due furono i commenti più netti: «Nessuna sorpresa - commentò Mario Monicelli -, Sordi è sempre stato fascista».
E comunque, gli fece eco Furio Scarpelli, «I suoi non sono pensieri da fascista, ma da balilla». D'altra parte la sentenza di Fofi sul Sordi politico è categorica: «Uomo d'ordine, nuovo ricco, veterocattolico, nostalgico del fascismo, Alberto Sordi ebbe migliori frequentazioni e maggiori affinità non con i fascisti né con i comunisti, né con il meglio della tradizione cattolica legata al sociale e a ideali di carità, ma proprio con quella più fosca. Suo amico fu Andreotti e, almeno indirettamente, Cossiga».
La scomparsa dell'artista, spiega Tatti Sanguineti, critico e autore del volume Il cervello di Alberto Sordi Rodolfo Sonego e il suo cinema (Adelphi), provocò la «monumentalizzazione» del fenomeno Sordi, un evento su cui Mario Monicelli, parlando con il regista Franco Maresco, si era espresso con l'abituale, lucida ironia: «Vorrei rivolgermi a Walter Veltroni, un caro amico, una persona gentile, vorrei pregarlo di evitare quelle manifestazioni gigantesche che si sono fatte per Togliatti, Berlinguer, oppure, più modestamente, per Fellini, Mastroianni, Sordi... vorrei che le cose fossero un tantino più regolari, più modeste, e un po' più divertenti».
ALBERTO SORDI UN AMERICANO A ROMA STENO
Con una frecciata trasversale, Paolo Villaggio era riuscito a inchiodare in un sol colpo sia Sordi che la romanità da lui così ben delineata: «Sordi è quello che ha fatto capire, più esattamente di tutti, quello che è il cinismo dei romani». Per loro, aggiungeva l'attore, «è stata una lezione e una terapia. Dopo Sordi, i romani hanno accettato l'idea di essere un pochettino come lui». -
alberto sordi e paola cominalberto sordi fumo di londra 1
waltyer veltroni fabrizio corallo riccardo rossi ricordano alberto sordi foto di baccoALBERTO SORDI VILLAGIULIO ANDREOTTI E ALBERTO SORDI NE 'IL TASSINARO'ALBERTO SORDI ANNA MAGNANI LA CAMPANAALBERTO SORDIALBERTO SORDI E GIOVANNA RALLIsordi verdone 1CITAZIONE ALBERTO SORDIALBERTO SORDIcarlo verdone ricorda alberto sordialberto sordi con carlo e enrico vanzinamonica vitti alberto sordimonica vitti e alberto sordialberto sordi venezia,la luna e tusanremo 1981 alberto sordi e claudio cecchettoalberto sordi fumo di londra ALBERTO SORDI IN FINCHE C'E' GUERRA C'E' SPERANZAalberto sordi fumo di londraALBERTO SORDIalberto sordi con le sorelle aurelia e savinaALBERTO SORDI IL VEDOVO ALBERTO SORDI DOVE VAI IN VACANZAalberto sordi a capracotta ce faccio un mese de villeggiaturaFRANCA VALERI ALBERTO SORDIALBERTO SORDI DETENUTO IN ATTESA DI GIUDIZIOIL TRIO MARCHESINI SOLENGHI LOPEZ CON ALBERTO SORDInino manfredi alberto sordinino manfredi monica vitti alberto sordialberto sordialberto sordi vigilealberto sordi ph elio vergatiALBERTO SORDI VILLAALBERTO SORDI VILLAalberto sordialberto sordialberto sordipiero chiambretti alberto sordi carlo frecceroalberto sordi andreina pagnanialberto sordi alberto sordi video proiettato in ricordo di alberto sordialberto sordi il marchese del grillovaleria marini alberto sordi silvano mangano alberto sordiOLIVER HARDY - STAN LAUREL - ALBERTO SORDI
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