1. RESISTONO BARBARA E ADRIANO SONO PRONTI 150 MILIONI PER RIPRENDERE IBRAHIMOVIC
Monica Colombo per il “Corriere della Sera”
Che l’accordo siglato ieri con Bee Taechaubol sia cosa buona e giusta non lo pensa all’interno del Milan solo Silvio Berlusconi, che in questi termini si è espresso alla sua prima uscita pubblica a Segrate dopo la storica intesa raggiunta con il broker thailandese. Le risorse che l’ingresso del socio asiatico garantirà consentiranno infatti ai due amministratori delegati attuali, Barbara Berlusconi e Adriano Galliani (confermati a capo delle rispettive aree di competenza), di provare a raggiungere con maggior convinzione i rispettivi obiettivi.
BERLUSCONI E MISTER BEE
Barbara, che ieri è stata ad Arcore sin dalla mattina, è soddisfatta per il patto stretto con Mister Bee: i capitali che il suo arrivo porterà con sé renderanno possibile il progetto del nuovo stadio a cui la figlia del presidente sta dedicando tempo e passione (il 9 giugno Fondazione Fiera annuncerà il vincitore del bando sulla riqualificazione dei padiglioni 1 e 2 della vecchia Fiera campionaria: martedì quindi si saprà se sarà concretizzabile il piano di costruire l’impianto al Portello, a due passi dalla sede).
Dopo anni di campagne acquisti gestite al risparmio all’insegna dei parametri zero (per forza e non per scelta), Galliani si prepara a un’estate di super-lavoro. Vero è che il closing dell’operazione è previsto fra 8 settimane, ovvero nei primi giorni di agosto, momento della stagione in cui l’ossatura della squadra (tanto più con un nuovo allenatore) dovrebbe essere già definita. Pertanto in questa sessione di mercato chi finanzierà la campagna acquisti sarà probabilmente ancora Berlusconi che si è già impegnato a contribuire con almeno 150 milioni di euro al rafforzamento della squadra.
BERLUSCONI MR BEE
Le trattative non saranno compito esclusivo dello storico ad visto che Bee Taechaubol condurrà con sé Nelio Lucas, numero uno del fondo Doyen, come consulente tecnico. Milano già sogna il ritorno di Ibrahimovic. «Tutti sono liberi di sognare. Credo che non sia possibile. Certo, se poi oltre ai sogni ci si mette anche l’impegno» ha dichiarato ieri Mino Raiola a Berlino (dove ha incontrato il vicepresidente rossonero premiato da Platini per il maggior numero di Coppe dei Campioni vinte: ecco perché l’ad non ha potuto partecipare al vertice di Arcore).
barbara berlusconi e galliani
Berlusconi, favorevolmente colpito dal nuovo allenatore («Mihajlovic mi ha fatto un’ottima impressione. Non è solo competente sul calcio ma mi sembra di grande polso e persona con cui è possibile mantenere un confronto»), gigioneggia su Ibra, uno degli argomenti di conversazione a tavola mercoledì con il tecnico serbo. «Con Sinisa abbiamo parlato di tante cose. Alla mia età non ci si può ricordare tutto ...».
Più che un vuoto di memoria è un depistaggio: Ibrahimovic e il Milan è l’hit della prossima estate.
2. MISTER BEE: BUSINESS, CALCIO E TANTA FRETTA UN PATRIMONIO DI UN MILIARDO DI EURO E L’APPOGGIO DI BANCHE IMPORTANTI, «MA HO FATTO ANCHE IL CAMERIERE»
Alessandro Pasini per il “Corriere della Sera”
Berlusconi giovane allenava l’Edilnord, Bee Taechaubol racconta di essere stato «un’ala destra molto veloce». Il calcio nel sangue come elemento in comune? Di sicuro i signori B. hanno in comune l’Inter, nel senso che entrambi, in una fase della vita che oggi forse vorrebbero rimuovere, hanno provato ad acquistarla.
barbara berlusconi e galliani
Berlusconi ci pensò nel 1982 quando intuì il potenziale del calcio incrociato con la forza nascente della tv commerciale. Taechaubol ci pensò tra fine 2012 e inizio 2013: l’idea, pare, era acquistarla, rivalutarla e rivenderla, lo stesso tipo di operazione che compie con le aziende attraverso la sua società di private equity ThaiPrime. Poi però non se ne è fatto niente: l’Inter è andata a Thohir e mister Bee oggi è qui, naturalmente rossonero nel Dna.
barbara berlusconi sexy nerd per il milan su instagram
Nato a Bangkok nel 1973, Bee Taechaubol si dice orgoglioso di essere thai ma ricorda che i nonni erano cinesi e che la sua famiglia è intima con la figlia di Deng Xiaoping. La Cina per Bee è importante.
Quando dicono che è un broker senza soldi perché il suo patrimonio personale è solo di un miliardo di euro; quando ricordano che alla Borsa thailandese ha avuto qualche problema con la Consob locale; quando lo definiscono addirittura un «furbetto del quartierino», come ha fatto Alberto Forchielli, presidente dell’Osservatorio Asia, mister Bee alza le spalle con eleganza, educazione e una formalità tagliente: «Non sono solo un mediatore. Mi propongo come investitore unico con l’appoggio di banche importanti come la statale cinese Citic Securities. E comunque la ricchezza della mia famiglia non è in discussione: mia madre era la donna più ricca d’Australia».
mister bee
Anche l’Australia è importante per mister Bee. Suo padre Sadawut ci arriva nel 1974. «Vivevamo nella casa più grande sulla baia di Sydney, la voleva pure Elton John», ricorda Bee. Papà ha studiato in California e Inghilterra, lavora nel campo immobiliare, è consulente del governo thailandese.
Il figlio impara, studia, lavora («Ho fatto anche il cameriere»), fonda un sito Internet per trovare casa agli studenti, si laurea in ingegneria civile, guadagna, intesse relazioni, si sposa con Susie Sirivallop, ha due figli. E il calcio sempre in testa. Finanzia la «Global legend series», vecchie glorie come Shevchenko, Figo, Seedorf in tour per l’Asia. «Le leggende sono una risorsa, un modello per i bambini». Per 260 milioni di loro gestirà l’Academy voluta dal governo cinese per il calcio nelle scuole.
Il magnate thailandese Bee Taechaubol (Action)
E il Milan? «Lo tifo da sempre. Ed è un marchio dell’eccellenza italiana». Il suo programma di socio di minoranza è «vincere subito, tornare a sognare. Potevo prendere tre club di Premier League, ma non ho avuto dubbi». Vuole «internazionalizzare», ma con dirigenti italiani. Chissà se col Milan sogna di fare un giorno ciò che fa con le aziende che compra e rivende. Intanto dice che «è un onore essere diventato amico di Berlusconi, da lui posso imparare molto».
MISTER BEE E LA MOGLIE
Vero: a prima vista, l’italiano non aveva apprezzato i modi aggressivi del thailandese; questo ha capito e ha cambiato strategia. Infatti l’ultimo blitz è arrivato sottotraccia ed è riuscito. Perché, anche se il motto di mister Bee è «pensa in fretta, agisci in fretta», non è certo peccato derogare ogni tanto. È la flessibilità l’anima del business. E forse anche della passioni.
3. COPPE E VOTI, CALA IL SIPARIO SU SILVIOLAND
Vittorio Zucconi per “la Repubblica”
BEE TAECHAUBOL, bee
Accesa con il Milan nel 1986, la stella di Silvio Berlusconi comincia a spegnersi proprio dal Milan, trent’anni dopo. Il suo mondo finisce, secondo la profezia di T.S. Eliot, non con un’esplosione, ma con un sospiro di languore e una carrettata di misteriosi milioni venuti dall’Oriente e portati da strani Re Magi, nel lungo addio a una squadra di calcio che egli seppe trasformare nella perfetta allegoria del proprio successo, oltre che in formidabile strumento di politico consenso. E che dunque va letta oggi alla rovescia: il segnale dell’ormai inarrestabile tramonto.
SILVIO BARBARA BERLUSCONI ALLEGRI
Neppure il gioco delle tre carte che Berlusconi tenta fingendo di vendere senza cedere il controllo riesce a nascondere il patetico addio al sogno che alcuni di noi, che lo conobbero da ragazzi sui campi di calcio della periferia milanese come sponsor di squadrette di allievi, lo sentirono mormorare negli anni ’60, quando vedendo passare un pullman con il simbolo della A.C. Milan disse: “Un giorno questa squadra sarà mia”.
Berlusconi a Milanello Lapresse
Facendo ridere tutti alla sua megalomania. Anche lui, anzi, proprio lui che l’ha tanto applicata conosce la implacabile legge dell’oro: chi ha l’oro fa la legge. E l’oro, oggi, è tutto nei forzieri di quel lontano Oriente che nel 1986, quando Berlusconi era allo zenith del proprio successo da imprenditore, ancora si dibatteva nella miseria, nella ribellione e nella confusione, accasato nella nostra definzione spregiativa di Terzo Mondo.
SILVIO BERLUSCONI, 16 ANNI, PROVINO MILAN
Il primo scudetto nell’88 e, l’anno dopo, quella prima coppa dei campioni conquistata (4-0) perché non andasse “nelle mani dei comunisti”, cioè i rumeni dello Steaua di Bucarest. Trent’anni dopo, è il tycoon stanco, e con qualche rattoppo e buco sulla maglia trionfante, a essere con il cappello in mano a chiedere che siano i nuovi ricchi a salvarlo dai debiti e forse dalla noia, come già il rivale con la maglia neroazzurra dovette fare, Milan e Inter accomunati nel derby a chi riesce a portare via più soldi dagli avventurieri dell’Est ansiosi di comperarsi, come i mercanti arricchiti facevano con i nobili squattrinati, i titoli e le terre di cui vogliono fregiarsi.
BERLUSCONI NEL CLUB FORZA SILVIO DI MILANO
E sono stati proprio i mercanti di ieri, che a colpi di dobloni avevano restaurato le glorie lacere di nobili club decaduti dai grandi nomi e dalla casse vuote, come il Milan e l’Inter, a doversi arrendere al loro stesso gioco, marcando un‘ennesima tacca nel tramonto del fallimentare capitalismo milanese, che si credeva destinato a conquistare, dopo l’Italia, il mondo e oggi scopre di essere nei panni del fallito.
STRISCIONE CHE CELEBRE LE VITTORIE DI BERLUSCONI AL MILAN jpeg
Berlusconi e Moratti, che tanto avevano vinto grazie all’enorme sperpero di danaro, oggi perdono insieme il derby della buona amministrazione e se non sono certamente i soli a dover cedere i gioielli della famiglia europea del calcio, sparecchiati da arabi, cinesi, indonesiani, nessuno aveva investito tanto di sé, del proprio no- me, della propria passione nei propri castelli ormai diroccati. Il Milan, come l’Inter, sono state molto più che grandi squadre di calcio. Sono state il simbolo di quella generazione di affaristi, imprenditori e miliardari lombardi che avevano promesso la bonifica di un’Italia devastata dalla burocrazia politica romana o meridionale. E che ora devono ripercorrere in disordine e in ritirata le valli che avevano disceso con tanta boria da “ganassa”.
BERLUSCONI MILAN
Forse il Milan, affidato a un allenatore serbo che aveva giurato di non guidarlo mai, e rinsaguato dalle trasfusioni di miliardari che 30 anni or sono neppure sapevano che cosa fosse la Serie A, tornerà a vincere campionati e partite in Italia e nel mondo, perché gli affaristi che ne prenderanno presto il controllo non conoscono sentimentalismi da San Siro, ma solo la musica dei bilanci.
BERLUSCONI MILAN
Per loro questi club dei nobili decaduti sono semplici investimenti, fatti come si possono investire capitali in acciaierie o filande. Con la stessa facilità con la quale si agganciano, si sganciano e al massimo, secondo i dettami della cultura orientale, possono generosamente permettere agli ex signori spodestati di salvare la faccia, come il nuovo Mister B sta concendo al vecchio Sciùr B.
BERLUSCONI MILAN
Ma la “Silvioland”, il mondo di fantasia che Silvio cominciò a costruire nel 1986 proprio con il “Diavolo”, sta spegnendo nelle luci una dopo l’altra nelle sue attrazioni. Resta ancora un lumicino acceso nel padiglione di Forza Italia, alla quale però nessun cinese, thailandese, indonesiano sembra interessato. E che già è stata comunque prenotata e quasi comperata da tale Matteo Salvini, senza spendere un euro o un dollaro.
BERLUSCONI E GATTUSO MILAN jpeg silvio-berlusconi AI TEMPI DI MILANO DUE