Mentre Dagospia sganciava la bomba è stata scattata questa foto. Nei giardinetti davanti alla sede Rai. Si riconoscono Marcello Ciannamea, Felice Ventura, Stefano Coletta e Mario Orfeo (Prima Comunicazione) pic.twitter.com/LxB3cqVNh2
— Giuseppe Candela (@GiusCandela) June 2, 2022
Ilario Lombardo per la Stampa
MARCELLO CIANNAMEA, FELICE VENTURA, STEFANO COLETTA E MARIO ORFEO
Ecco, l'immagine che bisogna tenere in mente, come dice un navigato politico del Pd che prova a interpretare l'ennesimo caso Rai, è la Vucciria di Palermo. Il mercato ritratto da Renato Guttuso, colorato di urla che rimbalzano da una parte all'altra dei banchi del pesce, un'idea di caos che è fantasia popolare e geometria di opposti interessi mercantili.
Questo per dire che sul defenestramento improvviso di Mario Orfeo a opera dell'amministratore delegato Carlo Fuortes, le versioni divergono. Le fonti sono tante, molte accomunate da un paio di reazioni: stupore e sbigottimento.
Per orientarsi va indagata la politica, prima di tutto. Senza la quale la Rai non sarebbe la Rai, sovrastruttura del potere.
mario orfeo
Appena arriva la notizia sull'estromissione di Orfeo dalla direzione del genere Approfondimenti, dal Nazareno, quartier generale del Pd, partono telefonate e messaggi diretti a Palazzo Chigi. La segreteria di Enrico Letta vuole capire cosa è successo, se c'è una regia dietro, se il premier Mario Draghi o il suo staff fossero stati preallertati da Fuortes. La risposta: «Non ne sappiamo nulla». Draghi è impegnato su altro, sulle prossime visite internazionali, Israele, G7 in Germania, vertice Nato e bilaterale in Turchia.
CARLO FUORTES
Ma è difficile credere che il capo del governo non si occuperà di una decisione che ha un impatto politico esplosivo su una buona parte della sua maggioranza, come dimostrano le reazione di Pd, centristi, Forza Italia, persino Luigi Di Maio che informalmente chiede lumi. Nell'eterna lottizzazione che Fuortes non ha minimamente scalfito, Orfeo è considerato espressione del Pd. È chiaro che a un anno dal voto ogni mossa sulla tv pubblica potrebbe essere fatale. L'informazione è la migliore alleata della campagna elettorale, e spesso è rivelatrice delle tendenze politiche del futuro governo. Se le indiscrezioni fossero confermate, al posto di Orfeo si sposterebbe dal Day Time (la fascia del mattino e del pomeriggio) Antonio Di Bella, che a sua volta lascerebbe il posto ad Angelo Mellone, dirigente in quota Giorgia Meloni, autore del volume Dì qualcosa di destra, e presente ai tavoli della convention milanese di Fratelli d'Italia. Basta questo a scatenare i partiti di maggioranza, che sospettano omaggi troppo solerti agli equilibri di domani. I dem sono pronti a portare la battaglia in commissione di Vigilanza Rai.
Per il momento, invece, Draghi dà mandato di tenersi lontani dalla faida. E fa dire: «È una cosa tra loro due». In realtà, da Palazzo Chigi partono, a sua volta, telefonate in uscita.
Si vuole conoscere la versione di Orfeo. Che è, più o meno, questa. Alle 11 di ieri mattina viene convocato da Fuortes che gli comunica la decisione: «Perché - spiega l'ad - è venuto meno il rapporto di fiducia».
carlo fuortes foto di bacco
Orfeo è sconcertato. Appena 48 ore prima, lunedì, aveva riunito conduttori di programmi estivi e invernali per parlare delle prossime stagioni. Non poteva minimamente immaginare cosa sarebbe successo. Il punto su cui le ricostruzioni divergono sono i palinsesti. Fuortes sostiene che Orfeo non li abbia presentati, nonostante le tante sollecitazioni. Non solo, l'ad, molto attento ai costi, avrebbe notato spese eccessive e ingaggi troppo alti, oltre a una particolare attenzione per la scuderia dell'agente Claudio Caschetto. Un nome su tutti: Ilaria D'Amico, destinata alla prima serata di Raidue.
antonio di bella
«Questa è un'azienda, e un dirigente non può fare quello che gli pare», è la spiegazione offerta da Fuortes a chi ha avuto modo di parlargli ieri. In questo senso, avrebbe lasciato strascichi anche il caso di Bianca Berlinguer. Fuortes non ha gradito di passare per censore per conto di Draghi, quando è trapelata la notizia della volontà del responsabile dei talk show di far fuori il programma di Raitre Cartabianca. Orfeo, però, la vede diversamente. Berlinguer era presente nei palinsesti, assicura. E su gran parte dei programmi presentati, ha confidato ad amici, c'era stato l'ok di Fuortes, entusiasta di avere in Rai la striscia politica di Marco Damilano e il crime firmato Giancarlo de Cataldo.
Tutto all'interno del budget previsto dall'azienda. A Viale Mazzini il senso di spaesamento è percepibile a ogni telefonata. Era noto che i rapporti tra i due non fossero buoni. Orfeo avrebbe preferito restare al Tg3. In alternativa, qualcuno dice avrebbe gradito di più il posto di Stefano Coletta al genere Prime Time. Ma appunto: le voci si confondono come al mercato della Vucciria. Resta una sola certezza: da lunedì i Generi rimpiazzeranno le reti Rai. Una rivoluzione. E queste sono le premesse.
mario orfeo