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LA VENEZIA DEI GIUSTI – “DEAD MAN’S WIRE”, ULTIMO FILM DI GUS VAN SANT, CI RIPORTA INTATTO IL MONDO DEI GRANDI FILM DI VIOLENZA URBANA ALLA SIDNEY LUMET, RINFRESCATO DAL GRANDE TEMA CENTRALE DEL CINEMA AMERICANO ATTUALE, LA LOTTA DI CLASSE - UN BEL VIAGGIO NELLA RIDENTE INDIANAPOLIS DEL 1977, QUANDO IN DIRETTA TV O QUASI LO SVITATO TONY KIRITSIS, PRESE IN OSTAGGIO DICK HALL, FIGLIO DEL BOSS DEI MUTUI IMMOBILIARI DELLA CITTÀ, LEGANDOGLI UN FILO DI FERRO AL COLLO CHE ERA COLLEGATO CON UN FUCILE A CANNE MOZZE PRONTO A SPAPPOLARGLI IL CERVELLO - AVREBBE POTUTO BENISSIMO STARE IN CONCORSO, SE NON FOSSE COSÌ APERTAMENTE UN FILM SU COMMISSIONE…
Marco Giusti per Dagospia
Facciamoci un bel viaggio nell’America, anzi nella ridente cittadina di Indianapolis del 1977, quando in diretta tv o quasi lo svitato Tony Kiritsis, grande fan del DJ Fred Temple, prese in ostaggio Dick Hall, figlio del boss dei mutui immobiliari della città, legandogli un filo di ferro al collo che era collegato con un fucile a canne mozze pronto a spappolargli il cervello se avesse provato a scappare o a muoversi troppo.
Quello che voleva lo svitato Tony era la fine del suo debito e vendicarsi di un affare che non aveva portato a termine per colpa del padre di Dick.
Tratto da una storia non solo vera, ma anche documentata da dirette tv e radiofoniche, oltre che da un bel documentario di qualche anno fa, come va di moda ultimamente, “Dead Man’s Wire”, ultimo film di un maestro come Gus Van Sant, assente dalla sala dal 2015 (“La foresta dei sogni”), ma attivissimo nel mondo delle serie tv (la strepitosa “Feud” dedicata a Truman Capote e alle sue amiche miliardarie), ci riporta intatto il mondo dei grandi film di violenza urbana alla Sidney Lumet, rinfrescato dal grande tema centrale del cinema americano attuale, la lotta di classe.
Nato qualche anno fa per la regia di Werner Herzog che uscì di scena quando perse il suo protagonista ideale, Nicolas Cage, ben scritto da Austin Kolodney, in mano a Gus Van Sant, che lo presenta a Venezia fuori concorso, è una sorta di aggiornamento di un genere, di un’ambientazione e di una serie di personaggi che non sono certo una novità per lui.
E’, evidentemente, un film su commissione, ma realizzato da Gus Van Sant con una competenza sull’America della fin degli anni 70 che non può che farci piacere. Anche perché costella la storia principale, e quindi il rapporto tra lo svitato Tony Kiritsis, interpretato da un bravissimo Bill Skarsgard coi baffetti, e il rapito Dick, Dacre Montgomery, di personaggi di contorno di grande spessore.
Da Colman Domingo, strepitoso, come Dj Fred Temple dalla voce suadente, al vecchio Al Pacino come padre orrendo di Dick, dalla giornalista in carriera di Myha’la al poliziotto di Cary Elwes. Ne viene fuori una sorta di commedia alla “Prima pagina” dove rapitore e rapito possono benissimo scambiarsi i ruoli e dove sappiamo che alla fine della storia non ci sarà giustizia per nessuno.
Il capitale, e le banche, vinceranno sui poveracci, che non sono poi poveracci e sognano di diventare con la forza i capitalisti. Ennesimo film di scontro sociale nell’America trumpiana o pre-trumpiana, avrebbe potuto benissimo stare in concorso, se non fosse così apertamente un film su commissione. Ma, se amata Gus Van Sant, è imperdibile.
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