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Marco Giusti per Dagospia
Intelligente, civile, ben costruito, anche con delle belle scene d'azione "The Reluctant Fundamentalist", il film che Mira Nair ha tratto dall'omonimo bestseller di Hamid Mohsin e che e' stato scelto da Barbera per l'apertura della Mostra, ma alla fine proprio quello che pensavamo.
Cioe' un polpettone da cerimonia d'apertura, senza nessuna novita' o stravaganza, che ci riporta in pieno ai tempi in cui, sempre direttore Barbera, il presidente della giuria Nanni Moretti premio' con il Leone d'Oro l'altrettanto civile e troppo giusto "Moonson Wedding" della stessa Mira Nair.
E bene comunque averlo fuori concorso per evitare bis inappropriati. Nel film l'inedito e bravissimo Riz Ahmed e' il fondamentalista riluttante pakistano che in una Lahore sconvolta dalle azioni terroristiche dei nuovi movimenti islamici, racconta al giornalista Liev Schreiber la sua storia e come si e' trovato a dover far la sua scelta dopo un'educazione americana.
Figlio di un celebre poeta del Punjab, a 18 e' finito a Princeton, per diventare in poco tempo il pupillo di un feroce uomo d'affari, Kiefer Sutherland, e diventare schiavo del denaro e del profitto. Fidanzato di una Kate Hudson in versione artista impegnata newyorkese un po' buzzicona, si trova nella contraddizione di essere un armigero del capitalismo e di rendersi conto di cosa voglia dire essere un pakistano nella New York del dopo 11 settembre.
Ironia della sorte, dopo anni di film d'apertura targati Medusa, quello della Nair e' targato Tarak Ben Ammar, vecchio socio di Silvio, ma nessun critico fischia. Carino, pieno d'affetto ma un po' scombinato il ritratto che il grande Jonathan Demme ha dedicato al cantante e compositore napoletano Enzo Avitabile, "Enzo Avitabile Music Life".
Diviso tra una serie di dichiarazioni dell'artista sulla musica (da Pergolesi a Charlie Parker), interviste sui suoi luoghi (la casa-studio, il quartiere di Marinella dove e' cresciuto) e session posate con star del mondo ethnochick pronte per diventare disco, il documentario e' simpatico e sentito, ma un po' ovvio per un regista come Demme, la cui presenza si sente solo in poche scene.
E Avitabile, pur scatenato e pieno di idee, non riesce a togliersi l'aria da reduce di un piccolo mondo musicale anni 70 e da quel tipo di atmosfera culturale napoletana. Il film funziona più per singole scene e performance che nell'insieme. E' strepitosa l'apparizione del vecchio cantante folk zi' Giannino del Sorbo mentre coglie le mele o quella del flautista sardo Luigi Lai o di Bruno Canino al pianoforte sui titoli di coda. Molte saranno le sorprese per i fan della musica etnica, e Avitabile si dimostra uomo di straordinaria cultura musicale e simpatia umana, ma un maggior controllo dell'operazione ci avrebbe dato un film più compatto e riuscito.
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