Pierluigi Panza per https://fattoadarte.corriere.it/
la clemenza di tito 2024 vitelia marco borrelli
Nel 2017 Peter Sellars mise in scena al Festival di Salisburgo una “Clemenza di Tito” con l’imperatore nero, i migranti come buoni e i romani bianchi come cattivi, tra i quali spiccava l’eccellente Marianne Crebassa.
Oggi a mettere in scena l’opera mozartiana, dopo l’anticipazione a Pentecoste, è il canadese Robert Carsen su incarico della italo-monegasca Cecilia Bartoli. Tito è un euroburocrate a capo del Governo italiano: su questo non ci possono essere dubbi perché la scena si svolge nell’italico Parlamento e a Palazzo Chigi, tra bandiere italiane, europee e il simbolo della Repubblica italiana con al centro una I bella grande.
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Vitellia è la francese Alexandra Marcellin: non si capisce quello che canta, ma la somiglianza con Giorgia Meloni è fin troppo esibita per non capire. Vitellia induce il suo innamorato Sesto, interpretato da una Cecilia Bartoli en travesti, a ordire - come da libretto - un colpo di stato contro il democratico liberal Tito.
Ad attuare materialmente il colpo di Stato entrano in scena, e in video sul fondo, i trumpiani che il 6 gennaio 2021 assaltarono il Campidoglio degli Stati Uniti, innestando così un esplicito collegamento tra il libretto scritto da Caterino Mazzolà per Mozart, l'evento in cui i sostenitori di Trump hanno assaltato Capitol Hill e il Parlamento italiano.
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Se Tito fosse stato Joe Biden, e alla fine avesse perdonato i rivoltosi, sarebbe stata una attualizzazione rispettosa della storia e del libretto. Ma non siamo a Washington, bensì a Roma, e la storia non va nemmeno a finire come previsto.
Tito, come da libretto, sopravvive all’attentato, le bandiere europee da ammainate durante l’attentato vengono rimesse in ordine e l’imperatore si mostra clemente verso Sesto e verso l’anima nera della macchinazione, la blonde Vitellia divorata dalla sete di potere (e anche dal palpare il di dietro della Bartoli, maschio en travesti e non viceversa).
Ma, alla fine, Carsen-Bartoli deragliano dal perimetro del testo e si inventano un secondo attentato, questa volta ordito da Publio sempre su ordine di Vitellia e sempre con gli assalitori di Capitol Hill. Questo secondo attentato – del tutto assente nell’opera originale - va a buon fine: il democrat Tito muore e la bionda Vitellia, finalmente, si può sedere a Palazzo (Chigi, sottinteso). Il sipario si chiude.
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Nell’originale a Praga del 1791 l’imperatrice d’Austria definì l’opera “una porcata tedesca”. L’opera, invece, ha bella musica ed è ben diretta da Gianluca Capuano. La “porcata”, tra virgolette, è un po’ di Carsen-Bartoli intenti a mostrare all’élite europea il “colpo di mano” della destra in Italia che, però, colpo di mano non è stato in quanto Giorgia Meloni è stata regolarmente votata alle elezioni e non ha preso d’assalto Palazzo Chigi.
Tuttavia, per Carsen non fa differenza: “Ho allestito un Parlamento perché voglio rendere tangibile la presente minaccia che proviene dai partiti di destra in varie democrazie (ndr qui le bandiere, però, sono solo quelle italiane e pure le “sembianze” della premier).
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Partiti che stanno prendendo posizioni sempre più estreme nelle sfere della vita sociale e che, se non sono già al potere, animano di prenderlo appena possibile. E quando lo prendono intendono sbarazzarsi dell’opposizione e non hanno scrupoli usando metodi che ritengono necessari”.
In generale, Carsen pare suggerire che non ci sia posto per la magnanimità in questo mondo e che un leader indulgente o democratico sia destinato a soccombere. Al tempo stesso racconta di una bionda Vitellia “italiana” che prende il potere in barba alla democrazia. E qui ciascuno tragga le conclusioni che vuole.
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