Domenico Quirico per “la Stampa” - Estratti
Luc Melenchon festeggia in piazza
Insomma: Mélenchon è un rivoluzionario di buona stoffa, un commesso viaggiatore del diavolo o banalmente un facinoroso parolaio e superfluo, un infatuato della rivolta ad oltranza, una pietra di inciampo prima di tutto per la sua parte, la gauche, che per quella degli avversari?
Per decifrarlo, ora che calamita speranze molto covate e terrori subitanei, azzardiamo paragoni con la Rivoluzione francese, quella vera. Ebbene il leader de La France insoumise, vincitore delle elezioni confezionate dall'ormai dissacrato presidente Macron, chiama in causa gli Arrabbiati, l'estrema del fronte sanculotto indottrinati dal prete rosso Jacques Roux, e dalla bibbia giornalistica al veleno de Le Pére Duchesne.
manifesti con melenchon
(...) Personaggi simili starnazzano per un po', si inebriano della popolarità, avvicendano declamazioni per coprire la mancanza di convinzioni profonde, fanno finta di dirigere l'opinione mentre non fanno altro che secondarla. A loro tocca la prima parte del dramma, il demolire, per cui bastano insensati e furibondi.
A ricostruire servono carattere e menti addottrinate. Pare tempo nella sinistra francese di canonisti della mediazione e dell'inciucio, che sappiano chinare l'ideale agli interessi, non dei violenti invadenti, degli esageratori come Mélenchon.
manuel bompard jean luc melenchon rima hassan
Lui è un menapopoli che vive di frasi e con le frasi non si può certo governare. Sono innocui questi Bruti, le rivoluzioni vere le fanno i laconici, non i chiacchieroni. Non sarà fatica per i moderati e i padroni del vapore riuniti attorno allo sconclusionato Presidente riportarlo al suo cantuccio.
Mélenchon al ministero! Suvvia, si dormano sonni beati al Bois de Boulogne. Semmai a temerlo dovrebbero essere proprio i compagni improvvisati e provvisori del Fronte.
Mélechon è a suo agio quando si scatena la confusione politica e pullulano i verbali del catafascio, si rallentano i freni, la folla elettorale corre sull'esempio dei più arroganti e vuole distruggere, non emendare. L'oltranzismo, le invettive e le provocazioni sono la sua ideologia politica, gli ha portato fortuna invocare un nuovo che sia però capace di tutto, dove la licenza del fare nasca prima di tutto dalla licenza del dire.
(...)
melenchon
Agitarsi incessantemente, gridare, insultare, asserire, farragginare speranze smodate, non lasciar mai che, dentro o fuori dalla sua area politica, lo si dimentichi, nessuno scrupolo nella scelta degli argomenti, cambiarli secondo il vento. Perché il suo elettorato è quello dei quartieri popolari, la piccola Francia dei furibondi.
A cui propone di scapestrarsi contro i ricchi, di perseguitare il loro rappresentante Macron come il fato di Oreste. La sente quasi fisicamente nei comizi, la sprona e seduce questa plebe il cui solo male è l'esser povera, a cui propone scioperi e cortei violenti e annunci di partizioni bolsceviche delle fortune, «la ghigliottina fiscale» come l'ha definita un ministro macroniano già in preda a freddi sudori patrimoniali.
macron melenchon
Che più? Cavalca le tensioni comunitarie, rifiuta di condannare l'attacco di Hamas del 7 ottobre come terrorismo, spregia i media e naturalmente odia le élite, e gioca sull'ambiguità su Russia e Ucraina. Comizi furiosi e pasquinate contro l'autorità sulle piazze e dai pulpiti televisivi, declamazione contro l'ordine esistente: contro le storiche perfidie dei conservatori e le titubanze della gauche riguardosa e traffichina propone di levarsi come vipere.
È con questa linea politica che ha continuato a guadagnare minuziosamente voti fino a diventare prima la stampella della sinistra ormai ridotta alla irrilevanza e poi il caudillo che l'ha portata alla imprevedibile vittoria relativa del 2024.
de magistris melenchon
È stato un bene per la sinistra francese aver trovato Mélenchon? E se Mélenchon non ci fosse stato? La sinistra poteva non esistere affatto se non fosse esistito lui con le sue furie, questo figlio di pied noir, ex trozkista che alla teoria della rivoluzione permanente ha sostituito quella del conflitto permanente tout azimout», a 360 gradi, ex massone del Grande Oriente (nessun intrigo, per carità, i socialisti francesi sono di casa nelle logge), uno che vuole uscire dalla Nato e si propone di sradicare la miseria usando i soldi dei ricchi.
Adesso molti accorrono da lontano al fiuto del successo.
In un tempo in cui la mediocrità è l'ideale possibile si può prendere un uomo qualsiasi, un settantenne dal viso di zio pacioccone che porta regali ai nipotini insalivati, una pasta d'uomo si direbbe, un candidato alla pétanque, e farlo diventare elezione dopo elezione, decadenza dopo decadenza, un esplosivo tribuno della plebe.
jean luc melenchon dopo il voto per le elezioni legislative
A sinistra non ha esitato a gettare l'incendio con tutti, da Ségolene Royal fino ai compagni di Nupes, l'avventura comune che lui stesso aveva lanciato nel 2022, gli ennesimi compagni di strada disperati dai suoi eccessi e dalla scarsa considerazione in cui li teneva. Un leader che gli dava noia l'ha bollato come un nuovo Doriot, il comunista degli anni trenta passato al collaborazionismo con i nazisti. A una giornalista bollata come islamofoba han dovuto dare la scorta.
Ha l'arte della parola ovvero delle frasi che sembrano scultoree ma restano vaghe. Sa dunque sedurre, eppure mal si accomoda a persone indipendenti. Impenetrabile e dissimulato non tollera vicino che devoti, non lascia parlare se non quelli che assentono.
jean luc melenchon dopo il voto per le legislative
Il Fronte popolare con un tipo simile è stata una necessità di fronte alla ascesa di Le Pen ma ora autoritarismo e settarismo di questo torneadore del comizio diventano infesti, minano le piccole laboriosità del successo progressista mentre la tempesta della ingovernabilità macchia ogni ottimismo.
jean luc melenchon voto per le elezioni legislative
A lui manca, poveraccio, l'arte di Stato.
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