Marco Molendini per Dagospia
bob dylan
“Cavaliere nero, cavaliere nero, la tua vita è stata dura (Black Rider, Black Rider you been livin’ too hard)” canta Bob Dylan, vestito di nero, anche i capelli sono tinti di nero, incassato dietro al piano, nella penombra di un palco platealmente minimalista. La voce del più scontroso, geniale e impenetrabile dei cantautori americani è rauca per ricordare una carriera lunga come una vita, ma non gracchia più come nel passato, negli anni si è sciolta, addolcita.
bob dylan
Sotto il palco, una marea di facce addomesticate sono sedute, composte e silenziose. Non smanettano, non fotografano, non mandano messaggi, non chattano, non si distraggono. È la legge del Cavaliere nero di Duluth. Non si entra al concerto coi telefonini: vengono imbustati, resi inservibili.
È una notte magica d’altri tempi nell’arena di Umbriajazz che compie 50 anni di vita. Una notte irreale che fa venire perfino il sorriso, chiamando alla mente la formidabile, eterna barzelletta di Gigi Proietti: quella del Cavaliere Nero e della sua vendetta che dura generazioni con la battuta finale: “Al Cavaliere Nero nun je devi cacà er cazzo”. Anche al Black rider Bob Dylan “nun je devi cacà er cazzo”.
BOB DYLAN 6
Non vuole essere disturbato dal pubblico coi telefonini, non vuole essere ripreso, non vuole cantare Blowin’ in the wind e i suoi vecchi successi, non vuole vedere nessuno (camerini e back stage blindati), non vuole dare interviste, vuole suonare e basta. E pretende che la platea ascolti, senza disperdere l’attenzione. Perfino i megaschermi, ormai corredo fisso degli eventi musicali, sono banditi.
A Perugia, per un’ora e mezza Dylan mette sotto scacco il pubblico, intimidito dal suo carisma (a quale altro artista sarebbe permesso di far fuori gli amati iphone?). Canta e suona quello che gli pare, in gran parte i pezzi dell’ultimo album Rough and Rowdy Ways, fra cui la ballad dal sapore folk Black rider, accompagnato da una band magnifica che spande su tutto il concerto uno spirito morbido, crepuscolare mentre. Pochi gli scampoli del passato, il più noto è Gotta Serve Somebody, grammy dell’80, il più antico I'll Be Your Baby Tonight" del ‘67, Watching the River Flow è il blues d’apertura e risale al ‘71 come When I paint my masterpiece.
BOB DYLAN 6
Il concerto è fluido, i pezzi recenti e quelli antichi saldamente dentro gli argini cantautorali fra folk, country e blues. A provare a smentire quella fluidità è lo stesso Bob quando canta di sè in una delle più belle e potenti canzoni di Rough and Rowdy Ways, I contain multitudes (Sono fatto di moltitudini).
bob dylan
Dylan sarà un uomo fatto di contraddizioni, può cantare rock, blues, country, perfino un’antica ballad sinatriana come That old black magic dove, come d'incanto, riesce a farsi ombroso crooner, ma la sua musica racconta una solidità artistica granitica, imperturbabile e che non vuole essere perturbata perché “al Cavaliere nero non je devi cacà er cazzo”. PS. Domani, domenica, Dylan è a Roma, alla Cavea .