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Carlo Tecce per il “Fatto Quotidiano”
Per attutire l’impatto di Parallelo Italia (Rai3, martedì) di Gianni Riotta, La7 di Urbano Cairo, il canale dove la tavola rotonda fra attualità e politica è una ragione sociale, ha prolungato In Onda. E poi ha aggredito il pubblico di Riotta con il film So cosa hai fatto di Jim Gillespie. Una pellicola del ‘97, abbastanza recente per i canoni di La7, che domenica proponeva Totòtruffa ‘62. Nonostante l’involontaria sportività di Cairo, Parallelo Italia è riuscito a esordire con l’intervista “spottone” (citazione di Corrado Passera) a Matteo Renzi, l’imbarazzante disquisizione economica con Marco Tronchetti Provera per raggranellare un modesto 5,2 per cento di share, la metà del picco fissato la settimana scorsa da Ballarò . Perché la concorrenza, la trasmissione di Riotta, se l’è fatta da sola.
Rai Andrea Vianello Luigi Gubitosi Angelo Teodoli Giancarlo Leone
Il guaio è che c’è tempo per peggiorare e scialacquare l’investimento di Rai3, la rinomata fabbrica di fallimenti però di eccellente fattura intellettuale (così li vendono). Per le sette puntate di Parallelo Italia, un pellegrinaggio da Milano a Napoli, da Palermo a Bologna in ossequio al cieco ottimismo che anima il renzismo, Viale Mazzini spenderà 1,5 milioni di euro, poco più di 200.000 a serata. Una cifra esagerata per un programma che va d’estate e contende spiccioli di pubblicità. Ma Gianni Riotta per il ritorno nel servizio pubblico ha preteso un trattamento completo, elegante (e certo, sempre, intellettuale), mica s’accontenta di uno scantinato come i disgraziati di Gazebo che vanno in onda dal retro di Affari Tuoi. E non è una metafora.
gianni riotta parallelo italia
Parallelo Italia dispone di uno studio itinerante, vanta quattro o cinque collegamenti in diretta, un paio in simultanea, e costano. Sì, non li rimborsa la cassa mutua intellettuali e reduci. Andrea Vianello, direttore di Rai3, è un tipo che sperimenta, a volte funziona, spesso sbaglia. E Parallelo Italia ha imboccato il percorso accidentato (e molto salato per Viale Mazzini) di Masterpiece, che ancora adesso non è di agevole definizione. Il mai compianto Masterpiece era un gioco: no, troppo riduttivo. Masterpiece era la fucina dei giovani scrittori: no, troppo spocchiosa. Allora Masterpiece era un programma intellettuale (perdonate la ripetizione del concetto che doveva indottrinare le masse per forgiare l’autore da milioni di copie.
Ha vinto Nicola Savic con il romanzo Vita migliore. La vita di Savic, giudicato unanimemente un talento, è di sicuro migliorata. Quella di Masterpiece è stata breve, per niente intensa e, soprattutto, faticosa. Il prezzo: i soliti 200.000 euro, ma per la seconda serata. Ha chiuso la parte iniziale con un 3,6 per cento di share. Al rientro in primavera, però, ha registrato un record: domenica 2 marzo 2014, 1,9%.
Forse il telespettatore di Viale Mazzini, per anni nutrito con suore e preti eroi, non è abituato a consumare eventi così impegnativi per le sinapsi. Ma per Rai3 aumenta la sequenza di fiaschi, ormai anche proibitiva da ricapitolare. Giugno e luglio di un paio di anni fa, mesi non propizi per le novità, ecco il sacrificio di David Parenzo, ingaggiato per schiantarsi contro l’Auditel con La Guerra dei Mondi: il consueto 3,5% di share, quattro fugaci serate e l’immediato addio.
E destino simile per Celi, mio marito! o per Neri Marcoré, collocati male in palinsesto e già sconfitti in partenza. Soppressi. Come Questioni di famiglia, ritirato dopo la seconda occasione mancata col 2,1 per cento di share. E va citato, perché più prossimo a Riotta, il 2,7 di Io leggo perché di aprile.
Per eccesso di zelo, in Viale Mazzini c’è una gara a chi appare più renziano, a chi ne incarna lo spirito in maniera più evidente: gente che ambisce a una riconferma e gente che desidera una promozione (Riotta al Tg3). Vianello lotta per la riconferma. E da novembre, di lunedì su Rai3, debutta Beppe Severgnini con L’erba dei vicini. Servegnini si racconta così: “Un programma di confronti con gli altri grandi Paesi europei e gli Usa. Motto: ‘Se siamo più bravi, possiamo insegnare. Se siamo meno bravi, dobbiamo imparare ’”. C’è il sospetto che Servegnini sia intenzionato a insegnare.
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