Estratto dell'articolo di Concetto Vecchio per la "Repubblica"
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Patrizia Carrano, giornalista, scrittrice, biografa di Anna Magnani, lei su Facebook ha pubblicato una sua foto strepitosa scattata da Gigi Riva nel 1970.
“Me la fece lui, una domenica pomeriggio, nel pensionato dove vivevano gli scapoli del Cagliari. Ho un’aria annoiatissima. In realtà Gigi voleva fotografare Enzo Jannacci, che sedeva accanto a me”.
[…]
Com’era nata l’amicizia con Jannacci?
“L’avevo intervistato prima di uno spettacolo al Parioli, Saltimbanchi si muore. Gli artisti Cochi e Renato, Lino Toffolo, Teo Teocoli dormivano nello stesso albergo, Teocoli divideva la stanza con Jannacci”.
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La stessa stanza?
“Sì, solo che era un tiratardi e invece Jannacci aveva bisogno di quiete perché doveva prepararsi per la specializzazione in cardiochirurgia. Allora gli proposi di venire a studiare a casa mia, ai Parioli, tanto io di giorno ero sempre in giro”.
Viveva ai Parioli?
“In un appartamento minuscolo, bohemien, in via Giacinta Pezzana, da cui traslocai per un monolocale in vicolo delle Grotte alle spalle di Campo de’ Fiori. Ma solo perché era vicino alla sede di Noi donne, che aveva la redazione in via delle Zoccolette”.
Ecco.
“Eh, può immaginare le battute che ci piovvero addosso in quegli anni”.
Ha cominciato presto a lavorare.
“Primo impiego: fattorina all’associazione Italia Cuba”.
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Da giornalista guadagnava bene?
“Pochissimo, 140mila lire al mese e ne spendevo 52mila soltanto per l’affitto di un appartamento senza riscaldamento”.
E’ vero che si è sposata a 17 anni?
“Sì, con un ingegnere”.
Non era una cosa da femminista, no?
“Nel 1963 il femminismo era ancora di là da venire”.
Che matrimonio fu?
“Di una noia cosmica. Pensavo erroneamente che i suoi silenzi nascondessero molti universi. Però ci siamo voluti bene come fratelli per tutta la vita”.
Poi ha conosciuto Nanni Loy.
“Ero a Porto Cervo, che tentava di lanciarsi ospitando convegni fuori stagione. C’era una rassegna di film ungheresi, di cui si occupava mia mia madre responsabile dell’Ungheria per il Pci”.
[…]
Lei era anche bellissima.
“Ma avevo il carattere della racchia”
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Che vuol dire?
“Non me la tiravo”.
Insomma, siete andati a cena?
“Sì, e io gli feci subito capire che non si sarebbe andati oltre, anche perché dormivo nella stessa stanza con mia madre”.
Nanni era molto più grande di lei?
“Di vent’anni. Viveva da separato in casa con Bianca Marchesano, una donna di grande, raffinata intelligenza: avevano quattro figli”.
Cosa la fece innamorare di lui?
“Il suo animo femmineo. Sapeva ascoltare. Una cosa molto rara allora in un uomo. E anche adesso”.
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Com’erano gli uomini di allora?
“Particolarmente presi di se stessi”
Invece Nanni era molto aperto?
“Se io dovevo lavorare fino a tardi non se la prendeva: ‘Che problema c’è? Stasera apriamo una scatoletta di trippa’”.
Insomma, fuori dal canone del maschio italiano.
“L’unica sua richiesta domestica consisteva nel preparargli una moka da sei la sera prima: si svegliava presto, e se non la svuotava non riusciva a iniziare a lavorare”.
[…] Quanto tempo siete stati insieme?
“Dodici anni. Mai sposati. Ma ci siamo molto amati. Si disse disponibile a fare un figlio, gli risposi di no”.
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Per quale motivo?
“Avevo da crescere una bambina e quella bambina era io”
[…]
Chi è stato per lei Loy?
“Un maestro di vita, di amore, di cultura. E l’ha fatto così bene che a un certo punto è diventato mio padre”.
Non lo vedeva più come compagno?
“Avevo superato i 30 anni, scalpitavo. Accadde che mi innamorai di Paolo Pietrangeli, conosciuto a Venezia mentre presentava I giorni cantati”.
L’autore di Contessa?
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“Sì, lui”.
Come reagì Loy?
“Malissimo. L’abbandono è una grande ferita narcisistica per chiunque, e specialmente per un uomo di 55 anni”.
E’ più difficile accettarlo?
“A quell’età si preferiscono le conferme ai rifiuti. Per un po’ ci siamo lasciati e ripresi. Ci siamo fatti un bel po’ di male”.
Cosa le piacque di Pietrangeli?
“Il suo fascino mescolato alla sua goffaggine. C’è stata tra di noi una grande passione”.
[…]
Come visse gli anni di piombo?
“Nel mio monolocale venne girato un documentario su Pietro Valpreda appena liberato dopo che era stata provata la sua innocenza per la strage di piazza Fontana”.
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Lei spesso aveva a cena Fellini.
“No, ero io che andavo a cena da Federico e Giulietta in via Margutta. Federico mi chiamava brioscina dorata”.
Era seduttivo?
“Era uno sciamano, spiritoso e delizioso. Siccome non guidava talvolta gli ho fatto da autista con la mia 500. ‘Per favore, mi lasci dalla iridologa?”. “Oppure dalla cartomante?’ Lo accontentavo senza indagare”.
[…]
Com’era invece lo scrittore Giorgio Manganelli?
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“Un giorno gli portai dei fiori nella sua casa in via Senafé, al quartiere Africano. Non c’era un vaso. Li mettemmo in una pentola Lagostina”.
[…]
Che rapporto ha avuto con Manganelli?
“Ci siamo telefonati per cinque anni ogni giorno. Mi chiamava verso le nove del mattino. Un giorno non ricevetti la solita telefonata. Chiamai io e un estraneo mi rispose che era morto. Aveva una mente infinita”.
La Roma di quel tempo non c’è più?
“Oggi è diventata una città che isola le persone. Non mi accade lo stesso quando vado a Milano”.
Era meglio quella della sua gioventù?
“Ma certo. Ormai siamo monadi che si sfogano sui social. Mi piace rifugiarmi nella mia casa di campagna a Trevignano, sul lago, dove ci si conosce tutti. C’è il cinema Palma che ha la stessa programmazione dell’Eden in Prati”.
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Cosa pensa di Giorgia Meloni?
“Una donna intelligente, ma per me è la faccia gentile del puro male”.
Il puro male?
“Come definire una premier che sostiene che le donne sono delle brave cittadine solo se fanno due figli?”
Non ha un compagno ora?
“Oh, no!”
E perché mai?
“Non mi va più di condividere la casa con un uomo”.
Ma a 77 anni lei va ancora a cavallo.
“Non voglio uomini più giovani, perché non mi va di fare da balia, ma nemmeno coetanei perché non ho nessuna intenzione di occuparmi della loro prostata”.
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