1. MILIARDI PER LE MOSCHEE, QATAR, ARABIA SAUDITA E TURCHIA INVESTONO SUGLI IMAM DELLE CITTÀ NEL MIRINO DEI TERRORISTI
Cesare De Carlo per ‘il Giorno - il Resto del Carlino - la Nazione’
Un fiume di denaro sta riversandosi più o meno silenziosamente in Europa per sostenere la diffusione della cultura e degli interessi islamici o di Paesi islamici. Una islamizzazione «bianca». In forma diretta, e basti pensare all' aumento degli investimenti di nazioni come il Qatar che di recente si è comprato squadre di calcio, alberghi extralusso, compagnie aeree, griffe di altissima moda e non solo; e in forma indiretta, ossia con il finanziamento di moschee, centri islamici, giornali, tv e tutti i mezzi in grado di influenzare l' opinione pubblica «occidentale».
MOSCHEA
Una grande operazione che si sta dipanando, di cui l' Europa rappresenta il campo di battaglia e che oltre a motivazioni religiose/filosofiche e culturali nasconde sostanziosi interessi economici e soprattutto geopolitici. Tanto per comprendere di che cosa stiamo parlando: i finanziamenti che per esempio la Turchia e l' Iran hanno concesso a centri islamici in Bosnia nei primi anni Duemila hanno poi rivestito un ruolo fondamentale nella rinascita della Bosnia e nella scelta dei partners economici per il neonato stato balcanico. Ma è solo un caso tra i tanti.
Difficile quantificare la reale massa di denaro in gioco - miliardi di euro - più facile definire i player in partita. In prima linea nei contributi a moschee in Svizzera, Italia, Francia, Romania, Belgio, Germania, Albania e in altri Paesi europei ci sono Qatar, Turchia, Arabia Saudita. Il Qatar elargisce soldi attraverso la Qatar Charity Foundation, una Ong governativa molto attiva e imbottita di petroldollari. Nella primavera dello scorso anno fece scalpore il tour italiano del capo della Qatar Charity Foundation, Hamad Bin Nasser Al Thani, che inaugurò una serie di strutture nel centro Italia.
Emblematica l' istantanea scattata a Mirandola, nel modenese, con il potente sceicco che taglia il nastro del nuovo centro di preghiera islamico danneggiato dal terremoto del 2012 e ristrutturato con un contributo qatariota di oltre 500mila euro, completamente rimesso a nuovo al contrario della vicina chiesa parrocchiale le cui macerie erano ancora ammassate da una parte. Un segno dei tempi.
Il tour italiano di Al Thani era solo la punta di diamante dell' impegno finanziario della agguerrita monarchia wahabita: l' Ucoii ha ammesso l' esistenza di questa sorta di piano Marshall islamico della QCF parlando di un finziamento di 25 milioni di euro per tre anni, destinati alla costruzione in Italia di 43 centri islamici.
LA MOSCHEA DI ROMA
Importante sforzo del Qatar anche in Sicilia: dal 2013 sono stati investiti 2,3 milioni di euro per quattro strutture, mentre sempre nel 2013 la QCF annunciava l' impiego di 4,25 milioni di euro per altre 14 comunità islamiche. La moschea di Ravenna, per esempio, quella di Roma quella di Colle Vald' Elsa o quella progettata di Milano sono tra i diretti destinatari della «beneficenza» wahabita. Soldi qatarioti anche a università francesi o inglesi.
Sempre l' emirato di Doha vuole costruire in Spagna la più grande moschea del Paese, a Barcellona, proprio alla Sagrada Familia, o in Tagikistan dove con 400 milioni di dollari le moschee più grandi dell' ex Unione Sovietica. Attivissima anche la Turchia, che sta finanziando 35 centri centri islamici in Svizzera e la più grande moschea in una capitale europea, quella di Bucarest. La stessa Turchia elargisce fondi anche a centri e moschee in Italia, con il non celato intento di creare consenso intorno all' ipotersi di ingresso di Ankara nella Ue.
moschea abu dhabi 4
Moschee ma non solo. Importante il ruolo dei centri culturali islamici. Che ovviamente non hanno tutti la stessa impronta culturale, e che riflettono le divisioni sostanziali esistenti nel mondo musulmano. Degni di nota gli investimenti di alcuni Paesi islamici in nazioni europee.
Uno di questi l' Albania (i sunniti sono al 56%) dove fondazioni vicine al governo del Kuwait hanno foraggiato istituzioni culturali islamiche rivelatesi poi significative quando si è trattato di far uscire il Paese delle Aquile dalla fase di laicizzazione imposta dal regime di Enwer Hoxha. Le associazioni culturali islamiche hanno solide basi anche nel nostro Paese, tutte con riferimenti a Stati stranieri. L' Ucoii, dicevamo, ha rapporti coi Fratelli Musulmani, a loro volta finanziati dal Qatar e dalle monarchie wahabite ossia con le correnti più radicali ed estremiste. L' Ucoii ha chiarito ma mai smentito i propri rapporti con i FM.
Altra importante presenza è quella della Lega musulmana mondiale, vicina agli interessi dell' Arabia Saudita, ricca e influente, non solo in Italia: investimenti e finanziamenti in Svizzera e in Francia. Molto attivo anche il Marocco, d' altra parte la comunità marocchina è la più numerosa in Italia, che però tende a un islam molto più moderato (recentemente il Marocco ha abolito la pena di morte per apostasia e proibito il burqa). E proprio per marcare le differenze con le rigide monarchie wahabite, il Marocco ha deciso di sostenere diverse moschee indipendenti in Italia attraverso le Missione culturale dell' Ambasciata del Marocco a Roma.
La contabilità ufficiale non esiste, una stima ufficiosa neppure. Perché i denari viaggiano più spesso nelle valigette che per i bonifici, e perché valigette sono nere come la notte. La realtà è però nota a tutti, o almeno a quelli che devono sapere: grandi flussi di denaro stanno affluendo nel nostro Paese dalle casse di Stati esteri verso istituzioni musulmane di vario tipo, ma anche a singole persone.
MOSCHEA DI PARIGI
Sia musulmani sia occidentali.
Con lo scopo dichiarato di sostenere la diffusione della cultura islamica in Italia e gli interessi economici e geopolitici delle nazioni di riferimento.
L' aveva spiegato due giorni fa al nostro giornale Souad Sbai, marocchina, ex parlamentare di centrodestra e adesso in prima linea per la difesa dei diritti delle donne arabe e spesso critica con diversi Stati islamici che fomentano il terrorismo e foraggiano l' espansione dell' Islam in Occidente.
«Hanno tentato di comprare il mio silenzio offrendomi soldi. Io ho rifiutato, ma so di tanti altri che hanno accettato. Si sono messi a posto per la vita, sono gli uomini in particolare ad accettare. Politici, giornalisti, uomini di potere. Ho visto che in tanti a un certo punto hanno smesso di combattere le battaglie portate avanti per anni, un motivo ci sarà stato».
I soldi, quindi. Gli Stati più attivi sono Qatar, Arabia Saudita, Turchia, in subordine gli altri emirati minori e il Marocco. E grazie anche al loro aiuto, denari anche da parte dei Fratelli Musulmani, la potente organizzazione legata al Qatar e in Italia molto vicina all' Ucoii, la più rappresentativa associazione di comunità islamiche.
Moschea Centrale Regent’s Park
L' Ucoii lo scorso anno ha ammesso l' arrivo di un maxi finanziamento di 25 milioni da Qatar Charity Foundation, una ricca Ong governativa grazie alla quale l' agguerrita monarchia wahabita sostiene la propria azione di proselitismo in tutto il mondo, specie in Europa.
Finanziamento che è servito a costruire centri di cultura e moschee.
FECE scalpore in gennaio la disponibilità dell' Ucoii ad acquistare la storica Villa Basilewsky a Firenze per 30 milioni e farci una moschea, ipotesi poi tramontata. Ma non solo moschee, dicevamo. Massima attenzione hanno suscitato anche da parte dei servizi di sicurezza i finanziamenti che arrivano da un certo periodo di tempo ai negozi islamici sparsi per il Paese, in particolare quelli gestiti da egiziani.
EMIRO DEL QATAR Tamim ben Hamad Al Thani
Spuntano come funghi, specie nel settore ortofrutta. Nella maggior parte dei casi è la Fratellanza musulmana a fornire i soldi per l' investimento iniziale. Lo scopo è costruire consenso, obiettivo ottenuto se si considera che l' Italia fu l' unico paese occidentale dove gli egiziani residenti votarono in maggioranza a favore della Costituzione voluta dall' ex presidente Morsi, espressione della Fratellanza musulmana.
Il fenomeno dei negozi e delle piccole attività economiche, che all' inizio presentava dimensioni trascurabili, è in crescita: basta osservare il lievitare del numero di esercizi commerciali con titolari egiziani o sauditi iscritti alle Camere di Commercio delle principali città italiane. Tutto regolare, almeno apparentemente, visto che i contributi arrivano quasi sempre in quelle valigette nere di cui parlavamo all' inizio. C' è solo un piccolo particolare: i fondi arrivano da Stati stranieri, alcuni dei quali in combutta con il terrorismo e con interessi geopolitici dichiaratamente opposti ai nostri. Pensiamoci.
2. VIENNA HA GIÀ VARATO LA LINEA DURA FINANZIAMENTI DALL' ESTERO VIETATI
P. D. R. per ‘QN’
re salman abdullaziz
La prima e per adesso sola nazione europea che si è opposta è stata l' Austria. Con una normativa molto rigida, due anni e mezzo fa il governo di Vienna ha deciso di mettere al bando i finanziamenti stranieri alla costruzione di moschee nel suolo nazionale, come pure di finanziamenti diretti agli imam.
«Non abbiamo niente contro l' Islam - dichiarò il ministro dell' Integrazione, Sebastian Kurz (a destra, Ap) -, ma vogliamo solamente ridurre l' influenza politica e il controllo dall' esterno».
Analoga discussione, per adesso sortita in un niente di fatto, fu avviata in Francia all' indomani dell' attentato di Nizza. L' allora premier Manuel Valls promise una stretta su moschee e imam, ma poi tutto finì lì. «Sono aperto all' idea per un periodo ancora da determinare di uno stop ai finanziamenti delle moschee».
EMIRO KUWAIT
Passata l' emozione collettiva seguita alla strage non se ne fece però niente.
Come da nessuna parte ha portato il medesimo dibattito apertosi in Svizzera. Il Consiglio federale nel giugno del 2016 ha respinto una proposta del deputato ticinese Lorenzo Quadri che chiedeva di uniformare la normativa svizzera a quella da poco approvata in Austria.
In Italia una normativa che regola la quesione è in altomare.
Si parla da tempo di un albo degli imam e di regole severe per assicurare la trasparenza finanziaria delle associazioni islamiche ma niente di concreto ancora è sortito.
Nel febbraio scorso il ministro dell' Interno, Marco Minniti, ha formato con le principali associazioni un «patto», un documento di «intenti», al quale però non è ancora seguita una normativa cogente. Nel 2015 una proposta di legge per istituire un albo obbligatorio degli imam e di una rendicontazione esauriente in materia finziaria era stata depositata dalla Camera da Daniela Santanchè e appoggiata dai partiti del centrodestra, ma attualmente si trova arenata in commissione Affari costituzionali per l' ostruzionismo del centrosinistra.