Alessandro Logroscino per l'ANSA
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L'ultima idea, per ora sospesa, pare sia quella di sistemare i richiedenti asilo su vecchie navi ancorate al largo delle coste britanniche. Ma fra le ipotesi messe in cantiere dal governo Tory di Boris Johnson per il promesso giro di vite contro "l'immigrazione clandestina" ce ne sono state anche di più estreme nelle settimane scorse, a leggere la stampa britannica: da quella di spedire i candidati rifugiati in attesa di risposta dal Regno Unito sullo sperduto isolotto di Ascension, territorio superstite d'oltremare della Corona in mezzo all'Atlantico; a quella di piazzarli su piattaforme petrolifere in disuso; o persino di affittare lembi di terra di Stati esteri come la Moldavia ex sovietica, il Marocco e fino alla remotissima Papua Nuova Guinea per installarvi centri di raccolta extra confine.
Progetti in buona parte rientrati, ma che l'esecutivo non smentisce d'aver preso in considerazione, a costo di sfidare polemiche sdegnate e commenti sarcastici su un tema che del resto ha avuto forte presa elettorale anche in Gran Bretagna nella piattaforma rivelatasi in grado di portare il partito di Johnson al trionfo di dicembre alle urne. L'obiettivo dichiarato rimane quello d'ispirarsi al modello draconiano dello smistamento e del filtraggio di chi arriva in cerca d'asilo introdotto dall'Australia: primo Paese occidentale a creare una rete di hotspot rigorosamente offshore.
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Obiettivo affidato alla ministra dell'Interno, Priti Patel, falco della compagine Tory, sullo sfondo dell'impennata recente di sbarchi dalla Manica. Ieri la prima indiscrezione-bomba era filtrata sul Financial Times, che aveva attribuito a fonti ministeriali anonime la rivelazione di una concreta discussione avvenuta nelle settimane scorse sulla possibilità di valutare l'opzione Ascension: non senza innescare la reazione allarmata (sarebbe "un incubo logistico") della leadership locale dell'isola, distante 6.000 chilometri da Londra, e legata per collocazione geografica e unione amministrativa a quella di Sant'Elena su cui si compì il destino di Napoleone.
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Oggi sono stati invece il Guardian e il Times ad attribuire a Downing Street di aver suggerito in seguito le soluzioni alternative di spostare temporaneamente i profughi sub iudice o su ex piattaforme riadattate all'abbisogna o in Paesi stranieri disposti a detenerli a termine (evidentemente non gratis). 'Soluzioni' archiviate alla fine come "non realistiche", sembra, dopo una serie di pareri negativi fra cui quello del Foreign Office, scrivono i giornali. E sostituite in ultimo dall'idea - al momento allo studio - di servirsi di vecchi ferry e navi varie. Dall'Home Office, il dicastero dell'Interno, non arrivano conferme, ma viene ribadito l'impegno preso dalla ministra Patel a rendere "impraticabile" la rotta della Manica a scafisti e migranti.
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"Esaminiamo ogni opzione - ha rivendicato ieri un portavoce - che possa fermare il flusso di piccole imbarcazioni clandestine e regolarizzare il sistema d'asilo". "Il Regno Unito è fiero di una lunga storia in cui ha offerto rifugio a coloro che necessitavano protezione permettendo a decine di migliaia di persone di ricostruirsi una vita" e "continuerà a garantire rotte legali e sicure anche in futuro", ha proseguito; ma "come governo impegnato a riformare le politiche e le leggi sull'immigrazione illegale dobbiamo garantire tutela a chi ne ha bisogno combattendo al contempo gli abusi contro il sistema e la criminalità ad essi associata".
Una strategia che non giustifica tuttavia l'immagine di una Sant'Elena dei migranti e nemmeno quella di un trasbordo forzato su traghetti in disarmo, replicano vari attivisti per i diritti umani. Ipotesi "ridicole e disumane," rincara il ministro dell'Interno ombra dell'opposizione laburista, Nick Thomas-Symonds: oltre che "mostruosamente costose".
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