DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Marco Giusti per Dagospia
Chi vince? Ovvio la Gerontofilia. Le voci per ora darebbero sicura la Coppa Volpi, udite udite, alla nostra Elena Cotta, grande protagonista ottantenne di "Via Castellana Bandiera" di Emma Dante, che aveva esordito con nel 1953 con "La leggenda del Piave", capolavoro di Riccardo Freda.
Se e' vero, esultiamo, se magna pure quella buzzicona di Judi Dench e quella chiappettona di Scarlett Johnasson. Qualche grosso premio dovrebbe averlo vinto anche "Sacro Gra" di Gianfranco Rosi, miglior film italiano del festival, assieme al bellissimo "Bertolucci on Bertolucci" di Guadagnino e Fasano, e per la stampa inglese miglior film del concorso. E' anche quello con maggiore presenza di (non)attori coatti. Ce se deva sta'. O Rosi o rosichi, ha gia' detto uno di loro. Piu' che contento. Onore a Nicolini, al cinema Romano contro le Film Commission del Triveneto e al loro vino.
Quanto al Leone d'Oro dicono che se la battono il greco "Miss Violence" di Alexandros Avranas, piu' che una tragedia greca un film greco che e' una tragedia per lo spettatore, il tedesco "La donna del poliziotto" di Philip Groenig, e soprattuto il melo gaio canadese "Tom a la ferme" diretto e interpretato dal ventenne Xavier Dolan.
Tutti film fuori da ogni sospetto di nouvelle vague e da ogni nepotismo bertolucciano. Pesantucci pure a parte il film di Dolan che se non e' piu' divertente gioca un po' tra il thriller e l'horror. Ma sono film decisamente moderni. Per la migliore sceneggiatura sembra sicurissimo il premio a "Philomena". Il premio per il miglior attore maschile potrebbe andare a Scott Haze per "Child of God" o a Jesse Eisenberg per "Knight Moves".
Ma nel giro di dover dare premi un po' a tutti, anche a noi italiani, potrebbero anche esserci sorprese. Certo se "Still Life" e "Locke" fossero stati in concorso se lo sarebbero diviso gli attori inglesi, Eddie Marsan e Tom Hardy, di gran lunga i piu' bravi visti a Venezia. Qualcosa Bertolucci dovra' dare anche a "Sacro Gra", gia' riconosciuto dalla critica inglese come il miglior film della Mostra, e sicuramente il miglior film del gruppone italiano, e a Philippe Garrel, anche se non potra' che scontentare i troppi amici presenti per non sembrare troppo passatista.
Certo, non si e' visto nessun grande film quest'anno, nessun "Prenom Carmen" per intenderci. Magari non c'erano neanche tutti questi grandi film in giro. Barbera avrebbe potuto pero' inserire qualche film delle sezioni minori nel concorso, i film inglesi erano davvero buoni, o pescare qualcosa di piu' dalle cinematografie emergenti. "Les terrasses" dell'algerino Merzak Allouache, visto ieri sera da un pubblico non proprio vasto ma attento, dimostra la vitalita' della cultura araba dopo le rivoluzioni nordafricane.
Costruito su cinque terrazze di cinque diverse zone di Algeri, dove seguiamo cinque storie diverse, il film si svolge seguendo le cinque preghiere del giorno e della notte. C'e' la cantante che ha una storia d'amore platonica con una vicina che la guarda da un'altra terrazza. C'e' una bambina che parla con un misterioso nonno incatenato dentro una soffitta di un'altra terrazza. C'e' un vecchio poliziotto comunista che indaga sull'omicidio di suo genero e parla del povero quartiere della sua infanzia.
Ogni storia finisce violentemente, ma ogni storia ci mostra uno spaccato di una societa' dalle ferite ancora aperte ma pieno di una toccante vitalita'. La musica, l'amore, il passato, la jihad, tutto finisce per formare un quadro di una Algeri mai vista, meravigliosa e misteriosa, ma che si apre al vento, al mare, al canto. Un film bello e inatteso che avrebbe merita qualche attenzione in piu'.
Qualche attenzione in piu' avrebbe meritato anche l'arrivo di Leiji Matsumoto, l'ideatore e disegnatore di "Capitan Harlock", vera star del cartoon giapponese presente per la prima della nuova versione di "Harlock" in 3D, che e' passato per la nostra stampa, troppo tesa a parlarci dei film italiani, un po' troppo inosservato.
Alla fine e' davvero triste Venezia come nota stamane l'Aspesi? Ma no, c'e' un bel sole. E al Lido ancora la gente va a farsi al mare. E' triste per gli albergatori che dicono di avere le camere vuote. Non come quando c'era quell'altro direttore... Come si chiamava? Ecco, non se ne ricordano neanche piu'. Povero Muller.
E povero Barbera, costretto a combattere con i piani sequenza di Amos Gitai, i piani fissi su un muro di Tsai Ming Liang, i tram di Gianni Amelio non tanto il fantasma sempre piu' sdiadito dell'altro direttore, che faceva un bel po' piu' di casino, sia con la presenza ingombrante del nuovo direttore della Biennale Arte, Massimiliano Gioni, cosi' cool, cosi' giusto, cosi' giovane e di successo, cosi amato dai padroni della moda che ha riempito di feste, soldi, eventi la Biennale di paron Baratta.
E lo stesso ci si aspetta dalla Biennale Architettura di Rem Koolhas l'anno prossimo. In fondo il cinema, almeno quello che si e' visto qui, potrebbe essere davvero, come sostiene il grande Sergio Rubini nell'unica scena che mi convince di "Scola racconta Fellini", la settima arte nel senso che viene dopo le altre, di sicuro dopo l'Architettura e l'Arte. Un'arte che non riesce a ritrovare il filo della sua grandezza e si rifugia in un passato glorioso. Inutile oggi. O utile solo per portare al Lido i critici. Ma sappiamo che non e' proprio cosi'. Che basterebbe un po' aprirsi al mondo esterno, all'arte, al video. Uscire dai piani sequenza, dai muri cinesi, alla cinefilia. Smetterla con la necrofilia felliniana. Magari occupare le terrazze del Palazzo del Cinema.
Via Castellana Bandiera locandina L Via Castellana Bandiera n under the skin scarlett johansson JUDI DENCH rosi sacro gra regista Custom Tom a la Ferme de Xavier Dolan Photo c Clara Palardy Children of God" di James FrancoPAOLO BARATTA MARCO MULLER ROBERT REDFORD BARBERA E GIORGIO NAPOLITANO A VENEZIAALBERTO BARBERA
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