Marco Bonarrigo per il “Corriere della Sera”
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Tre medaglie d'oro: palla, nastro, cerchio. E una di bronzo alle clavette, «colpa» di due prese mancate durante un esercizio di grande difficoltà. A 18 anni Sofia Raffaeli da Chiaravalle, Ancona, ha già scritto la storia della ginnastica ritmica italiana.
Giovedì in Bulgaria, la poliziotta marchigiana è stata la prima azzurra a vincere un titolo mondiale individuale. Anzi, se n'è presi tre grazie a esercizi stupefacenti. Oggi Sofia tenterà l'assalto all'ultima medaglia, quella del concorso generale che offre il pass diretto ai Giochi di Parigi 2024.
Sofia, davvero si è costruita una palestra in casa per allenarsi anche dopo le otto ore quotidiane alla Ginnastica Fabriano?
«È successo durante il Covid: i miei genitori hanno fatto spazio in salotto e abbiamo montato una pedana uguale a quelle da competizione».
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Immaginiamo per fare stretching o al massimo qualche volteggio.
«No, ci lancio anche nastri, palle e clave. Cerco di stare attenta ma il soffitto è basso e ogni tanto sbaglio. Ho rotto un lampadario e svariati soprammobili».
Compagne e allenatrice la chiamano «Formica Atomica» perché è instancabile.
«Quella che in tv sembra una fluidità totale è frutto di un lavoro enorme. La sequenza viene costruita pezzo per pezzo e se considerate che ogni movimento va moltiplicato per i quattro attrezzi a volte le otto ore non bastano».
Julieta Cantaluppi, la sua allenatrice, dice che è una passione feroce a renderla così resistente.
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«È vero. Posso sembrare una perfezionista, una maniaca dell'allenamento. In realtà amo alla follia quello che faccio e ci metto tutta me stessa perché la ritmica ti punisce se non lavori tanto».
La parte più faticosa dell'allenamento?
«Ripetere lo stesso movimento centinaia di volte, fino a memorizzarlo. E poi incastrarlo con quello prima e quello dopo».
La palla che lei lancia altissima ed esce dal campo visivo della telecamera sembra non atterrare mai. Però poi ricade sempre sui suoi piedi o sulle sue mani.
«Sulla palla e in generale sugli attrezzi in volo mantieni un controllo visivo che devi mascherare per non rovinare l'estetica dell'esercizio. La cosa più difficile, che mi è successa giovedì con la bacchetta del nastro, è dover recuperare l'attrezzo a un centimetro dal suolo, prima che tocchi terra e scatti la penalità. Devi essere rapida e imperturbabile».
Cerchio, clavi, nastro, palla. Vero che viaggiate sempre assieme?
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«Verissimo. Sono oggetti costruiti su misura, sulle misure delle mie mani. In aereo le palle andrebbero sgonfiate e il cerchio smontato. Ma si potrebbero danneggiare. Così prima di ogni volo chiamiamo la compagnia aerea e spieghiamo la situazione. Il cerchio lo affido alle hostess: non entra nella bagagliera».
L'attrezzo più difficile da maneggiare?
«Il nastro: è lunghissimo e non sai mai bene dove prenderlo».
Quanto conta il pubblico?
«Tantissimo prima per caricarti e dopo per premiarti o consolarti. Durante l'esercizio è come se isolassi solo il canale audio della musica, sono in trance».
Si sente diversa dai suoi coetanei?
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«Sono consapevole di esserlo. Esco pochissimo e quasi solo con le mie compagne per una pizza o un gelato e senza mai fare tardi. Per allenarmi ho scelto di frequentare un liceo paritario (Scienze umane, ndr) in orari serali e mi sono appena iscritta a un corso di laurea online in psicologia. Ma la diversità non mi pesa: sto seguendo un mio percorso e ne sono orgogliosa».
Il suo tempo libero?
«Serie tv, qualche libro, chiacchiere con i miei. Niente social, tanto sonno per recuperare la fatica degli allenamenti».
Ha avuto notizie dell'alluvione nelle sue Marche?
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«Sì e mi hanno profondamente colpito. Sono legatissima alla mia terra e la porto sempre nel cuore».
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