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LA VENEZIA DEI GIUSTI – IN QUESTA NUOVA, SERIA, RAGIONATA, FREDDA VERSIONE DI “L’ETRANGER”, CAPOLAVORO DI ALBERT CAMUS, SCRITTA E DIRETTA DA FRANÇOIS OZON, IL REGISTA SCEGLIE UN BIANCO E NERO E UNO SCHERMO ANNI ’30 PER INQUADRARE ALGERI E I PROTAGONISTI DELLA STORIA, EVITANDO COSÌ TROPPI CONFRONTI CON L’ORMAI LONTANO MA ESPLOSIVO E SFORTUNATO “LO STRANIERO” DI LUCHINO VISCONTI - È UNA BUONA VERSIONE DEL ROMANZO E BENJAMIN VOISIN FA UN ECCELLENTE LAVORO SU MEURSAULT. COSA VOGLIAMO DI PIÙ? EPPURE, DOPO DUE ORE E 40 MINUTI DI FILM, VORREI QUALCOSA DI PIÙ… - VIDEO
Marco Giusti per Dagospia
lo straniero di francois ozon 2
“Perché sei qui?” chiede un detenuto in carcere a Meursault. “Perché ho ucciso un arabo”. Inizia così questa nuova, seria, ragionata, fredda versione del capolavoro di Albert Camus “L’etranger”, scritta e diretta da François Ozon, che sceglie un bianco e nero e uno schermo anni ’30 per inquadrare Algeri e i protagonisti della storia, interpretati da Benjamin Voisin e Rebecca Morder, evitando così troppi confronti con l’ormai lontano ma esplosivo e sfortunato “Lo straniero” girato nel 1967 da Luchino Visconti a colori e schermo grande con Marcello Mastroianni e Anna Karina.
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Lo termina però, in fondo sono passati sessant’anni e una delle poche rivoluzioni vinte dai popoli africani contro l’imperialismo europeo, inquadrando il nome del ragazzo arabo che Meursault ha ucciso sulla spiaggia, “per caso” dirà al processo, con cinque colpi di pistola (uno e poi quattro sul corpo morto). Forse un po’ poco rispetto a tutto quello che hanno fatto passare i francesi alla popolazione algerina, ma già l’idea di dare una identità al ragazzo ucciso dovrebbe indicarci una delle chiavi per la nuova rilettura del romanzo di Camus.
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Benjamin Voisin, lo abbiamo visto in “Illusioni perdute”, ha il volto e il corpo giusto per dare vita all’indifferenza filosofica del personaggio di Meursault, e Rebecca Morder la bellezza non aggressiva per incarnare con la sua Marie il futuro possibile che Meursault deciderà di farsi scorrere davanti per sempre. Marcello Mastroianni e Anna Karina, anche se da anni non vedo una copia restaurata del film di Visconti, che lo stesso Mastroianni produsse, perdendoci un capitale presumo, erano un’altra cosa. Lo sappiamo.
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Nessuno ha lo sguardo disincantato e indifferente di Mastroianni e il corpo della Karina dopo il periodo Godard. Ozon ha la modernità necessaria, un po’ alla “Ripley” di Steven Zaillian, dove Andrew Scott era la versione in bianco e nero dell’Alain Delon di “Plein soleil” di René Clément, per soffermarsi sull’identità sessuale di Meursault che uccide il ragazzo arabo desiderandolo forse più di Marie e compiere un delitto “per caso” o per “indifferenza” come fosse il protagonista di un altro grande romanzo sul colonialismo europeo in Africa, cioè “Tempo di uccidere” di Ennio Flaiano.
Certo. E non è più possibile punire Meursault per aver provato indifferenza per la morte della madre. Sessant’anni dopo, ottanta rispetto al romanzo, con tutto quello che è accaduto e sta ancora accadendo, Camus andrebbe forse maggiormente storicizzato e non basta mettere in piedi un processo rivelatore alla “Anatomia di una caduta” per capire il perché di un delitto (sessuale? razzista?) assurdo, e il personaggio di Meursault analizzato come rivelatore anche di tanti delitti che la vecchia Europa colonialista ha compiuto e sta ancora compiendo in Africa, e non solo in Africa (quanti “ho ammazzato un arabo” stiamo sentendo ogni giorno, ogni ora).
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Ma, Ozon, come Visconti, è affascinato, come i lettori di Camus, dalla bellezza del testo e dalla profondità del personaggio del protagonista. Che, forse, deve rimanere isolato nella sua indifferenza e nel suo rifiutare Dio, non riconoscerne il volto, che magari è il volto del ragazzo senza identità che ha ucciso come fosse il suo specchio. “L’etranger” di Ozon è una buona versione del romanzo e Voisin fa un eccellente lavoro su Meursault. Cosa vogliamo di più? Eppure, dopo due ore e 40 minuti di film, vorrei qualcosa di più.
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