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LA VENEZIA DEI GIUSTI – IL DOCUMENTARIO DI GIUSEPPE PEDERSOLI SUL RUOLO DI SUO NONNO PEPPINO AMATO NELLA COSTRUZIONE DELLA DOLCE VITA DI FELLINI, “LA VERITÀ SU LA DOLCE VITA”, RACCONTA IL CALVARIO PER ARRIVARE ALLA FINE DI QUELLO CHE OGGI SALUTIAMO COME UN CAPOLAVORO, MA CHE COSTÒ AL PRODUTTORE NAPOLETANO UN INFARTO E UN BUDGET CHE ESPLOSE - IN UNA DELLE SCENE PIÙ DI CULTO, VEDIAMO PEPPINO COME PRIMA MOSSA ANDARE DA PADRE PIO A PIETRELCINA E…
FEDERICO FELLINI GIUSEPPE AMATO
Marco Giusti per Dagospia
In una delle scene più di culto, ma assolutamente vere, della docu-fiction che Giuseppe Pedersoli ha messo in scena sulla vita e sul ruolo fondamentale di suo nonno Peppino Amato sulla costruzione della Dolce Vita di Federico Fellini, “La verità su la Dolce Vita”, mostrato a Venezia oggi, vediamo il produttore napoletano come prima mossa andare da Padre Pio a Pietrelcina e chiedergli se faceva bene o no a produrre il film.
Cosa gli disse davvero, il vecchio Alvaro Mancori, amico fraterno di Amato che era presente all’incontro, non riuscì a afferrarlo, ma certo da lì in poi il produttore prese il film come una missione da portare a termine.
Personaggio leggendario già negli anni dei Telefoni Bianchi, “Pareva un dio”, ricordava Paolo Stoppa, “faceva cadere le cose dall’alto”, ricordava Aldo Fabrizi, “ma ci aveva l’occhietto clinico”, Peppino Amato, che si chiamava in realtà Giuseppe Vasaturo, nato a Napoli nel 1899, aveva dedicato l’intera vita al cinema.
GIUSEPPE PEDERSOLI CON BUD SPENCER
Star sulle scene del cinema muto napoletano dal 1914 agli anni ’20, protagonista di film come “Pupatella”, “Reginella”, “Napule ca se ne va”, era diventato produttore nei primi anni ’30 legandosi a registi come Mario Bonnard, Carmine Gallone, Gennaro Righelli, e a un finanziatore forte come Angelo Rizzoli, che ritroveremo proprio su “La Dolce Vita”, a uomini di partito illumnati come Luigi Freddi.
La sua prima fissa fu di portare i De Filippo dal teatro al cinema, pensando, forse ingenuamente, di far diventare Eduardo e Peppino i nuovi Stanlio e Ollio.
Li fa esordire in “Tre uomini in frac”, e arriva al grande successo popolare con “Il cappello a tre punte” di Mario Camerini, malgrado fosse stato attaccato dallo stesso Mussolini, che interruppe la visione a metà, criticando il film per il suo antifascismo.
Malgrado i tanti tagli che si fecero per renderlo meno duro contro il potere, il film andò benissimo e aprì la strada alla non così breve stagione cinematografica dei De Filippo.
Al tempo stesso produsse film importanti come “Batticuore”, “Grandi magazzini”, “Una romantica avventura”, “La cena delle beffe” di Alessandro Blasetti con celebre seno nudo di Clara Calamai.
Produsse nel 1940 il primo film da regista di Vittorio De Sica, “Rose scarlatte”, che codiresse soprattutto per le parti tecniche. Ma Giuseppe Porelli ricordava che sul set, dovendo spiegare all’attrice francese Renée Saint-Cyr cosa voleva che facesse se ne uscì con un imbarazzante “Je voudrai vos fesses”, cioè “Voglio le vostre chiappe”, che scandalizzò l’attrice.
Dopo aver lanciato De Sica regista, che ritroverà dopo la guerra come produttore di un capolavoro del neorealismo come “Ladri di biciclette”, lanciò Aldo Fabrizi con “Avanti c’è posto” e “Campo de’ Fiori” diretti da Bonnard, veri film che già odorano di neorealismo.
GREGORY PECK CON GIUSEPPE AMATO
A Fabrizi offrì 70 mila lire più l’opzione per un secondo film.
Ma è dopo la guerra che inizia la sua grande stagione, producendo appunto “Ladri di biciclette” di De Sica, “Francesco giullare di Dio” di Roberto Rossellini, una delle primissime commedie all’italiana, “Natale al campo 119”, “Parigi è sempre Parigi” di Luciano Emmer e, soprattutto, “Umberto D” di De Sica. Da regista e produttore diresse Totò nel suo primo film dramatico, “Yvonne la Nuit” con Olga Villi e la bellissima Linda Darnell in “Donne proibite”.
Finanziato da Angelo Rizzoli produsse “Don Camillo” e “Il ritorno di Don Camillo” con Gino Cervi e Fernandel ottenendo un incredibile successo internazionale grazie alla distribuzione della Dear di Roberto Haggiag.
Per lo stesso Haggiag fu produttore esecutivo di “La contessa scalza”, che Joseph Mankiewicz girò in Italia con Ava Gardner. In un’Italia che stava cambiando arriviamo a film drammatici importanti come “Un maledetto imboglio” di Pietro Germi, “Nella città l’inferno” di Renato Castellani e “La Dolce Vita” di Federico Fellini, un film considerato infernale, impossibile, pericoloso da tutti i produttori italiani.
cannes 1960 marcello mastroianni in posa davanti al manifesto della dolce vita
Per farlo, visto che era di Dino De Laurentiis, lo scambiò con “La grande guerra” di Mario Monicelli, che portò un Leone d’Oro a Venezia al produttore. Ma, certo, non era “La Dolce Vita”. Il documentario di Giuseppe Pedersoli racconta appunto il calvario di Peppino Amato per arrivare alla fine di quello che oggi salutiamo come un capolavoro, ma che costò al produttore napoletano un infarto e un budget che esplose dai 400 milioni di lire previsti agli 800 milioni di lire effettivi.
clara calamai la cena delle beffe . primo seno nudo nella storia del cinema italiano
Pedersoli tra fuori dai cassetti del nonno le lettere che Amato scambiò con Fellini, i documenti sulla lievitazione dei costi e i mille intoppi che ci furono.
Ma il film non è solo questo, perché Pedersoli, figlio del celebre Carlo Pedersoli alias Bud Spencer, che aveva sposato una delle tre figlie, Maria, di Amato, cerca anche di restituire al nonno la dignità del grande uomo di cinema che era, al di là delle battute che Ennio Flaiano e il mondo del cinema italiano avevano fatto per anni sul suo buffo modo di parlare e sugli svarioni anche molto divertenti che faceva, raccolti proprio da Flaiano col titolo “Catalogo Peppino Amato” (“Apriamo una paralisi”, “In quanto ad idee politiche io e lei siamo agli antilopi”, o un completo d’inferiorità, ecc).
FEDERICO FELLINI E GIULIETTA MASINA CON GIUSEPPE AMATO
Abbandonato da Rizzoli proprio dopo l’esplosione del budget, non aiutato da Fellini, che ha sempre visto i produttori come il nemico, Peppino Amato si trovò solo a affrontare una situazione di disastro produttivo che solo il grande successo immediato del film salvò. Ma la grande fatica per arrivare alla fine della “Dolce Vita” in qualche modo gli fu fatale, visto che morirà di infarto nel 1964, avendo portato a termine solo altri due film.
giuseppe amato giovane attore
Mario Verdone con Federico Fellini
anita ekberg la dolce vita 2
la verita' su la dolce vita
anita ekberg la dolce vita 2
giuseppe amato giovane attore 2
francesco giullare di dio
fellini la dolce vita
la dolce vita
la dolce vita fellini
la dolce vita raccontato dagli archivi rizzoli
bacio dolce vita
LA VERITA' SU LA DOLCE VITA
fellini la dolce vita
la contessa scalza
toto', peppino e la dolce vita
aldo fabrizi francesco giullare di dio
anna magnani aldo fabrizi - campo de' fiori
donne proibite 1
donne proibite
il cappello a tre punte
giuseppe amato giovane attore 1
un maledetto imboglio
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