TONY EFFE VIA DAL CONCERTO DI CAPODANNO A ROMA PER I TESTI “VIOLENTI E MISOGINI”? MA ANDATE A…
Stefano Folli per “la Repubblica” -Estratti
Il rapido viaggio compiuto sabato da Giorgia Meloni a Parigi per conoscere Donald Trump e rivedere l’amico Elon Musk rientra senza dubbio, come è stato scritto, nella categoria delle “photo opportunity”: l’occasione di scattare un’istantanea con il personaggio del momento. Ma in questo caso è anche qualcosa di più. E per capirlo meglio si deve guardare a Roma, al Circo Massimo: il presidente argentino Javier Milei, l’uomo della motosega con cui disbosca la burocrazia e taglia i ministeri, ospite di Atreju, la festa di Fratelli d’Italia.
DONALD TRUMP - ELON MUSK - GIORGIA MELONI
Un’altra fotografia a buon mercato? In questo caso forse no, visto che l’ospite argentino ha varcato l’oceano per prendere parte a una manifestazione di partito. Per farla breve, la premier in pochi giorni incontra — e con viva cordialità reciproca — il presidente neo eletto degli Stati Uniti, Trump, e i due interpreti planetari della linea più aggressiva contro la spesa pubblica: Musk e, appunto, Milei.
Entrambi si sono dati la missione quasi mistica di ridurre ai minimi termini l’intervento economico dello Stato nella società, nel sottinteso che esso non serve allo sviluppo, ma solo a creare consenso politico mortificando le leggi del mercato. Il liberismo come raramente si è visto nel mondo occidentale, Stati Uniti compresi, quanto meno da un secolo a questa parte.
DONALD TRUMP E GIORGIA MELONI A PARIGI PER L INAUGURAZIONE DI NOTRE DAME
Vuol dire che Giorgia Meloni ha abbracciato questa visione? Difficile crederlo, considerando che la tradizione di Fratelli d’Italia poggia su di una solida e antica cultura statalista e nulla fa pensare che le cose stiano cambiando. Altrimenti, prima di abbracciare le posizioni di Musk e Milei, il governo di centrodestra avrebbe già dato qualche segno della rivoluzione culturale, ad esempio sul terreno fiscale.
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Quale messaggio si vuole mandare? Forse si cerca, in primo luogo, di indicare agli italiani che la cultura della sinistra non è più in grado d’interpretare la società. “Vasto programma” avrebbe detto il generale De Gaulle. C’è il tentativo di entrare in sintonia con Trump e la sua carica, chiamiamola così, di conservatorismo innovatore.
Di Musk si condivide la volontà di rovesciare i vecchi parametri. E di Milei si sottolineano i parziali successi in Argentina, contro lo scetticismo di tanti osservatori. Sul piano pratico l’Italia non seguirà in nulla la strada da costoro indicata, anche perché sarebbe nei fatti impossibile. Ma si lascia intendere che, se potesse, la Meloni magari lo farebbe.
Un’illusione, più che altro.
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Ora la premier italiana dovrà sanare una contraddizione. La buona relazione con Trump rischia di entrare in contrasto, prima o poi, con la strategia dei piccoli passi attraverso cui l’Italia si è inserita nella Commissione Von der Leyen. Un organismo debole, di sicuro inviso alla nuova amministrazione americana, ma importante per l’Italia che ha appena ottenuto una vicepresidenza esecutiva con Fitto.
DONALD TRUMP ELON MUSK E GIORGIA MELONI A PARIGI PER L INAUGURAZIONE DI NOTRE DAMEGIORGIA MELONI E JAVIER MILEI IN ARGENTINA giorgia meloni e javier milei a buenos aires foto lapresse 2giorgia meloni e javier milei a buenos aires foto lapresse 1INAUGURAZIONE DI NOTRE DAME - DONALD TRUMP E GIORGIA MELONI
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