Paolo Brera per “la Repubblica” - Estratti
putin lanfranco cirillo
Ti sommerge di aneddoti, Lanfranco Cirillo. Lui che conosce Putin personalmente, ma del privato con il “Capo” non si parla; lui in tribuna d’onore tra i generali russi, alla parata militare sulla piazza Rossa; lui e gli oligarchi stracolmi di dollari — in contanti, rigorosamente — e di sogni occidentali.
E ancora lui e lo stufato d’orso, a tavola coi miliardari del gas e del petrolio sanzionati o con gli alti ufficiali del Kgb, tra fiumi di vodka e whisky che si sforza di non bere ma lascia a loro: «Tra un bicchierino e un cetriolo mi raccontò dei corsi in cui aveva imparato a resistere alla macchina della verità», racconta del «generale Alexandr del Kgb», cognome omissis , il suo primo contratto in Russia e il suo «primo amico».
lanfranco cirillo
Era l’inizio della lunga galoppata moscovita che lo porterà a essere l’unico italiano ad aver ricevuto, nel 2014, la cittadinanza onoraria direttamente da Putin. L’architetto Cirillo, come lo chiamano pur non essendo iscritto all’Ordine in Italia, ha costruito «ville per 44 miliardari russi della lista di Forbes » diventando multimiliardario lui stesso: elicottero e jet privato, ville in mezzo mondo e cantine vinicole, yacht e spedizioni artiche, affari e progetti col re di eSwatini o il governo indonesiano... Tutto cominciò a tavola col generale: «Era l’autunno del 1993», ricorda in un libro (“L’architetto di Putin”, Edizioni Piemme) scritto con Fiammetta Cucurnia, firma di Repubblica di cui è stata corrispondente a Mosca.
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Questo libro è la sua versione di Barney, l’ ipse dixit di un avventuriero intelligente e scaltro, forse troppo ricco persino per essere un archistar; inseguito dalla giustizia italiana per reati fiscali, per dichiarazione infedele e autoriciclaggio. Gli hanno sequestrato beni in Italia per 141 milioni: la villa della moglie a Roncadelle, con quadri da pinacoteca e sculture di Botero, l’elicottero e i gioielli, i contanti e i conti.
Lui ora è bloccato in Russia in un esilio d’oro: «Mi hanno scatenato contro una red notice dell’Interpol come per Bin Laden. Per questo — dice dal 51esimo piano della torre Imperia a Moscow City — ho scritto il libro. Volevo raccontare la mia storia, che non è quella di un bandito ma di un emigrato. Ho combattuto per farmi strada come tutti i sei milioni di iscritti all’Aire». Non c’è dubbio che ci sia riuscito alla grande, in Russia: «Ma in Italia mi perseguitano da tre anni, assurdo che una persona con la mia storia abbia subito 84mila intercettazioni su 23 linee telefoniche».
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La “sua storia” è il racconto iperbolico dell’italiano che atterra a Mosca «con la valigetta del rappresentante di mobili» e scala la Russia appena uscita dall’epoca sovietica. Era «il tempo del caos», quando dovette licenziare l’autista che al minimo sospetto estraeva le armi da pistolero.
E mentre scalava i circoli chiusi del potere, un po’ se ne innamorava: i dollari finivano nei suoi conti bancari, e le amicizie lo portavano «in tutte le parti più nascoste e remote del Cremlino», dice: «Mi sono perfino seduto alla scrivania di Lenin».
vladimir putin al forum economico orientale 4
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