DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
Stefano Cappellini per la Repubblica - Estratti
Fedez (...) in trentaquattro anni ha già cambiato più pelli che attici, le canzoni giovanili contro i froci e la campagna per il ddl Zan, è stato Goffredo Mameli del Movimento 5 Stelle e Mario Mieli del Pd, ha dichiarato guerra agli hater e si è improvvisato capo degli hater, femminismo e caserma (“’Sti genitori si lamentano/La mandi in giro vestita da troia/ poi piangi se la violentano”, due barre da un pezzo degli esordi).
Ha detto Fedez: «I rapper sono come i politici, si fanno corrompere e cambiano idea ogni cinque minuti», ma non è chiaro se parlasse dei colleghi o anche di sé stesso.
Fedez ha piantato le tende in quell’incrocio arcitaliano dove molto si ignora e tutto si orecchia, e in quell’economia dove orecchiando bene si sbiglietta, il privato è indistinguibile dal pubblico e l’attivismo dai consigli per gli acquisti. Se uno come Fedez dice “mi faccio la barca” non sai fino all’ultimo se siamo nel film yuppie degli anni Ottanta con Johnny Dorelli, e la barca si aggiunge alla Ferrari, a sua volta sostituta della Lamborghini, o se è un proclama alla Oscar Camps.
«Voglio comprarne una per salvare i migranti in mare», ha in effetti detto Fedez, e sicuramente non mentiva sulle buone intenzioni ma nemmeno trascurava il business model, perché i salvataggi su Instagram funzionerebbero bene per vendere patatine o smalti o, più difficilmente, dischi.
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Fedez con gli ultras Christian Rosiello e Islam Hagag detto Alex Cologno
Della storiaccia che lo ha riportato su tutti i giornali, lui in un localissimo di Milano con una ragazza, un noto tizio più tatuato di lui che dice alla tipa qualcosa che non doveva dire, lui che — forse, pare — con alcuni esuberanti amici della curva sud del Milan va a dargli una lezione come Mario Brega a cui importunavano la figlia mentre passeggiava a via Veneto, di questo romanzo maranza, dicevamo, colpiscono due cose arcitaliane.
La prima è che lui, parlando al Salone del libro dell’inchiesta aperta sul suo conto dopo la spedizione post discoteca, con i giornalisti si è lamentato così: «State scrivendo di questa storia invece di scrivere di Gaza».
Qui c’è Fedez, c’è l’Italia nostra, c’è Askatasuna che incontra Vannacci, perché da una parte vorrebbe suonare come un’accusa politica e morale, vi occupate di stupidaggini per oscurare le cose serie; dall’altra è chiaramente l’eco di un qualunquismo genetico, è l’autoassoluzione italica (lui se l’è già data, in senso letterale, spiegando che per i pestaggi «se non c’è un referto medico di 40 giorni non c’è reato»), è Gassman che ha parcheggiato in tripla fila e che, mentre il vigile compila il verbale, sbotta: «Andate a prendere i delinquenti, invece di rompere le palle alla gente onesta».
Non vogliamo invece credere alla seconda cosa, perché se fosse vero, e sicuramente non lo sarà, che il monito rivolto da Fedez a un testimone del fattaccio di Milano è stato uno stentoreo «fatti i cazzi tuoi», il fatto costituirebbe un’altra sublime incoerenza per un imprenditore digitale che, come tre quarti della Palazzina Internet, ha costruito la sua fortuna sul motto opposto: fatti i cazzi miei.
LA VITA DA SINGLE E LE PAROLE SBAGLIATE
Candida Morvillo per il Corriere della Sera - Estratti
Se c’è una cosa che emerge da questa brutta storia del pestaggio di Cristiano Iovino, è che la nuova vita da single di Fedez sta pericolosamente virando verso un ritorno alle origini, alle legge della strada. Ci sono le compagnie anzitutto: il bodyguard Christian Rosiello star della curva Sud del Milan, che era con lui in discoteca quella notte, assieme a un manipolo di altri ultrà; Islam Hagag, detto Alex Cologno, con cui Fedez ha fatto una foto — stretti vicini vicini — in un altro locale, il Volt, e che sabato è stato arrestato fuori dallo stadio di San Siro, per l’accoltellamento di un venticinquenne romeno.
Fedez al suo fianco Christian Rosiello e il rapper Taxi B
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Il rapper di Rozzano aveva raccontato a Francesca Fagnani, a Belve : «Vengo da un luogo in cui esiste l’omologazione di periferia, con canoni che vanno dal machismo all’essere bullo e sentirsi di strada. C’è chi è preda e chi predatore. Io ero un ragazzo di strada, ma non ero il re del quartiere, ero lo str...zo del quartiere. Ho imparato a farmi rispettare, ma mi picchiavano lo stesso».
Ora che, dopo la separazione da Chiara Ferragni, la nuova casa da single di Fedez è un appartamento da 400 metri quadrati in piazza Castello a Milano, 500 metri in linea d’aria dal Duomo, sembra che la «strada» gli è rimasta dentro. E la strada ti frega, se te la porti appresso come tutte le ferite antiche. «Da quel contesto sono derivati traumi personali», ammetteva ancora lui. Traumi, ferite. Tiziano Ferro ha appena detto che si muove ancora come se fosse grasso, perché dentro si sente grasso. Dentro, da qualche parte, Fedez sembra ancora il ragazzo che non ha scelta fra darle o prenderle, fra essere bullizzato o essere bullo. Pare rimasto in quell’altrove in cui il confronto muscolare è normale e le amicizie non si scelgono ma capitano.
Nella notte fra il 20 e il 21 aprile era al The Club per un DJ-set. Lo accompagnavano un’amica e Christian Rosiello, che è la sua guardia del corpo ma è anche, per dire, vicinissimo al leader del tifo rossonero Luca Lucci, detto Toro, uno ai domiciliari per traffico di droga, già condannato per lesioni gravi a un tifoso interista mai risarcite in quanto nullatenente. La prima rissa in discoteca è stata ripresa dalla videosorveglianza con immagini nitide che riveleranno chi era con Fedez e chi con Iovino.
Quest’ultimo è celebre per un «caffè» con Ilary Blasi che a suo dire era molto più di un caffè, tant’è che Francesco Totti l’ha voluto testimone nella causa di divorzio. Incroci bizzarri del mondo della notte. Più tardi, sotto casa di Iovino arriva un van con una banda in via di identificazione. Sono 30-40 secondi di botte. La modalità è da regolamento di conti pure se la vittima si è fatta male poco e Fedez che non lo capisce resta quello che canta «a 14 anni ti rigavo la Porsche invece adesso c’ho una Lamborghini nel box». La strada è un luogo interiore. Se non te la scrolli di dosso, te la porti pure a Piazza Castello.
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