Alessandro Angeloni per “il Messaggero”
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Daniele Adani, per tutti Lele, è in giro con la Nazionale, per la Rai: sabato a Bologna, domani a Cesena, poi ancora Wolverhampton e Mönchengladbach. Guarda l'Italia del suo amico Roberto Mancini, l'Italia del nuovo corso giovane, di Wilfried Gnonto, anni 18.
Ma davvero in Italia, questo ragazzo, lo conosceva solo lei?
«Io l'ho visto tante volte, quando giocava nella Primavera dell'Inter e poi anche quando si è trasferito a Zurigo. Ragazzo interessante, dotato fisicamente, ha tecnica, coraggio, personalità».
Ha sorpreso un po' tutti.
«Ha visto come tocca la palla? Fa un passo e la tocca, ne fa un altro e la tocca ancora. Così disorienta gli avversari e prende campo. L'altra sera gli ho sentito dire che aveva scelto di puntare il giocatore tedesco ammonito. Mi ha sorpreso, vuol dire che ha testa, è maturo».
Lo ha paragonato a Sterling.
«L'ha giocata che ha fatto sul gol di Pellegrini è una giocata alla Sterling. E poi le dirò di più».
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Prego.
«Lui nel ruolo di esterno non ci ha mai giocato. Nell'Inter faceva il centravanti, nello Zurigo o fa la seconda punta o il sottopunta. Metterlo lì è stata una intuizione di Mancini e Gnonto ha dimostrato di poterci giocare».
Beh, Mancio ci capisce.
«Ci capisce? Eh no no, sbagliato dire che ci capisce: Mancio è un genio».
Mancini, si sostiene, che sia più un tecnico adatto a calciatori più strutturati, tutto qua.
«Ed è una fesseria (non ha detto proprio così, ndr). Chi lo dice? Sempre con queste leggende. Mancio ha convocato Zaniolo che non aveva nemmeno un minuto in serie A. E' uno che sa di calcio, come detto, è un genio, proprio come Guardiola. Vede i calciatori e le loro prospettive tecnico-tattiche. Ne racconto un'altra».
MANCINI GNONTO
Prego, ancora.
«Nel 2015, il Mancio, che guidava l'Inter, durante un ritiro estivo, prese un certo Dimarco, all'epoca ragazzino della Primavera, abituato a giocare terzino o centrale dei tre, e lo mise subito a fare la mezz' ala. Era già avanti, aveva notato che ci poteva essere l'evoluzione di un difensore tecnico, capace di fare il centrocampista o la punta. Come Guardiola con Cancelo, tanto per fare un esempio. Mancio lo ha fatto qualche anno fa».
ITALIA ARGENTINA mancini
Tutto chiaro. Le piace questa nidiata di giovani azzurri?
«Non so dove ci porteranno, ma hanno dimostrato coraggio e hanno bisogno di sbagliare. Mi è piaciuto Frattesi. Insomma, vanno messi alla prova e avere pazienza. Quella azzurra è una maglia pesante. La Nazionale non è solo un lavoro, è un sentimento».
E di attaccamento ce n'è poco.
«Non entro nel merito delle ultime polemiche. Ma è un atteggiamento sbagliato. Un giocatore deve piangere sia se non viene chiamato dall'Italia sia se viene chiamato, perché deve farsela addosso per l'emozione. Questo è l'azzurro. Almeno è quello che accadeva a me. Bisogna esserci, specie in questi momenti, per vivere la propria chance».
Una volta si arrivava in Nazionale dopo tante fatiche.
«Io penso sempre a Vieri. Nei primi anni di carriera non riusciva nemmeno a stoppare il pallone e non lo dico io, lo racconta lui stesso. Poi, con il lavoro, appunto con il sentimento, si cresce. E poi Bobo è diventato uno dei bomber più forti in assoluto, segnando ai Mondiali un gol a partita».
Che si fa quando nell'Italia torneranno i vecchi.
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«Penso che questo nuovo corso si partirà alla pari. Ci sarà un mix di chi ha ottenuto la gloria e chi la cerca».
Zaniolo come si incastra in questa Nazionale.
«Ha bisogno di continuità, di ritrovare forza. E' un titolare».
E Pellegrini?
«Può diventare un leader. Il ruolo? Ha doti tecniche per fare l'esterno, ma non è Sané, non è Gnabry, ma è un esterno che viene dentro al campo e fa quello che fa nella Roma, il trequartista. E poi ha capacità realizzative: nel gol fa un movimento da attaccante, andando a premiare la giocata di Gnonto».
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E il cerchio si chiude.
LELE ADANI ADANI MANCINI alessandro florenzi wilfried gnonto italia germania