ULTIMO TANGO PER MÜLLER - VOLANO GLI STRACCI AL FESTIVAL DI ROMA, IL DIRETTORE DELLA RASSEGNA HA GIÀ DISDETTO L’AFFITTO E CERCA IL COLPACCIO FINALE (SCORSESE, WOODY ALLEN, CLOONEY?)

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Malcom Pagani per "Il Fatto Quotidiano"
Dicono che a Roma città aperta sia finita a stracci. Con un ufficio come set, Renata Polverini nei panni della furibonda stracciarola: "Ahò, ma che ce stai a prende per il culo pure a noi?" e Marco Müller in cerca di una quinta da cui evadere perché a una signora dal pugno mulinante, ancorché potente, non si risponde a tono. Ora che Renatona non c'è più e gli equivoci sponsor dei tempi andati lasciano spazio alle brame di riconquista dei vecchi inquilini di origine immancabilmente veltroniana, Müller, ieri a Toronto dopo aver toccato le amate lande asiatiche, è in giro per il mondo. Cerca un evento per il Festival del cinema (8-17 novembre), un colpo di coda, un gesto da ricordare, un film di peso che dia senso alla scontata abdicazione.

Ha preso Fear of falling di Jonathan Demme e memore delle recenti promesse di epoche più liete: "A Roma voglio solo anteprime mondiali" agita ancora il setaccio per raccogliere una pepita. Martin Scorsese, George Clooney, Woody Allen e Cate Blanchett insieme, magari, per un ultimo tango all'Auditorium che non somigli a un requiem triste e faccia dimenticare l'improvvida futura pre-apertura dell'edizione numero 8, affidata in odore di stracult a Luca Barbareschi.

Il prode Luca (che del Cda del Festival fu membro per poi uscirne in polemica nel 2010: "Trionfo dei vecchi metodi, nomine esclusivamente politiche, se non addirittura familiaristiche" ) ha girato un thriller ambientato a Hong Kong sul tema della contraffazione alimentare tratto da un libro di Carlotto e invece di recitare da "fuggiasco" come nelle autobiografie dello scrittore patavino, tornerà da celebrato ospite sul luogo del delitto. Chi per ragioni più prosaiche, non diversamente dal poeta Erich Fried, non è sfavorevole agli addii è l'attuale direttore.

Ha già disdetto il contratto d'affitto del suo appartamento in città ed emigrerà presumibilmente in direzione Locarno (dove i nuovi palazzi del cinema, magnifici, li costruiscono davvero e senza incontrare l'amianto) forse già dal prossimo novembre.

L'impegno triennale con la Fondazione cinema per Roma dell'ex direttore di Venezia scadrebbe nel 2014, ma la sfacciata guerra sotterranea alla sua gestione del duplex Zingaretti-Marino (pronti a offrire ponti d'oro in caso di abbandono anticipato) non dovrebbe offrire ulteriori spettacoli cruenti.

Nelle ultime stagioni (con le positive eccezioni del film di Diritti, L'uomo che verrà, di qualche Focus e dell'eterogenea sezione Extra di Mario Sesti) si è visto di tutto. Il sacro e il profano. La saga srotolata dalla bianca sciarpa di Gianluigi Rondi, l'allontanamento coatto di Piera Detassis, l'incoronazione di Müller presto abbandonato (con succitato litigio) da Renata Polverini, gli ex camerati con celtica al collo imposti da Renata al Cda, i membri ‘laici' come Lo Foco scelti dalla destra e all'opposizione di Müller fin dal primo istante, i monnezzari non saldati e conseguentemente indisposti a svuotare i cassonetti, il difficile equilibrismo economico di Alemanno, costretto a sanare i buchi di bilancio del Festival sottraendoli alle già esangui casse del Comune.

Adesso la parata voluta da Bettini e Veltroni per ragioni non esattamente alate - con le debite distanze di panorama e prospettive - somiglia alle vie deserte imposte in pieno centro da Marino. Una passeggiata triste, svuotata di significato, mentre intorno, infuria il caos. Archiviata una Venezia non memorabile, a meno di due mesi dalla partenza del suo clone, i crediti del Festival sfiorano gli 8 milioni di euro. Tre milioni e mezzo deve la Regione che non versa nulla da tre anni, uno la Provincia che ha ‘dimenticato' di coprire le perdite precedenti, 2 milioni 100 mila euro il Comune, 1,3 la Camera di commercio. Le casse sono vuote, non c'è un soldo e anche chi ha finora rispettato gli impegni (Bnl, un milione circa a edizione) e annuncia "tagli lineari" del 10%, sembra esausto della politica del doppio binario in cui rispettare i patti è un optional.

Quasi inevitabile che l'altra faccia del credito sia dunque il debito, lievitato a vette milionarie a un tratto insostenibili. Lamentano ammanchi di milioni i fornitori, a iniziare da quelli delle tensostrutture che Müller, unitamente al villaggio, si vedrà costretto a ridimensionare rinunciando a un gigantismo che Roma ha saputo finora solo declamare. Gli sponsor sono in ritirata. Un tempo facevano a gara per esserci. Nella greppia dei grandi nomi ospitati in città e comunicati con grande anticipo (dalla Streep ad Al Pacino) finivano per rimanere felicemente intrappolati i marchi più vari. E allora, chi 50, chi 500 mila euro, le griffe versavano e il carrozzone pencolo di oggi procedeva più o meno spedito.

Müller però ha una rete di rapporti gelosamente custodita, quasi nessun dialogo reale con Cda e Fondazione e lavora soprattutto in solitudine. Ama essere l'uomo delle sorprese, ma se programmare è complicato, stupire a costo zero è impresa lunare. Facile allora che archiviata l'occasione perduta e disgustato definitivamente il sinologo che sognava la grandeur, il Festival ritorni solo Festa, sfruttando le decadenti, ma pur sempre grandi, bellezze di Roma.

Un viaggio itinerante di piazza in piazza che assecondando l'antica massima lagunare di Laudadio : "Qualunque gara di film è sciocca e arrogante" elimini il concorso, ritorni a suscitare con un baraccone deinternazionalizzato l'interesse di una città cosmopolita ora indifferente e somigli a una sorta di "notte dei musei" lunga una settimana. Accadrà domani se nel frattempo, a diventare museo non sarà l'avanguardia dell'altroieri precipitata nelle retrovie, con i rimpianti davanti e un grande futuro dietro le spalle.

 

Matteo Garrone e Marco Muller MARCO MULLER SORRIDENTE FOTO ANDREA ARRIGA Marco Muller Gianni Alemanno e Renata Polverini Nicola Zingaretti e Ignazio Marino festival del cinema di roma IGNAZIO MARINO E MATTEO RENZI marco muller all auditorium di roma