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Monica Ricci Sargentini per il Corriere della Sera
Chiude il museo dedicato a Lady D nella splendida tenuta di Althorp, la casa della famiglia Spencer nel Northamptonshire, a circa un'ora e mezza da Londra, dove la principessa è sepolta. Ma questa volta non si tratta della solita pausa in attesa della prossima riapertura estiva. Il fratello di Diana, il Conte Charles Spencer, che aveva fortemente voluto il mausoleo (anche in polemica con i Windsor), ha deciso che il prossimo luglio la mostra non riaprirà .
Con buona pace dei cultori di Lady D che continuano ad andare ad Althorp, come in un pellegrinaggio, per vedere i suoi vestiti, le sue scarpette da ballo, l'album delle foto d'infanzia. Venerdì scorso, ultimo giorno prima della chiusura autunnale, la fila per vedere l'esposizione Diana, a Celebration era lunga e ordinata. E non è poco se si pensa che sono passati 16 anni dall'incidente mortale del 31 agosto 1997.
Tuttavia, in questi giorni, le vecchie scuderie, riadattate 15 anni fa per ospitare il museo, torneranno al loro ruolo di sempre. Il personale sta già mettendo via i giocattoli di Diana, l'automobilina a pedali, la giacchetta del college, la pagella, l'abito di nozze, con nove metri di strascico in pizzo e seta, i 26 vestiti gloriosi di sarti inglesi, italiani, francesi che la principessa ha indossato nelle occasioni ufficiali. E poi le foto delle sue attività umanitarie: con i lebbrosi, i malati di Aids, le vittime delle mine anti-uomo. Il filmino del funerale quando tre milioni di persone scesero in strada per renderle omaggio.
Quello che non è chiaro, però, è la ragione della chiusura. Gli storici potrebbero dire che forse è giunta l'ora di mettere fine al culto di Lady D. Ma, sicuramente, dietro la decisione di Clarles Spencer c'è dell'altro. Secondo il Daily Telegraph, che ha dato la notizia, tutti gli oggetti appartenenti a Diana saranno consegnati a Kensington Palace e restituiti a William e Harry. E questo avverrà per espressa volontà di Lady D che nel suo testamento aveva chiesto che i suoi beni fossero dati ai figli quando il più giovane avrebbe compiuto 30 anni, il 15 settembre del 2014.
Ma, secondo la stampa, è anche possibile che siano stati proprio i due principini a reclamare il ritorno a casa degli oggetti per porre fine a quella che alcuni hanno definito «la Disneyland del dolore». Il prossimo mese, per esempio, la mostra itinerante A Celebration arriverà a Putnam Museum di Davenport nell'Iowa, una cittadina di 100mila abitanti che per l'occasione ha previsto una serie di eventi dal titolo: «Una storia reale», «Un brindisi a Diana» e così via.
Un affare commerciale piuttosto redditizio se si pensa che l'esposizione ha fruttato negli anni quasi 30 milioni di euro, di cui soltanto una piccola percentuale è finita alle associazioni di carità volute da Diana. Una speculazione economica sull'immagine della principessa che a Harry e William, dicono i bene informati, non è mai piaciuta.
Di certo c'è la delusione di tutti gli appassionati che ad Althorp, la prossima estate, forse, potranno ancora andare ma soltanto per vedere la colonna bianca con un'urna neoclassica in mezzo dove Lady D è sepolta e il tempietto sulla riva del lago con una delle sue frasi più conosciute: «Nulla mi dà più felicità che tentare di aiutare la gente più vulnerabile». Per alcuni sarà troppo poco ma di certo William e Harry chiedono che cali il silenzio sulla storia della loro mamma.
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