Sarah Martinenghi per la Repubblica
simone caminada
Da anni è il suo più stretto collaboratore, ne cura l' agenda, lo segue nei viaggi e lo assiste nelle scelte di ogni giorno. Un rapporto strettissimo quello tra Simone Caminada, 36 anni, blogger italiano di origine brasiliana e maestro orafo con la passione per la cultura e la politica, e il professore e filosofo Gianni Vattimo, che nulla c' entra in questa vicenda se non per il fatto che proprio a casa sua, in pieno centro a Torino sarebbe stata violentata una ragazza la sera del 30 agosto.
Una storia da "codice rosso", che ha portato la procura a trattare la vicenda con l' assoluta priorità stabilita nell' ascoltare subito il racconto della vittima facendo partire l' indagine per accertare cosa sia davvero accaduto in quell' appartamento.
vattimo simone caminada
Da alcuni giorni è stata depositata una querela contro Simone Caminada, che in realtà la ragazza dice di aver conosciuto come figlio adottivo del filosofo, tanto da averlo addirittura denunciato come "Simone Vattimo": così lui, a lei, si sarebbe presentato. In procura, dove già da alcuni giorni era arrivata la comunicazione da parte dell' ospedale sul caso di presunta violenza sessuale subita dalla giovane, hanno in breve chiarito l' equivoco sul vero cognome dell' indagato.
Ora però c' è il racconto, ancora tutto da verificare, della denunciante, che ricostruisce con grande difficoltà, e dettagli ma nessuno decisivo, i pochi ricordi di quella sera: un black out dovuto all' alcol di troppo le avrebbe annebbiato la mente proprio nei momenti della violenza. Un venerdì sera inizialmente trascorso nei locali del centro, in compagnia in un primo tempo, di un' amica e addirittura del padre. Proprio l' amica l' avrebbe messa in guardia dal blogger, avendo notato sguardi «un po' troppo insistenti».
simone caminada
Rimasta sola con lui, dopo cinque bicchieri di prosecco, un vodka- lemon e qualche pizzetta nello stomaco, il racconto di quella serata diventa più nebuloso. La giovane dice di averlo seguito a casa, ammette di ricordare poco, ma spiega anche di aver sentito altre voci, tra cui quella di una donna, forse una governante. E di essersi ritrovata in una camera da letto dove sarebbe avvenuto un rapporto non consenziente. Ricorda il groppo in gola e la paura, di essere riuscita a parlare al telefono con il fidanzato, facendo finta con Simone che si trattasse di suo padre e mostrando un' apparente serenità per non destare sospetti. Frasi come «smettila, mi fai male, non voglio» sarebbero però state sentite dall' altro capo del telefono, tanto che il fidanzato allarmato avrebbe intuito la sua difficoltà.
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Scesa in strada, l' avrebbe trovato ad attenderla, e lì avrebbe ammesso: «Simone mi ha violentato». Sono stati così chiamati i carabinieri e la ragazza è stata portata in ospedale, dove ha rifiutato alcuni esami e ha acconsentito ad altri. La segnalazione sul presunto abuso è arrivata in procura e la ragazza è stata chiamata per i dettagli. Lei si è rivolta all' avvocato Deborah Abate Zaro per essere assistita e la sua versione è stata messa nero su bianco.
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