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Non si fa in tempo a chiedersi chi davvero abbia fatto l'affare tra Milan e Inter (Pazzini e Cassano, quattro gol in due) che subito si scopre chi senz'altro lo mancò in un passato recente. Massimo Moratti contattò Zeman per ingaggiarlo. Non se la sentì. Dubbi, paura, relativo coraggio. Lo ritrova anni dopo da avversario. E assiste a una lezione di gioco che riporta l'Inter agli incubi di qualche mese fa e una maschera di nome Zdenek nel carnevale del nostro divertimento.
Tre a uno in trasferta giocando come se lo stadio non contasse. Sempre all'attacco. Sempre in profondità . Tre tocchi, un'occasione. Si rimane incantati, senza necessarie appartenenze (enorme striscione nella comunità interista "Onore a Zeman, icona del calcio pulito") solo per il bello, per l'utopia fuori tempo massimo, per le danze di Totti e i gol di Pablo Daniel Osvaldo.
Due in due settimane. Due capolavori in equilibrio sull'improbabile. Dal calcio orizzontale all'hombre vertical. Da Luis Enrique a Zeman. Torna l'era del boemo. Tredici anni dopo, Roma sogna. La Lazio è al primo posto. Con il suo allenatore Pektovic, il Totti di Formello, Klose, doppietta (dopo i 30 ci si può mantenere in molti modi) e la favola di Candreva. Uno zingaro della modernità pallonara, sei mesi con una maglia, sei mesi in prestito da un'altra.
All'ennesimo viaggio riparatorio, approda da Lotito. E viene accolto da fischi e insulti per via di certe antiche passioni romaniste. Lui nega, si applica, insiste e alla fine si fa amare. Ieri gol pazzesco del due a zero, abbraccio della curva, prima del terzo gol e del primato in classifica che nessuno, dopo un'estate di sconfitte si sarebbe azzardato a prevedere.
Identica incredulità desta la Sampdoria di Ciro Ferrara. Sbattuta fuori dalla Coppa Italia in quel di Castellamare di Stabia (ultima in serie B) e poi capace di vincere a Barcellona, a Milano sul gruppo Allegri e ieri 2-1 con il Siena (con quella squadra e 5 punti in meno rispetto alle altre, Serse Cosmi è già alla ricerca dell'impossibile).
La Sampdoria rappresenta l'antidoto che il pallone ai tempi della crisi ha opposto alle ristrettezze. Rosa zeppa di under 25. Commistione tra esperti e incoscienti. Lo hanno fatto in molti. Si è ricominciato a pensare, a far giocare i giovani, a dare maglie di grandi club a chi le merita senza guardare l'anagrafe (Giovinco è solo l'esempio più luminoso, la nave scuola di un torneo stracolmo di un torneo di fratelli minori, di esordienti con licenza di far male). A lasciar spazio ad ali e fantasisti, ad allenatori che antepongono l'idea al calcolo.
Il bravo Maran a Catania (3-2 in rimonta al Genoa, doppietta di Bergessio), l'ottimo Ventura a Torino (4-2-4, calcio divertente, avvolgente, dispendioso). Il resto è la solita Juventus. La più forte del mazzo. Capace di fare i conti senza Conte. Passa a Udine 4-1, si giova di un'espulsione frettolosa e mette in mostra la consueta sicurezza agevolata dall'uomo in più per più di 70 minuti.
Se Guidolin è depresso, Udine non è più nel paese delle meraviglie e il Milan di Bologna vince con Pazzini in fondamentale concorso con il portiere Agliardi (fino a 13' dal termine si era in giusta parità ), Allegri ha sicuramente trovato un attaccante. Su un campo atroce (neanche in eccellenza) il Napoli gratta altri tre punti non del tutto meritati contro una Fiorentina piegata da due episodi (2-1; Hamsik e Dzemaili).
La vetta è in coabitazione, ma non è diffcile prevedere che il Napoli sia in alto anche domani. Guardando nel binocolo iniziano a definirsi possibili filoni felici e infelicità permanenti. Quella di Pescara, 8 undicesimi cambiati rispetto all'epoca di Zeman pare bisognosa di analisi. Sei gol subiti in due partite e il migliore in campo, un portiere di 18 anni, Perin. Un dramma sportivo che riduce a gloria effimera l'Inter trionfante di una settimana fa (al di là dell'exploit di Florenzi e compagnia, milanesi bolsi e Milito immobile) addensa nubi su Stramaccioni (un po' troppo sicuro di sé) e su altri suoi colleghi.
Nelle mani di Zamparini e Cellino, 50 esoneri in due da statistica, Sannino e Ficcadenti coach a cottimo, hanno giorni contati. Il Cagliari gioca due terzi della gara con l'Atalanta in dieci e complici due rigori sbagliati (Consigli li para entrambi prima di farsi male) si salva al 92' con i bergamaschi 1-1. L'ex coach del Siena che solo ieri diceva "faremo un grande campionato" subisce il secondo 0-3 consecutivo che incrina futuro e fiducia. Siamo solo a settembre, ma non è tardi per il cabaret.
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