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    MEGLIO LA RECESSIONE DELL’INFLAZIONE! – GLI ECONOMISTI AMERICANI SONO CONVINTI: IL PRESIDENTE DELLA FED, JEROME POWELL, È DISPOSTO A SPINGERE L’ECONOMIA AMERICANA VERSO UNA RECESSIONE, PUR DI RIPRENDERE IL CONTROLLO DEI PREZZI – MA IL GIOCO È RISCHIOSO: LA CRISI POTREBBE DIVENTARE PIÙ GRAVE DEL PREVISTO, E LA DISOCCUPAZIONE SCHIZZARE ALLE STELLE. CON BUONA PACE DI BIDEN E DEL PARTITO DEMOCRATICO, CHE A NOVEMBRE RISCHIA UNA SCOPPOLA ALLE ELEZIONI DI MIDTERM


     
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    JEROME POWELL JEROME POWELL

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    Meglio la recessione dell’inflazione. Sembra essere questo il pensiero di Jerome Powell, presidente della Federal Reserve americana, di fronte ai dati choc della scorsa settimana (+8,6% per i prezzi al consumo. Powell sembra intenzionato a spingere l’economia a stelle e strisce in recessione, pur di riprendere il controllo sui prezzi.

     

    La data da segnarsi in rosso sul calendario è mercoledì 15 giugno: Powell parlerà ai giornalisti e annuncerà un aumento dei tassi di un altro mezzo punto percentuale.

     

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    Finora, fa notare Bloomberg, “Powell ha evitato di somministrare la dura medicina monetaria che fu necessaria a Paul Volcker a fine anni 70 per spezzare la schiena all’inflazione, quattro decenni fa. Sebbene Powell abbia recentemente riconosciuto che per tenere sotto controllo le pressioni sui prezzi potrebbe essere necessario un po' di dolore - e forse anche un aumento della disoccupazione - ha evitato di parlare apertamente di recessione”.

    joe biden joe biden

     

    Del resto ci sono le elezioni di midterm alle porte, e per il Partito democratico di Biden già si prospetta una mezza batosta: “Il presidente della Fed non vuole lasciarsi sfuggire di bocca la parola con la “R” in senso positivo, ovvero che abbiamo bisogno di una recessione”, sostiene l’ex responsabile delle politiche della banca centrale usa, Alan Blinder, “ma ci sono molti eufemismi e li userà”.

     

    Ma in cosa consiste la “spinta” verso la recessione di cui si parla negli ultimi giorni? Secondo l’ex vicepresidente della Fed, Blinder, “potrebbe essere necessaria una contrazione dell'economia e un aumento della disoccupazione per riportare l'inflazione a livelli più tollerabili, tanto meno per tornare all'obiettivo di prezzo del 2% fissato dalla Fed”.

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    In una ricerca pubblicata il 6 giugno, Anna Wong, capo economista di Bloomberg Economics, e i suoi colleghi hanno stimato che le probabilità di una recessione quest'anno sono una su quattro e quelle di una recessione l'anno prossimo sono tre su quattro. "Una recessione nel 2022 è improbabile, ma quella del 2023 sarà difficile da evitare", hanno scritto.

     

    jerome powell jerome powell

    E gli investitori hanno preso nota: i rendimenti obbligazionari sono balzati e le quotazioni azionarie sono crollate venerdì sul timore che la Fed possa premere più forte i freni della politica monetaria. Secondo i trader è sempre più probabile che la Fed continuerà ad aumentare i tassi di interesse a scaglioni di mezzo punto nelle riunioni di luglio e settembre, e alcuni economisti sostengono che sia sul tavolo addirittura un aumento più consistente di 75 punti base sia ora sul tavolo.

     

    paul volcker paul volcker

    Un'altra considerazione da fare è: posto che l’obiettivo primario è far “raffreddare” l’inflazione, fino a quanto sarà disposto a spingersi Powell?  Scrive Bloomberg: “L'indice dei prezzi delle spese per consumi personali - l'indicatore dell'inflazione preferito dalla Fed - è salito ad aprile del 6,3% rispetto a un anno prima, più di tre volte l'obiettivo del 2% della banca centrale. Se si escludono i costi volatili di cibo ed energia, i prezzi di base sono aumentati del 4,9%.

     

    Ethan Harris, responsabile della ricerca economica globale presso Bank of America Corp., ha affermato che la Fed sarebbe probabilmente disposta a scendere a compromessi e ad accettare un plateau dell'inflazione al 3%, con l'idea di affrontare il superamento del suo obiettivo gradualmente nel tempo. Questo le permetterebbe di evitare di spingere gli Stati Uniti in una fase di recessione. "Ricordiamo che il grande combattente dell'inflazione Paul Volcker si è tirato indietro quando l'inflazione era scesa al 4%", ha detto Harris”.

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    Certo è che, come ha fatto notare Olivier Blanchard, ex capo economista del Fondo Monetario Internazionale, la Fed e le altre banche centrali hanno fatto un "pasticcio”, permettendo all'inflazione di andare fuori controllo.

     

    Secondo Blanchard, ora senior fellow presso il Peterson Institute for International Economics, le banche centrali dovrebbero interrompere la politica restrittiva quando l'inflazione scende al 3% e fissarla come nuovo obiettivo di prezzo, piuttosto che rischiare una recessione spingendola al 2%”.

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    Anche perché più a lungo l'inflazione rimane elevata, maggiore è la possibilità che si radichi nell'economia. È quello che è successo negli anni '70, e fu il motivo principale per cui Volcker fu costretto a sottoporre l'economia a un tale sforzo per far scendere l'inflazione.

     

    Ma un'azione troppo aggressiva per affrontare le pressioni persistenti sui prezzi comporta anche dei pericoli. Potrebbe spingere l'economia in una recessione molto grave che farebbe schizzare la disoccupazione alle stelle.

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