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Roberto Croci per ‘Il Venerdì - la Repubblica’
sorkin e il cast di mollys game
Le sue sceneggiature sono un marchio di fabbrica inconfondibile.
Non a caso vengono scelte, molto spesso, dai registi più osannati di Hollywood, e a volte arrivano a vincere Oscar e Golden Globe come quella di The Social Network, il film di David Fincher sul creatore di Facebook. Celebre per i suoi dialoghi complessi e taglienti, è dalla sua penna che sono nati personaggi mitici della storia del cinema: uno tra i tanti, il cinico colonnello Jessep (Jack Nicholson) di Codice d' onore di Rob Reiner.
Come se non bastasse, Aaron Sorkin ha creato e prodotto serie-cult per la tv, tra cui West Wing. Tutti gli uomini del Presidente, Sports Night e The Newsroom. Ora debutta come regista in Molly' s Game, di cui ha scritto ovviamente anche la sceneggiatura, tratto dalla storia (vera) di Molly Bloom, già promessa dello sci olimpionico, che dopo un incidente perse la qualificazione e finì per gestire un giro di poker clandestino per vip. Jessica Chastain è Molly, il resto del cast non è da meno: tra gli altri, Idris Elba e Kevin Costner.
Sorkin, cosa aveva di tanto particolare questo progetto da convincerla a diventare regista?
«Ho iniziato a scrivere la sceneggiatura senza sapere che avrei diretto il film. La storia si poteva raccontare puntando tutto sul lato "glamour, lusso, denaro e celebrities" di Hollywood, su un mondo di belle donne e auto veloci. Ma dopo aver incontrato Molly mi sono reso conto che il fulcro del film era il suo aspetto emotivo: il drastico cambiamento della sua vita e del suo codice d' onore.
Molly si è sempre rifiutata di fare all' Fbi i nomi dei suoi clienti esclusivi, rischiando anni di galera. Molti li conosco anch' io, alcuni sono stati rivelati dalla stampa, come Ben Affleck, Tobey Maguire e Leonardo DiCaprio, ma mi sembrava davvero inutile fare un film basato sul gossip: volevo invece prendermi la responsabilità di evidenziare il carattere di una donna di grande intelligenza, forte, coraggiosa. Se l' idea non fosse piaciuta sarebbe stata solo colpa mia. Non è andata così: abbiamo avuto le nomination per un Oscar e due Golden Globe».
Perché ha deciso di costruire il film alternando azione e flashback?
«Era l' unico modo per coinvolgere fino in fondo lo spettatore. Era chiaro che bisognava illustrare non solo la storia che Molly racconta nel suo libro autobiografico (Molly' s Game, in uscita con Rizzoli il 27 marzo,ndr), ma anche quella che lei non racconta, ossia quel che è successo con l' arresto da parte dell' Fbi e il relativo processo. Quindi per risolvere il puzzle era necessario fare avanti e indietro tra queste storie».
Il film è dominato dalla voce fuori campo di Molly. Perché?
«Volevo che fosse lei a raccontare il proprio passato, non il regista. Ho parlato con Molly per alcuni mesi e sono rimasto profondamente colpito dal suo senso dell' umorismo. Come sceneggiatore non ho mai amato la voce fuori campo, è come barare, usare una scorciatoia. Ci sono eccezioni, ovviamente: in Quei bravi ragazzi di Martin Scorsese la voce narrante funziona a meraviglia».
Quanto somiglia il personaggio di Jessica Chastain alla vera Molly?
«Jessica è stata bravissima a recitare i miei dialoghi, comprese le piccole sfumature, le pause e i silenzi. Ma è pur sempre un personaggio che ho scritto io.
A meno che non si tratti di icone della storia come Lincoln o Elvis, per me non è importante ricalcare una persona nei minimi dettagli. Comincio con i fatti e con alcune verità che reputo importanti, ma dopo qualche pagina prende il sopravvento la mia interpretazione. Non ha senso scrivere dei dialoghi ispirati alla realtà, preferisco scrivere fantasie che abbiano il mondo reale sullo sfondo».
Qual è il suo processo di scrittura?
«Per la maggior parte del tempo agonizzo... (ride). Quando non scrivo, o scrivo male, non c' è nulla che possa tirarmi su di morale, a parte mia figlia Roxy. Posso passare giorni o settimane senza trovare una buona idea, cestinando tutto. Se scrivo bene sono felice e man mano che procedo recito ad alta voce i dialoghi. Diventa un' esperienza fisica, parlo e gesticolo da solo: una volta mi sono persino rotto il naso. Lo faccio spesso anche quando guido, la gente pensa che sia matto».
È anche famoso per i suoi monologhi.
«Mi piace quando un attore recita un bel discorso, come Al Pacino in Profumo di donna, Samuel L. Jackson in Pulp Fiction o Peter Finch in Quinto Potere. Scrivere un monologo significa far dire cose che la gente non dice nella realtà, nessuno nella vita vera parla come i personaggi. I film più belli sono ricchi di dialoghi che non si sentono tra la gente comune, in treno o in metro. La parte più difficile è cercare di evitare errori stupidi, come le frasi che iniziano con: "Come sapete...". Non è facile esporre verbalmente un concetto, ma si può imparare, l' importante è non essere mai banali».
aaron sorkin vince il golden globe per steve jobs
Come è stato mettersi dietro la macchina da presa?
«Alcuni registi, gentilmente, danno spesso agli sceneggiatori il merito della riuscita di un film, e finora anch' io la pensavo così. Stavolta però ho capito quanto sia duro stare dall' altra parte. Un regista non deve solo girare, ma anche gestire un budget, che è sempre troppo basso. Ma se i produttori mi avessero lasciato carta bianca non sarei mai arrivato a finire il film. Spielberg è l' unico che riesce a trovare il giusto equilibrio tra soldi e qualità».
Come si è sentito a film terminato?
«Per me un film non è mai finito, mi viene confiscato. A un certo punto una persona responsabile mi prende per mano e mi riporta alla realtà. E così posso ricominciare a lavorare su un altro progetto».
Si è laureato in arti drammatiche e ha lavorato molto in teatro. Crede che questo background abbia influenzato il modo in cui scrive?
«Assolutamente sì, soprattutto nella musicalità dei dialoghi. Le parole di Martin Sheen o Rob Lowe in The West Wing per me sono come musica. Ho sempre amato i musical, i miei genitori quando avevo sei anni mi portarono a Broadway a vedere Man of La Mancha. Don Chisciotte è il mio eroe preferito, mi ha sempre ricordato mio padre, un uomo con molta fantasia, forse nato in un secolo sbagliato, ma con un' etica profonda e un senso solido di quello che è giusto e sbagliato. Qualità invidiabili, soprattutto nell' attuale clima politico».
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