Walter Galbiati per la Repubblica
GIOVANNI BAZOLI SI RIPOSA FOTO LAPRESSE
Nelle intercettazioni lo chiamano «Nanni». Lui è Giovanni Bazoli, lo hanno accusato di essere parte della «cabina di regia» che da sempre governa Banca Ubi, la popolare nata dalla fusione del gruppo bergamasco Bpu con la bresciana Banca Lombarda. E lo accusano di aver agito in modo occulto, perché dal 29 marzo 2012, da quando ha lasciato l’incarico nel consiglio di sorveglianza della banca, non ha più avuto ruoli ufficiali se non quello di presidente dell’Associazione Banca lombarda piemontese (Ablp), un organismo esterno che non dovrebbe agire sulla banca, ma che in realtà insieme con l’altra associazione bergamasca Amici di Ubi è uno dei bacini da cui attingere i voti per garantirsi la maggioranza in assemblea. E lo accusano di aver agito in conflitto di interessi, perché ai tempi era anche presidente del consiglio di sorveglianza di Banca Intesa, una concorrente.
BANCA UBI
Bazoli, invece, è convinto dell’opposto: «Ho avuto una totale osservanza delle leggi». Non esiste nessun patto occulto tra Bergamo e Brescia, tutto è sempre stato reso pubblico coinvolgendo anche Banca d’Italia. Ed espone il suo pensiero in una telefonata intercettata dalla Guardia di Finanza con l’amministratore delegato di Banca Intesa Sanpaolo, Carlo Messina: «Quando è stata fatta la fusione tra le due banche, tutto è avvenuto sotto il controllo degli avvocati, col parere di Marchetti, per creare pariteticità tra Brescia e Bergamo ed è quello che è contestato. Ma tu pensa un po’… tutto noto a Banca d’Italia. Io sono in quell’associazione lì di azionisti per il fatto di avere progettato un tipo di fusione di questo genere che è codificato nello statuto e dopo si è tradotto nell’organizzazione del comitato nomine, ma è tutto pubblico e adesso per questo vengo chiamato in causa. Io sono veramente sconcertato».
carlo messina
Per costruire la sua accusa, la procura parte da un sms: «Buongiorno Nanni e Mario. Confermato appuntamento per il 13.3 ore 18 a casa mia con le tre persone che sapete. Franco». A mandarlo è Franco Polotti, presidente del consiglio di gestione di Ubi. «Nanni» è Giovanni Bazoli, «Mario» è Mario Cera, vicepresidente del consiglio di sorveglianza. Loro tre sono la parte bresciana nell’incontro organizzato a casa di Polotti il 13 marzo 2013, un mese prima dell’assemblea annuale della banca.
FRANCO POLOTTI
«Le tre persone che sapete» sono, invece, Italo Lucchini, componente del consiglio di gestione, Andrea Moltrasio, presidente del consiglio di sorveglianza, Armando Santus, vicepresidente del consiglio di sorveglianza, e rappresentano Bergamo. La riunione (occulta secondo l’accusa, normale secondo la difesa) svelerebbe come le due anime di Banca Ubi si siano consultate per anni per spartirsi il potere. Nell’occasione devono decidere le sorti dell’ad Victor Massiah e quale forma societaria dare a Ubi, se trasformarla in una «banca unica» oppure lasciarle il modello federale.
VICTOR MASSIAH
Il dubbio sulla regolarità dell’incontro viene allo stesso Polotti in un’altra telefonata preparatoria: «giovedì ci sarà un incontro informale, di organi “un po’ spuri” chiesto da Bergamo». La riunione è una specie di resa dei conti tra i due schieramenti, con i bergamaschi frustrati perché fin dal primo giorno della fusione si sono sentiti succubi dei bresciani, soprattutto di Bazoli, e ora vogliono cambiare il modello di banca federale tanto caro a Bazoli. Il riassunto dell’incontro è di Polotti al telefono con Massiah. «L’incontro è iniziato in modo spigoloso, ma poi si è chiuso in modo costruttivo. Il primo intervento - riportano i brogliacci - è stato di Moltrasio che ha iniziato a parlare con un certo disagio, ma sostenendo che il ruolo reddituale di Bergamo è maggiore di quello di Brescia».
ANDREA MOLTRASIO
Per Polotti, «Moltrasio è stato costretto da molti “grilli parlanti” a far pesare il ruolo di Bergamo, ma ha esagerato quando ha esposto il libro di Guatri di cui ha letto una frase: “Abbiamo dovuto sopravvalutare Brescia, sottovalutare Bergamo per dimostrare che era un’operazione alla pari e poi i bresciani verranno a comandare”». «A quel punto – continua Polotti - è partito Bazoli che era paonazzo, si vedeva che era nervoso, che si agitava con le gambe, con le mani e ha cominciato a dire che era molto sorpreso perché si aspettava un incontro in cui si sarebbe parlato dei successi della Banca negli ultimi mesi, invece si parla di mettere in discussione quelli che sono stati principi alla base della nascita di questa banca e tutto quello che va a minare la pariteticità e l’equilibrio». E Bazoli mette sul piatto anche il lavoro fatto dall’Abpl in assemblea con la raccolta voti: «Se noi non avessimo difeso la banca, a questo tavolo non ci sarebbe nessuno di noi sei».
FRANCESCA BAZOLI
MARIO CERA
Bazoli stesso resta scosso dal tono della riunione e il giorno dopo si confida con la figlia Francesca, anche lei indagata: «Ieri ho fatto una parte dura che mi è costata, perché quello (riferito ad Andrea Moltrasio) è partito in ira a recitare la parte, ma l’ha recitata in modo durissimo, facendo tutta una serie di considerazioni che portavano poi a dire: “andiamo alla banca unica, senza mezzi termini”. E io ho reagito in modo fortissimo, perché i miei due compagni (Polotti e Cera), anche perché impegnati quotidianamente con loro, avrebbero reagito in un modo molto più soft. Io ho voluto far capire che su questa strada non si va da nessuna parte. Ti dico di più, l’uomo (Moltrasio) non è granché intelligente perché ha condito con due passaggi di un saggio da cui risulta che i rapporti di concambio di allora della fusione non erano equilibrati, una cosa che risale a otto anni fa». «È toccato continua Bazoli fare una parte che di solito non faccio, perché io ricompongo. Insomma volevo dirti che mi tocca ancora fare le parti… mi sento la responsabilità del dover fare, però è pesante, è pesante, pesante».
ASSEMBLEA UBI
Duro il commento anche sul fronte bergamasco. Santus parla con Moltrasio, riferendosi a Bazoli: «Prima avevi della gente che si inginocchiava e basta e la prendeva in quel posto, adesso noi ti diciamo come pensa Bergamo. Offenditi, se sei stato in buona fede, ti offendi, mi spiace; ma se sei stato in cattiva fede, ricordi che noi l’abbiamo capito ». Moltrasio, invece, manifesta i timori per aver urtato Bazoli: «Ho detto ai miei che mi verranno a trovare sulla mia tomba». E aggiunge: «Queste riunioni fatte a casa tua con il presidente di Banca Intesa, ma insomma se lo venissero a sapere che figura ci facciamo diventa una cosa complicatissima». E Polotti: «Dipende da noi tenere la bocca chiusa». Una reticenza che ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati di 23 persone, tra cui tutti i vertici della banca.